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JESI UGARAGE OSPITA GLI “SCENARI IMMAGINARI” DI FRANCO CECCHINI

cecc5JESI , 19 settembre 2016 –  “La collaborazione con Franco Cecchini nasce da una riflessione sul segno e sull’oggetto e si inserisce all’interno del percorso che da Milano mi ha portato a Jesi”.

cecc6Mirko Stortoni presenta così l’appuntamento con Scenari immaginari – trittici fotografici – di Cecchini che potremo ammirare nelle sue Officine Ugarage di piazza Colocci sino al 30 settembre (orari 17.00/20.00 e sabato 10.00/13.00 – 17.00/20.00).

Inaugurazione sabato scorso, 17, nella splendida cornice del cortile di palazzo della Signoria, dove era esposta anche un’opera dello stesso Stortoni, la sospensione L’essenziale, in ferro-oro, alla presenza dell’assessore alla cultura, Luca Butini, e di Gualtiero De Santi, docente universitario e saggista,  Sonia Antinori, drammaturga, attrice, regista, Valentina Conti, editore del catalogo con Affinità elettive, e Asmae Dachan, giornalista, che ha letto alcune poesie.

“In questa mostra vengono presentate – spiega Gualtiero De Santi –  composizioni che sono le attrettali figure di un peculiare e raro intèrieur ma anche di quanto si dispone all’esterno, decrittazioni e poi decostruzioni del dato oggettivo conformi alla ricerca di ciò che appartiene a uno stadio fantastico e inventivo, ad un movimento anche onirico e comunque mentale di immersione in una materia di cui viene segnata la plasticità e non invece la vita statica“.cecch2

Franco Cecchini

Franco Cecchini

Franco Cecchini, noto e stimato in città, ha sempre coltivato la passione per le arti visive: “L’esercizio dell’occhio anzitutto e il piacere dello sguardo, della visione”.

Ha curato mostre e cataloghi e una volta chiusa l’attività professionale (nel 2011, ricordiamo, tra l’altro, la direzione delle attività teatrali del teatro Pegolesi e la creazione del Centro studi e attività teatrali Valeria Moriconi) ha intrapreso una personale ricerca espressiva usando il linguaggio della fotografia.

E, infatti, per Cecchini “il teatro in questa sede viene evocato solo come grande metafora. Un’icona affascinante attraverso cui guardare (e interpretare) il mondo, la vita, il tempo che passa. E di questo teatro mi limito a proporre solo scenari, in questo caso, immaginari. Al plurale: non solo nella successione progressiva (narrativa ed emotiva) dalla prima all’ultima foto; ma nella loro modulazione in trittici. Fondale e quinte; primo, secondo, terzo atto; variazioni sulla stessa scena. Un’esigenza espressiva: per non limitarsi al singolo scatto, ma creare rapporti, motivi, sviluppi. E così ampliare la visione”.

(p.n.)

 

 

 

 

 

 

 

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