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Jesi

COTTO E MANGIATO LA RUBRICA DI GIOIA MORICI

AI CONFINI DELLA FLANELLA

 

Lo confesso: il momento più bello della giornata per me arriva la sera ed è racchiuso in un gesto ben preciso. Dura lo spazio di un sospiro, eppure è una vera epifania, una catarsi, una purificazione, una metamorfosi nella luce del Bene. È quando, prima di dormire, mi infilo il pigiama e, con moto liberatorio, rivoluzionario e definitivo, piglio il lembo del pantalone e lo tiro verso le ascelle. Quanti secondi saranno? Due? Tre? Afferro la stoffa, stringo, stendo e… (….) ….scialo. Non credo di dover specificare che la maglia del pigiama la incastro rigorosamente sotto al pantalone. Stile Fantozzi, insomma. Beh, si sa, la vita è tutta una questione di incastri: luce e ombra, amore e odio, coca e rhum. Quindi, pure in questo caso, c’è lo yin e lo yang: la maglia e il pantalone. E naturalmente il sopra va sotto al sotto. Solo così le due metà complementari si ricongiungono in un’unità perfetta. Certo, è un’unità dove l’erotismo diventa un concetto molto ma molto sfumato. Del resto ci sono delle priorità nell’ordine delle cose e il pigiama viene assolutamente, indiscutibilmente, categoricamente prima della patata. Perché stirarsi la flanella sopra l’ombelico non è solo scaldarsi la panza. È calare un sipario che, pur andando all’insù, cancella le magagne della giornata, è ritornare col pannolone nel fasciatoio e dimenticare tutto quello che è venuto dopo, è prendere possesso del territorio opaco della notte dove non esiste più “porca” né “madosca”. Mentre slungo il pantalone sull’addome, scavalco la riga immaginaria del cosmo che combacia con l’orizzonte dell’elastico, un’energia nuova s’impossessa di me e mi sento magicamente (nonché incredibilmente) in-vin-ci-bi-le. Provate e capirete: il pantalone del pigiama fino allo sterno è segno di dominio dell’universo. Girare per casa con il potere del pile sui lardelli ti fa acquistare proprio un’altra postura, tutt’altro atteggiamento di superiorità, supponenza, padronanza. Col pantalone del pigiama sopra la maglia sono una Highlander carica di reminiscenza suprema, sono la principessa dell’oscurità, nostra signora della ninna e della nanna (e ve pare poco??). Per non parlare di quando mi infilo sotto alle coperte…aaah, lì raggiungo proprio il nirvana, l’apoteosi del benessere, la felicità allo stato puro: con quel popò di piumone che ci avviluppa entrambi – me e il pigiama – in un unico bozzolone piumato, dimentico tutte le brutture della vita: la paura, la fame, l’egoismo, la cattiveria, le canzoni di Claudio Baglioni. Credetemi, la pace nel mondo è sotto al piumone. Se poi fuori piove, la pace si fa poesia. Tintiritittitì. L’acqua scende, acciuffo la trapunta e mi copro fino al naso. Tic tic toc tic toc taac. Distendo le gambe sotto quel mare morbido di coperte. Tic tac tic tac tin tin. Il pigiama, il pantalone del pigiama, la ciccia calda sparsa. Tic tac tin tintin. La palpebra cala, i suoni leggeri, inizio a volare. Tic tic tiritic…tiiiiiin…PLUF. “Oh, va’… Brad! È ‘n pezzo che non te se vede da ‘ste parti…”. “Eh, que vòi fa’, c’ho da fare e non pare”. “Cioè?”. “Mbe’, sai, ammò con tutto ‘sto casì de le molestie, tocca a stacci veramente attenti ancora a fiadàre…”. “Ce credo…”. “Beh, sai, da un verso ci sta come il cacio sui maccarù, basta che il cacio non sia fatto co le porcarie, perché le porcarie adesso vanno molto di moda, ma quando gli hai levàdo el grosso che cosa ci arimane?”. “Ma come cazzìga parli??”. “Beh, cocca mia, mi sono arpulìto dal dialetto in questo tempo che non ci siamo visti, mi tocca di parlare fino adesso, che ti credi? Che stero ancora alla Grancetta a sgrasciare, con rispetto parlanno, el berone al porco?”. “Sci ma bisogna che te spieghi mejo che non se capisce nie’…”. “Voléo dire che non mi sembra proprio il causo di darci seguito alle malelingue che parleno sui giornali dei quali ci interessano solo la pubblicità e anche si se mòstreno tutti dottori in realtà al massimo hanno fatto la scòla serale fino alla terza lementare”. “Lassa sta’ la scòla, che pure te non me pari messo tanto be’…Insomma, que me dici de ‘sto cinema?”. “Pe’ non falla tanto lunga ci digo che, ai tempi de mi nonno, il cinema era mudo col vantaggio che li artisti, si non sapéa recidàre, il pubbligo non se ne accorgevano e riguardo a la morale ci si abbadàva di più e non c’era bisogno di mette su i manifesti vietato ai minori di seddici anni, che, sci je diamo retta, ai nostro figli maschi e femmine di seddici anni al cinema non ce li dovemo mannare mai…E se non ci si devono mannare, indove li mannamo? La morale indove la mettemo? E la dugazione quanno gliela damo? Quando sono maggiori di età che dopo no li tienghi più??”. In quanto regina del buio, gli presi il viso tra le mani e gli tappai la bocca con un bacio a pomicioni. La pioggia ebbe un fremito, il piumone tremò e nessuno seppe più del pigiama quale fosse il sotto, il sopra, il dietro e lo sguincio.

(Gioia Morici)

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