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CHIARAVALLE 1.093 RESIDENTI STRANIERI IN CITTÀ: PRIMATO PER RUMENI E TUNISINI

CHIARAVALLE, 20 novembre 2018 –  Nella città che ha dato i natali a Maria Montessori vivono ben 1093 stranieri, 669 femmine e 424 maschi, regolarmente in possesso di permesso di soggiorno e di residenza su una popolazione che è di circa 14850 persone.

Il primato di etnia residente in città spetta ai cittadini romeni che sono ben 372, 247 femmine e 125 maschi.

Seguono poi i tunisini che sono 112 (58 maschi e 54 femmine), gli albanesi che sono 107 (58 femmine e 49 maschi), 67 marocchini, 57 macedoni, 56 polacchi (ben 48 donne e 8 soli uomini), 54 nigeriani (35 femmine e 19 maschi), 39 cinesi, 28 ucraini (ben 21 donne e 7 maschi).

Ci sono nazionalità rappresentate anche solo da un cittadino residente: ad esempio, la Thailandia, il Vietnam, il Giappone, l’Iran, il Perù, la Bolivia, il Cile, l’Egitto, l’Etiopia, la Guinea.

“Sono persone perlopiù che lavorano – dice Ilaria Severini dell’ufficio demografico comunale – e che sono ben intergrate nel tessuto sociale della città. Il dato è aggiornato a pochi mesi fa ma è in continua evoluzione. E’ chiaro che chi possiede il permesso di soggiorno ha di conseguenza anche la residenza a Chiaravalle. Non è certo possibile stabilire quanti irregolari transitino in città”.

Chiaravalle aderisce da oltre dieci anni anche al progetto Sprar, il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati.

“In città ci sono circa 35 stranieri che aderiscono al progetto Sprar – dice la dott. Cristina Gorni, responsabile comunale dell’area amministrativa e dei servizi alla persona – che vivono in appartamenti in città affittati da privati cittadini alle cooperative sociali che gestiscono gli stranieri nell’ambito del progetto denominato ‘Ancona provincia d’asilo’ che vede Jesi come comune capofila”.

Gli stranieri aderenti allo Sprar, sia uomini che donne, sono soprattutto provenienti dagli Stati africani ma ci sono anche altri soggetti. “Appena arrivano frequentano corsi di italiano – dice la Gorni – per migliorare l’integrazione e corsi di formazione anche perché si rimane nel progetto Sprar solo per un massimo di 2 anni. In diversi si inseriscono in attività lavorative o si ricongiungono ai familiari”.

Gianluca Fenucci

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