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Jesi

COTTO E MANGIATO LA RUBRICA DI GIOIA MORICI

L’UOMO, L’AMORE E LA PIZZA

 

gioia1Saranno le 8 e mezzo di sera, io e Francesca, in giro dall’ora di pranzo, stiamo per salire a casa mia e, mentre aspettiamo l’ascensore, imbastiamo questa emblematica conversazione:

Gioia: “Fra’, io c’ho una fame della madonna…”.

Francesca: “Pensa adesso avere uno di quegli uomini premurosi che, aprendo la porta, ti fanno trovare la cena già pronta, tutto apparecchiato a lume di candela, poi ti abbracciano forte e…”.

Gioia: “…e sì….poi ci sediamo a tavola con gli elfi dei boschi, l’unicorno dorato e Babbo Natale!”.

Non voglio dire che non credo alle favole, però, ecco, diciamo che secondo me è meglio fare la fotografia esatta della realtà e tenerla sempre bene a mente, perché poi creare mondi immaginari è un attimo. E, comunque, a dirla tutta, a me la realtà così com’è, con le sue tinte forti, le zaffate di terra e di zolfo e tutte le sfumature che manco afferro, mi piace un sacco. Cioè: i maschi li voglio esattamente così come sono, ovvero, universi lontanissimi.

Lo confesso, io sono stata molto precoce con gli uomini: pensate che a 14 anni già non li capivo. Eppure non potevo fare a meno di sentirmi attratta da questi esseri mentalmente evanescenti che correvano dietro a una palla. Li guardavo perdersi all’orizzonte di un campo verde tra una bestemmia e l’altra, li osservavo mentre sputavano, si rompevano gli stinchi, insultavano madri e sorelle di chiunque gli capitasse a tiro, li vedevo scatenare risse, tirarsi i capelli, strattonarsi, darsele di santa ragione coi rivoli di sangue che gli scendevano dal naso e poi abbracciarsi stretti fino a farsi male, con gli occhi colmi di gratitudine, puzzolenti, sudati e rotolati nel fango ma strabordanti di felicità, e pensavo: “ma guarda te…che robe incredibili che sforna la natura!”.

Ecco, coi loro meccanismi elementari così diversi dai miei, co’ ‘ste linee rette senza mai un nodo, un grumo, uno scarabocchio, un’iperbole improvvisa, un’intuizione sotterranea, i maschi mi son sempre sembrati un’oasi di pace. E tuttora – osservandoli dalla giostra dei miei sbalzi umorali, dal groviglio della mia volontà instabile  e dall’abisso dei miei crolli depressivi  –  penso che il loro orizzonte basilare e costante sia profondamente rassicurante. Basilare, perché, ammettiamolo, il mondo di un uomo poggia fondamentalmente su tre quesiti: 1) che si mangia stasera? 2) me la darà? 3) era veramente rigore?

Ma è proprio questo il bello: l’uomo è una creatura semplice, infantile, rudimentale che vuole godersi la vita, giocare e divertirsi. Tutto qua! Quello che ha voglia di fare, lui lo fa, senza le nostre paranoie e paturnie. Ecco, a proposito di paturnie: vogliamo riconoscergli l’immenso grado di sopportazione che ha con noi? Cioè, io ve lo dico: mai e poi mai riuscirei a vivere con una donna. Ma tu pensa cosa dev’essere avere una mina vagante che ti gira per casa, che rompe i coglioni a tutto spiano, che sbuffa, che ordina, poi cambia idea, poi ha le crisi isteriche, poi gli scleri ormonali, poi grida, poi piange, poi vuole andare all’Ikea, poi non si sa più che minchia vuole, poi ti fa il muso, poi pulisce due ore con l’aspirapolvere, poi cucina tutto il giorno col Bimby, e, nonostante tutta la santa pazienza che ci metti, quando gliela chiedi te la dà una sera sì e 25 milioni di miliardi no. Dio santissimo, aiuto! No no…io sto dalla parte degli uomini, a prescindere. Maschio, mio eroe, credimi, ho una sconfinata ammirazione per l’incredibile buona volontà che impieghi pur di avere quella robetta lì che, dai, davvero, tutta st’importanza…booh…è oggettivamente sopravvalutata, su, io non so mica cosa ci trovi…‘sto pezzetto di ciccia senza capo né coda, senza infamia e senza lode, senz’arte né parte…ma, aho, contento te.

E quindi, considerando che per la patata ti fai carico di tutto l’ambaradan che c’è intorno, come posso non accettarti così come sei?? Anzi, io ti amo proprio perché sei così: per la barba che raspa, la panza che fa sostanza, per le gambette secche che sbucano dai boxer, per i calzini che non trovi manco col navigatore, perché non ci sarà mai altra donna al di fuori di tua madre, perché hai più delicatezza quando accarezzi la macchina che quando mi tocchi il culo, perché fuori la cravatta ma dentro Attila il barbaro, perché hai 150 anni e ancora ridi con Bud Spencer e Terence Hill, perché “see…il tramonto…” poi guardi la brocca della birra e ti luccicano gli occhi. Ti amo perché alle 21,34 già russi sul divano ma ogni tanto ti svegli e spari parole a caso pur di far credere che stavi seguendo il film. Ti amo perché, quando mi accompagni al centro commerciale, ti siedi sulla panca al crocevia dei corridoi e lì mi aspetti stoicamente  tre ore di fila fissando il vuoto. Ti amo perché, se ti spiego le mie paure, tu mi guardi come a dire: embè?? e io non so se sentirmi offesa, ammirarti o commiserarti perché non ti spaventa una cippa, manco la morte secca che ti stecchisce d’un colpo.

Uomo, ecco la mia sintetica, conclusiva, brutale verità: IO TI AMO PERCHÉ NON CAPISCI UN CAZZO. Stringimi forte come fossi la scatola della pizza da asporto mentre corri verso casa e, con la tua infinita grevità, tienimi stretta sul tuo cuore, per sempre.

 (In sottofondo fate partire I’ve got you under my skin, che poi sfumate lentamente, grazie).uomo

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