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LETTERE & OPINIONI “JESI, IL MUSEO E I TOPI”

JESI, 27 giugno 2017 – Si inaugura a Jesi il Museo Multimediale dedicato a Federico II. E sulla stampa, sui mezzi di comunicazione, in città c’è un’unanime sperticarsi in lodi per quest’operazione e per chi l’ha voluta.

Noi di Jesi in Comune ci permettiamo però di essere, almeno in parte, voce fuori dal coro.

Perché sì, certo, ben vengano le iniziative culturali, ben venga la realizzazione di nuove strutture dedicate alla storia, ma… non acriticamente. Specie qualora l’Amministrazione Comunale, per quanto in misura ridotta, partecipa ed impegna risorse. Non senza porre, cioè, delle domande che riguardano lo scopo, il senso, l’utilità della cosa.

Scrivemmo tempo fa che sarebbe meglio  occuparsi della nostra storia recente, essenziale per capire da dove veniamo, chi siamo, e dove vogliamo (possiamo) andare. Lo ribadiamo: del Novecento jesino nessuno si occupa, col risultato che non conosciamo il nostro vero e più significativo passato. Tanto che, per fare un esempio, lo stesso sindaco Bacci nel suo recente programma elettorale, per dirci qual’è la sua idea di sviluppo della città,  è partito da un presupposto errato, ossia dal falso mito della Jesi “piccola Milano”.

Le ricostruzioni storiche più attendibili, infatti, ci dicono che quello di “piccola Milano” è un appellativo posticcio, frettolosamente appiccicato da un certo giornalismo in anni ormai lontani. Perché lo sviluppo del settore secondario jesino (e della Vallesina) già a cominciare dagli anni Trenta ma poi, soprattutto, nell’epoca della ricostruzione postbellica, poco o niente ha a che spartire con il modello e le caratteristiche di quello milanese.  La nostra, salvo eccezioni durate poco, è stata un’economia industriale basata su una piccola e media impresa alimentata, direttamente o indirettamente,  dal settore agricolo. E strutturata in parte su modelli di gestione familiare e in parte su capitale proveniente da “fuori” (questo sì), ma che tuttavia non piombava in Vallesina per impiantare fabbriche che non avessero niente a che fare con le produzioni del territorio.  Unica eccezione: la fabbrica di velivoli da guerra Savoia-Marchetti: operazione voluta dai gerarchi fascisti che è durata poco ed è finita male.

Ecco, se si parte da un presupposto sbagliato, come si fa a delineare una linea di sviluppo efficace?  Indicare come prospettiva la costruzione di una  “piccola Torino” è al tempo stesso un errore e un bluff. La realtà è diversa, e noi ribadiamo che se si vogliono fare passi nella giusta direzione, occorre in primo luogo conoscere bene da dove si viene e chi si è.   E qui torniamo a Federico II e alla nostra critica ad operazioni culturali sostanzialmente estranee al tessuto culturale, sociale ed economico del territorio: quest’illustre personaggio, per quanto lo si voglia tirare per la manica, con la storia della nostra città – la storia vera, quella che nel tempo ha definito la nostra identità, il nostro “paesaggio” fisico e mentale – c’entra ben poco.

Allora, se ci sono energie e risorse per operazioni di recupero di un passato lontano ed oltremodo vago,  quantomeno se ne dovrebbero trovare altrettante, anzi di più, per conservare e valorizzare il passato recente.

Parliamo, qui, di un approccio alla storia e più in generale alla cultura in grado di fornire gli strumenti per comprendere il passato e dialogare con la complessità del presente. E che aiuti tutti (ma specie i giovani) ad apprezzare tale passato in ogni sua forma. Compreso, tra l’altro, il patrimonio artistico ed architettonico; altrimenti quegli stessi  monumenti su cui di recente tanto si è disquisito rispetto alla collocazione risulteranno pietre incomprensibili, buone tutt’al più per disegnarvi un graffito.

Ma di ciò non troviamo tracce significative nella politica culturale della giunta Bacci: né passata, né presente, né futura.  La prova più lampante di tale carenza è che il principale “documento/monumento” della nostra città per la storia del Novecento – vale a dire l’Archivio Storico comunale – è stato gettato (nel senso letterale del termine) nella rimessa degli scuolabus del comune. Praticamente in pasto ai topi.  Esempio icastico del valore che la giunta Bacci attribuisce alla nostra storia recente.

Jesi in Comune

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