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CHIARAVALLE Infermieri domiciliari, i custodi dell’assistenza

Decine di servizi quotidiani da un domicilio all’altro sempre in prima linea: ma anche loro necessitano di dispositivi di protezione

CHIARAVALLE, 15 aprile 2010Gli infermieri domiciliari sono i custodi dell’assistenza. Anche a Chiaravalle gli infermieri domiciliari sono quelli che ogni mattina escono di casa per recarsi nelle abitazioni dei pazienti, cercando di svolgere tutte le prestazioni assistenziali nelle condizioni di massima sicurezza per loro e per gli assistiti, spesso anziani o immunodepressi.

Sono quelli che effettuano decine di accessi giornalieri, rimbalzando da un domicilio all’altro, districandoci tra paesini e città, passando per il centro prelievi dell’ospedale e poi di nuovo in macchina verso un altro paziente.

Sono quelli che entrano in punta di piedi nelle case degli assistiti, direttamente nelle loro vite, piombano nella loro quotidianità, imparano a conoscere le loro abitudini. Sono guida nello smarrimento dopo un rientro da un ricovero ospedaliero. Sono educatori, insegnano come prendersi cura di se stessi. Supportano i familiari e i care-givers.

Gli strumenti che utilizzano durante la quotidianità lavorativa non sono così diversi da quelli utilizzati nei reparti ospedalieri. Deflussori e aghi per le terapie infusive o prelievi ematici, medicazioni semplici o complesse per il trattamento delle lesioni (da pressione, vascolari, oncologiche, ecc.), gestione di presidi quali cateteri vescicali, Sng e Per, Picc e Cvc.

«In questo momento storico in cui il Covid-19 ci ha destabilizzato – dice Daniela Orsetti del coordinamento infermieristico per le cure domiciliari Marche Nord distretto 7 di Ancona – non abbiamo lasciato soli i nostri assistiti, anzi abbiamo raddoppiato il nostro lavoro. Il servizio domiciliare, importante e fondamentale, ci vede impegnati con grande professionalità ogni giorno in un ambiente che non è quello ospedaliero ma che impone una attenzione particolare anche in virtù del fatto che alcuni infermieri, proprio in considerazione di un rischio elevato, hanno contratto il virus e si sono ammalati».

« L’ospedale è il giusto setting solo per una certa percentuale dei malati in generale ma soprattutto di Covid-19. Il resto del “problema” deve essere ricondotto sul territorio. Non dobbiamo trascurare le cautele necessarie per infermieri e Oss che lavorano sul territorio e a domicilio, necessarie per la sicurezza degli utenti. Per l’emergenza Covid-19, ma anche per tutte le altre malattie infettive e comunque in tutte le situazioni, a infermieri e Oss che lavorano sul territorio e che vanno a casa delle persone malate servono adeguati Dpi, per evitare il contagio e la diffusione del virus».

E anche gli infermieri domiciliari hanno necessità di dispositivi di prevenzione.

«Abbiamo bisogno di maschere Ffp2 e Ffp3, le uniche in grado di garantire un certo grado di sicurezza, camici a maniche lunghe impermeabili, doppi guanti non sterili, visiera protettiva o occhiali di protezione. Chi va a domicilio non va in un ambiente controllato come può essere l’ospedale, anche in termini di comportamenti da adottare. A domicilio è l’infermiere, l’operatore sanitario ospite che deve adeguarsi ai comportamenti della famiglia ma all’infermiere serve tempo per capire in quale situazione si trova e per costruire un valido rapporto di fiducia. Il Covid-19 non dà tempo per pensare, pianificare, organizzare, ma insieme coordinatori e infermieri stanno garantendo in un momento delicato come questo, la continuità dell’assistenza sanitaria domiciliare».

«In questo momento gli infermieri sono molto esposti al rischio biologico dovendo spostarsi frequentemente e avendo a che fare con malati prevalentemente provenienti da dimissioni ospedaliere, inoltre al rientro a casa dopo una giornata di lavoro possono diventare un potenziale rischio anche per le loro famiglie».

«Siamo preoccupati, certo, ma con scienza e coscienza gli infermieri sono pronti a restare in piedi, capaci di intervenire nelle situazioni più disparate e negli ambiti assistenziali più complessi».

Gianluca Fenucci

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