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SOTTO ‘E LOGGE – LE FILANDARE

Eccole lì, le “filandare”, accostate l’una all’altra, con la fatica che le rende tutte uguali, tutte somiglianti perché dietro gli sguardi seri e falsamente sereni, indovini che i pensieri ed il cuore sono rivolti alla famiglia, ai figli che sono rimasti spesso in balia di se stessi in casa, in una casa spesso troppo fredda che la stufa od il camino si sono mangiati l’ultimo ciocco di legna e bisognerà rinnovare la scorta che la stagione è lunga e per cucinare la legna serve sempre, per scaldare l’acqua e lavarsi nella tinozza o per il ranno.

Nella fotografia che ho sotto gli occhi sono tutte vicine con un pensiero che si indovina comune: la famiglia che ognuna di loro ha lasciato nel nido; immagine pascoliana per gente che difficilmente conosce il poeta Pascoli.
Che donne le nostre donne, pronte a sacrificarsi per i figli ed i mariti, pronte a tuffare le mani nell’acqua bollita per pescare i bandoli dei bozzoli di seta da avvolgere nei rocchettoni
mentre ad ogni immersione il dolore acuto si rinnova e si somma a quello non ancora scomparso del tutto del giorno precedente.
Mani gonfie, dita come salsicciotti che riescono però a conservare la sensibilità per fare una carezza ai figli od ai mariti esigenti.
Chiocce per vocazione ma indifese verso le faine che insidiano il loro pollaio; grandi donne unite nella loro immensa dignità dalla consapevolezza che nel gioco della vita a loro è toccato il ruolo più difficile: quello di donna tutrice della famiglia.
E gli uomini, i loro uomini?
Sono solamente in grado di “depredarle” della misera paga che tanto sudore e dolore è loro costata per correre all’osteria dove miracolosamente il sudore si trasforma in vino!
Economicamente importanti per l’economia di Cupra erano le due filande esistenti in paese perché occupavano un notevole numero di operai ed aiutavano una economia non certamente florida e legata soprattutto all’agricoltura; una era situata nell’omonimo vicolo
all’inizio di via Roma ed era di proprietà di Achille Umani, impiegava all’incirca 70 dipendenti ed era fornita di 55 caldaie per la scottatura dei bozzoli e l’altra di proprietà di Sisto Giovanetti, all’incirca delle stesse dimensioni era situata in fondo a via Matteotti.
La prima cessò la sua attività intorno al 1940 mentre la seconda fu fatta saltare in aria insieme all’ammasso del grano il 21 giugno del 1944 dai tedeschi in ritirata.
C’è da dire che l’industria della seta coinvolgeva non soltanto le filandaie vere e proprie ma anche gli allevatori dei bachi da seta con la raccolta delle foglie di gelso e l’allevamento vero e proprio dei filugelli che venivano accuditi con cura soprattutto dai ragazzi nelle case di campagna che provvedevano alla selezione degli individui più deboli ed alla cura delle lettiere ed all’allestimento dei castelli ( sturì) dove i bachi si ritiravano per costruire il loro bozzolo prezioso..
La foglia fresca veniva rinnovata spesso e venivano eliminati anche i bruchi che erano rimasti indietro con la crescita e non godevano della salute necessaria per costruire il prezioso bozzolo. Quando alla fine della crescita i bachi venivano raccolti, era una vera e propria festa per tutta la famiglia e con gioia si consegnavano le ceste ricolme dei bozzoli dorati agli addette delle filande.
(Pietro Anderlucci)

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