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Ricette per il sorriso

COTTO E MANGIATO LA RUBRICA DI GIOIA MORICI

IL MOMENTO DEL BISOGNO

 

È un giorno come tanti. Mi sveglio e la radio canta “Dimmi perché piangi? Di felicità. E perché non mangi? Perché non mi va”. Aleandro Baldi e Francesca Alotta, 1992. Dovrei sospettare qualcosa, ma mi vesto ed esco. Faccio colazione al bar, chiacchiero con un amico, poi mi scappa un bisogno e vado in bagno. È inverno, fa un freddo cane, quindi ho su camicia, maglione, piumino e sciarpone come una vera donna delle nevi. Il bagno è di un metro quadro, a malapena ci entro con tutta quella roba addosso. Vabe’, faccio un bel respiro e mi preparo per la discesa libera. Sì, perché la posizione che assume la femmina in un cesso pubblico è la stessa di Alberto Tomba quando scende sulle piste da sci: sospesa a 5 centimetri dalla tazza col culo per aria perché non sia mai entrare in contatto col viccì. Come non bastasse qui non c’è la chiave (ma va’!), bensì una levetta arrugginita che non si aggancia da nessuna parte e quindi potrebbe entrare qualcuno da un momento all’altro. Per evitare ciò, mi tocca tenere la maniglia con una mano ed armeggiare con l’altra alla meno peggio cercando di mantenere l’equilibrio senza farmi la pipì addosso. Siccome non c’è un attaccapanni e il pavimento trasluce di liquami non identificati, lascio la borsa appesa sull’avambraccio proteso verso la porta, il quale avambraccio dopo pochi secondi naturalmente si irrigidisce per lo sforzo andando a rischio necrosi. In queste condizioni pietose ho ancora l’ardire di urinare quindi mi concentro per far uscire qualcosa, ma tutta ‘sta tensione, manco a dirlo, mi ha bloccato lo stimolo. Per un attimo mi viene voglia di fare il kamikaze e sedermi come un cristiano normale…lasciarmi andare con le chiappe e amen…in fondo non chiedo tanto dalla vita: fare una pisciatina. Ma vedo già piattole gigantesche camminarmi in ogni dove e impossessarsi dei miei organi vitali…mi riviene in mente la scena di Alien con la creatura disgustosa che prima esce dalla pancia di Sigourney Weaver e poi le alita la bava in faccia. Noo…giammai. Non mi arrendo e rimango a culo puzzò, sono la nuova Giovanna d’Arco della vescica. Nel frattempo due gocce (ma proprio due) mi sono uscite e con ingenuo ottimismo cerco la carta, che naturalmente NON c’è. Tra svariate madonne provo a ricordare se in borsa ho i fazzoletti. Mi pare di sì ma per aprirla devo mollare la porta. Decido di rischiare la dignità e lasciare il pomello. Come allento la presa, qualche imbecille da fuori spinge con forza per entrare. Riacchiappo la maniglia con uno scatto di reni che mi costerà 10 mesi di fisioterapia mentre urlo con odio “OCCUPATOOO!!!”…poi per fortuna Dio ha pietà di me e trovo l’ultimo Kleenex miracolosamente rimasto in borsa (Artù, quando ha estratto Excalibur dalla roccia, era meno felice). Faccio per asciugarmi ma, mentre vado dal punto A al punto F, si spegne la luce automatica. A tentoni (e bestemmioni) becco l’interruttore e finalmente riesco a pulirmi. Tra le caldane (ho su più roba io che uno del soccorso valanghe), la frustrazione e la stanchezza faccio fatica a rimettermi in piedi. Vorrei piangere, gridare aiuto, chiamare il 118 e farmi inserire un catetere per non dover mai più pisciare in vita mia, ma devo andarmene da lì e mi è rimasta solo una cosa da fare: tirare lo sciacquone. Uso le ultime forze per capire dove cazzo è e dopo 10 minuti di ricerca mi accorgo che la modernità qui non è passata perché, anziché il bottone, esiste il ricordo spezzato di una catenella. La tiro e naturalmente NON FUNZIONA.  O meglio, esce un singulto di acqua che mischia a malapena le faccende. Avvilita e affranta, mi sistemo più veloce che posso e finalmente…ESCO. Pochi metri più avanti l’amico con cui ho preso il caffè (che nel frattempo si è letto Il Messaggero, Repubblica, Le cronache di Narnia e la Divina Commedia), mi guarda con gli occhi di fuori: “Come mai ci hai messo tanto?”. Lo vorrei ammazzare, ma poi mi ricordo che “dopo un oggi che non va, dopo tante vanità, ci sarà una storia d’amore ed un mondo migliore” (Albano e Romina Power, 1991).

Vorrei dire una cosa a tutti i baristi d’Italia: spendeteli due euro per smodernare il cesso, cazzo.

Gioia Morici

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