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Chiaravalle

CHIARAVALLE Suicida sessantunenne che aveva lavorato in ospedale

Era di origini siciliane ma viveva da decenni  in città, i colleghi lo ricordano come uomo generoso, marito e padre splendido 

CHIARAVALLE, 27 giugno 2020Il male di vivere lo aveva incontrato da tempo. Quel male che lo afferrava alla gola per poi allentare talvolta la stretta e quindi farsi ancora morsa implacabile, stringente, mortale.

Quel male infido e subdolo che gli aveva tinto l’anima di nero ma non gli aveva spento il bel sorriso, glielo aveva solo affievolito. E anche se l’alba di oggi era splendida e cromatica, calma e serena, anche se il canto degli uccelli regalava poesia, alle 5 di mattina il male di vivere ha vinto: R.B. non è riuscito più a scorgere la bellezza, il giorno che inizia e promette buone nuove.

No, a 61 anni la vita gli deve essere sembrata solo dolore e timore, ferite e lacrime, una fatica insopportabile e allora ha deciso di lanciarsi di sotto, dal balcone al quarto piano del palazzo di via Donizetti. Era di origini siciliane ma a Chiaravalle lo conoscevano tutti perché aveva lavorato in ospedale, era un cuoco provetto e i suoi piatti erano autentiche leccornie.

Era diplomato all’istituto alberghiero e quindi dietro i fornelli e in cucina ci sapeva fare. Poi, sempre all’interno della Asur, era stato occupato nella farmacia comunale dell’ospedale che da anni è stata chiusa e il servizio è stato trasferito al Cras di Ancona.

L’uomo ha seguito le trasformazioni della sanità pubblica anche se il suo morale ne era rimasto scosso. Ma l’amore per la famiglia, per la moglie e le due figlie che ormai erano adulte, riuscivano a rasserenarlo e a regalargli momenti di vita condivisa. L’arrivo di due splendide nipotine aveva donato un altro sorriso e giorni lieti a R.B. ma il dramma doveva covargli dentro, come una fiamma sopita sotto la cenere ma mai spenta.

«Aveva un cuore grande – dicono i colleghi dell’ospedale – era solare, sempre disponibile e attento alle necessità di tutti. Era un marito premuroso e innamorato, un padre meraviglioso, un nonno bravissimo, un uomo eccellente. Ogni tanto soffriva per il mal di schiena ma non era quello il vero problema. Per noi la notizia della sua morte è un fulmine a ciel sereno perché anche negli ultimi tempi lo vedevamo sorridente e gioioso».

Eppure quel sorriso nascondeva il dolore, un dolore insopportabile. E allora non è più riuscito a vedere la bellezza del giorno e dell’alba stupenda e tutto deve essergli sembrato nero e buio.

Gianluca Fenucci

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