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CHIARAVALLE Il dramma dei figli dei detenuti

A causa del Covid i bambini non possono abbracciare i papà ma devono accontentarsi di videochiamate e incontri divisi da una parete di plexiglas

CHIARAVALLE, 10 gennaio 2020Il Covid non ha pietà neppure dei figli e del loro rapporto con il padre detenuto in carcere. Il problema è generalizzato ed è comune ad ogni parte d’Italia e in ogni casa penitenziaria ci sono precise regole che non permettono l’incontro fisico ravvicinato e diretto tra genitori e figli e anche a Montacuto ci sono casi del genere.

A sollevare il problema che rischia di assumere contorni drammatici è una giovane mamma di due bambini di 8 e 11 anni che hanno il desiderio naturale e splendido di voler abbracciare il loro papà che è detenuto nel carcere anconetano.

«Eppure non possono neppure avvicinarsi – dice la mamma – possono vedere il padre solo attraverso una parete di plexiglass che non permette contatti fisici e che rende difficoltoso anche il dialogo verbale».

La donna sa bene che i protocolli attuali non permettono alcun contatto fisico tra congiunti nelle carceri italiane ma vuole sottolineare il dramma che i suoi figli vivono ogni volta che vorrebbero abbracciare il papà ma non possono.

«Conosco le norme e le regole e so che la situazione vale per tutta l’Italia, il nostro caso non è isolato, il problema è vissuto drammaticamente da tante famiglie e non voglio oppormi a nulla – dice la giovane donna – ma vorrei che chi di dovere cominciasse a capire che dopo dieci mesi di pandemia le difficoltà aumentano e i bambini subiscono conseguenze molto gravi a livello psicologico».

Eppure gli agenti di polizia penitenziaria che operano nel carcere di Montacuto brillano per sensibilità e umanità.

«Sì, voglio sottolineare come gli agenti quando hanno potuto hanno agevolato gli incontri tra bambini e padri e hanno dimostrato tante qualità morali e umane, ma in queste condizioni anche loro devono scrupolosamente e comprensibilmente attenersi alle norme e ai decreti. A luglio, nel momento in cui il lockdown era stato alleggerito, i bimbi hanno potuto incontrare il loro papà ma dalla fine del mese di settembre, purtroppo, l’unico strumento che hanno per vedere e dialogare con il loro padre è quello delle videochiamate col cellulare o col computer». [nk_awb awb_type=”image” awb_image=”291936″ awb_image_size=”full” awb_image_background_size=”contain” awb_image_background_position=”50% 50%” awb_parallax=”scroll” awb_parallax_speed=”0.5″ awb_parallax_mobile=”true” awb_styles=” padding-top: 150px; padding-bottom: 150px;” link=”http://www.caprariauto.it” linkdest=”_blank” awb_class=”caprari”][/nk_awb]

Un dramma nel dramma, insomma, un problema davvero molto sentito tra i familiari dei detenuti.

«Mio figlio, l’ultima volta che siamo andati a trovare il padre nei primi giorni di novembre e lo ha visto dietro il plexiglass – dice affranta la mamma – ha iniziato a singhiozzare: ecco perché ora preferiamo solo sentirci e vederci attraverso le videochiamate».

La giovane donna sottolinea anche un altro aspetto del problema: «Molti detenuti che sono a Montacuto provengono da altre regioni italiane e i loro parenti sono impossibilitati a raggiungerli per via della chiusura al transito tra le varie regioni e attendono da mesi di vedere i loro cari. Tutti aspettano che l’Italia diventi zona gialla almeno per spostarsi tra varie località. Per i bimbi questo è un autentico dramma e speriamo che la situazione generale migliori e anche i detenuti e i loro familiari, in particolare i figli, possano vivere completamente la sfera dell’affettività. Non è mia intenzione criticare le istituzioni ma solo dare voce a un problema pesante».

Gianluca Fenucci

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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