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Cronaca

JESI ‘UN PAPA’ CON GLI ALAMARI’ INCONTRO CON L’AUTRICE SIMONA DALLA CHIESA

JESI, 17 marzo 2018 – “Un papà con gli alamari”, titolo del libro sul Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, scritto dalla figlia Simona insieme con i fratelli Nando e Rita, presentato stamattina all’ITIS Marconi di Jesi, in un incontro con gli studenti.

Il volume è una narrazione privata, un viaggio tra i ricordi della famiglia Dalla Chiesa, che ci regala il ritratto privato del papà, ma anche del Generale “con gli alamari cuciti addosso”, dell’uomo delle istituzioni, dell’eroe di Stato.

corrado marri, simona dalla chiesa

 

“E’ un’occasione per far riflettere i giovani – afferma il dirigente Corrado Marri – su fatti recenti della vita della nostra Repubblica, tra elementi di storia della nazione, familiari e personali, per stimolare la crescita degli studenti sulla legalità e sull’etica. Per il nostro istituto l’impegno su questi temi è sistematico – prosegue Marri – tanto che abbiamo nominato la Prof.ssa Rita Armati quale referente per la legalità”.

“Un papà con gli alamari”, pubblicato nell’anno del trentacinquesimo anniversario della strage di via Carini, nella quale furono trucidati insieme al Generale, la giovane moglie Emmanuela Setti Carraro e  l’agente di Polizia Domenico Russo, arricchisce la descrizione della figura dell’uomo regalandoci, attraverso quadri di vita familiare, le abitudini, gli interessi, le passioni, i valori, le paure, i rimpianti e l’amore incondizionato per l’Arma, per i suoi “ragazzi”, che trattava come figli. E’ proprio all’Organizzazione Nazionale Assistenza Orfani Militari Arma Carabinieri che sono devoluti i proventi del  libro.

Molti i ricordi che Simona condivide con gli studenti sulla personalità del padre, primo tra tutti il momento in cui lei e i suoi fratelli ricevono la lettera con cui si apre il primo capitolo del libro: un testamento morale che il Generale scrive a 7-8000 metri d’altezza a bordo dell’aereo civile che lo sta portando a Palermo, dopo aver lasciato gli alamari per assumere l’incarico di Prefetto di Palermo.

Nell’incontro con l’autrice si ripercorrono i momenti principali della vita familiare, legati agli incarichi del Generale, in continuo movimento tra il Nord e il Sud d’Italia. Il profondo affetto per la Sicilia lo farà tornare nell’estate del 1982 con la carica di Prefetto, dopo l’uccisione di Pio La Torre, parlamentare siciliano.

Una figura nuova e privata quella che ci presenta Simona Dalla Chiesa del Generale, un ricordo intimo, prezioso che lo ritrae papà attento, presente nella vita dei figli, talvolta presenza  ingombrante proprio come tutti i papà.

1) Secondo lei suo padre è stato in qualche modo e forse senza cattiva intenzione , abbandonato dallo Stato nel momento del trasferimento a Palermo come Prefetto”?
Simona Dalla Chiesa “Forse si, o comunque non è stato abbastanza tutelato, protetto, messo nelle condizioni di lavorare in sicurezza, fu trattato come un prefetto qualunque senza troppa attenzione per il ruolo delicato ed importante che ricopriva. Fu lasciato solo dalle istituzione e a Palermo in quel periodo un uomo di legge Solo era un uomo morto”. Così scriveva lui del suo incarico “Mi mandano in una realtà come Palermo con gli stessi poteri del prefetto di Forlì, se è vero che esiste un potere, questo potere è solo quello dello Stato, delle sue istituzioni e delle sue leggi, non possiamo delegare questo potere né ai prevaricatori, né ai prepotenti, né ai disonesti”.

“Ha mai percepito in suo Padre un sentimento simile alla Paura? Voi figli, vostra madre avete convissuto con questo sentimento?”
Simona Dalla Chiesa “si noi figli e soprattutto nostra madre abbiamo conosciuto la paura, anche se i nostri genitori ci hanno protetto molto ma talvolta l’orgoglio per il proprio lavoro sovrasta il coraggio della paura. Per un periodo ho creduto che mio padre fosse immortale, più forte di ogni potere, ma in un’intervista di tanti anni fa gli  fù chiesto se avesse paura qualche volta  e lui rispose onestamente che solo i cretini non la hanno, il suo nome è consegnato alla memoria popolare e ci commuove sapere che la sua vita, il suo impegno e il suo sacrificio continuano ad essere ricordati come esempio di dedizione al popolo italiano e di fedeltà a quei valori di giustizia, onestà e rispetto istituzionale di cui oggi tanto si sente la mancanza”.

c.ade.

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