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CINGOLI Covid-19, l’esperienza a Camerino dell’infermiere cingolano Federico

Il 24enne è impegnato nella struttura individuata dall’Asur per la gestione dei casi in terapia intensiva: «Restate a casa»

CINGOLI, 21 aprile 2020Il Covid-19 sta mettendo a dura prova il personale sanitario di tutta la regione Marche.

A Cingoli, oltre al personale sanitario e ai medici impegnati nei focolai della Casa di riposo e dell’ospedale, ci sono anche diversi infermieri che stanno operando in altri nosocomi della regione.

Uno di questi è il giovanissimo Federico Sebastianelli, 24 anni, che sta lavorando instancabilmente al reparto Covid dell’ospedale di Camerino. Ci ha raccontato la sua esperienza.

Chi è Federico Sebastianelli

Federico, classe 1996, si è diplomato al Liceo Linguistico e delle Scienze Umane di Cingoli, per poi decidere di frequentare Infermieristica al dipartimento di Medicina dell’Università Politecnica delle Marche. Si è laureato nel novembre 2018 e ha iniziato a lavorare nel febbraio 2019 ad Ancona.

La situazione al Covid di Camerino

Ora è impegnato nel reparto Covid di Camerino, individuato dall’Asur per gestire i casi di terapia intensiva relativi al contagio.

«All’ospedale – spiega – la situazione è d’emergenza come dal 9 marzo, giorno nel quale è stato uno dei primi a diventare centro per i positivi al Covid-19. Sin da subito ci sono stati forniti i dispositivi Dpi necessari. Tutti noi, infermieri, coordinatori infermieristici, medici, Oss, tutti gli altri operatori sanitari, non pronti psicologicamente a una tale emergenza, ci siamo messi in prima linea, dal primo giorno, con ottimi risultati».

Federico con i segni provocati dalle mascherine

L’ospedale di Camerino ha conosciuto tante storie di persone colpite dal contagio.

«Tutti i posti letto – racconta Federico – sono quasi sempre occupati. Abbiamo pazienti che arrivano perlopiù dalle zone più colpite. Ci sono anche giovani, non solo anziani. Tutti i pazienti affrontano la fase acuta della malattia, alcuni guariscono, altri non ce la fanno, altri ancora necessitano di ventilazione meccanica non invasiva e alcuni di essere trasportati in terapia intensiva per essere intubati e collegati a un ventilatore. Solamente una volta entrati in un reparto ospedaliero, ci si rende conto cosa sia veramente questo virus».

Le emozioni provate dal giovane infermiere

Non è facile gestire i propri sentimenti e il proprio carattere in un contesto del genere.

«Le emozioni – spiega il giovane cingolano – che sto provando sono tra le più contrastanti. Ci sono ovviamente momenti di sconforto, stress e paura. In reparto c’è anche gente che viene a sapere che il marito, la moglie o il figlio non ce l’hanno fatta. Non possono fare nulla, se non continuare anche loro a lottare. Fortunatamente ci sono attimi di gioia, quando vediamo persone dimesse, o che piangono di fronte ad un tablet per una videochiamata. Molte imprese locali ci hanno omaggiato con tanti doni, e questa è una forma di vicinanza sentita da tutti noi. Ci permettono di concederci la libertà di svestirci dopo ore e ore di lavoro, di bere un bicchiere d’acqua e di andare in bagno, azioni che ti consentono di sentirti “pulito”».

Consigli utili

Anche Federico fa suo l’appello del Governo alla cittadinanza, invitando a rimanere ognino nelle proprie abitazioni.

«Alla popolazione – continua l’infermiere cingolano – consiglio di aiutarci: l’unico modo è rimanere a casa. Sembra una frase scontata, ma questo virus è imprevedibile. Alla domanda che sempre facciamo ai nostri pazienti, “Come pensi di aver contratto il virus?”, le risposta è sempre la stessa: “Non lo so.” Purtroppo non si può uscire, non possiamo andare a trovare i nostri cari, uscire con i nostri amici, non abbiamo e non possiamo avere più la libertà di prima, almeno per il momento. C’è ancora chi viola queste raccomandazioni, e lavorare dentro il mio reparto non è bello, per colpa del menefreghismo e della cattiveria di questi incoscienti. Li farei venire con me».

È lancia un avvertimento anche sui possibili rischi della fase 2.

«Spero – confida – che il fatidico 3 maggio non venga preso come il “giorno della fuga di massa”, perché ciò significherebbe ripartire da capo. Quindi, so che è pesante, ma chiedo a tutti di resistere, anche noi vorremmo stare al sicuro. Torneremo a festeggiare come abbiamo sempre fatto. Il nostro Paese è stato colpito in maniera aggressiva da questo virus, ma tutti torneremo a essere quelli di prima».

Il rapporto con la sua famiglia

I familiari, dopo un’iniziale e comprensibile apprensione, stanno incoraggiando il giovane Federico.

«In famiglia – racconta – il clima inizialmente è stato piuttosto teso. Non è stato facile accettare che uno di loro, dopo tutti i professionisti contagiati, stesse affrontando questa situazione. Ora, anche se non vogliono farmi pesare la loro preoccupazione, mi incoraggiano giorno dopo giorno ad andare avanti e mi sostengono. Sono fieri di me. La distanza tra di noi è aumentata, non ho più le stesse abitudini quotidiane di prima, non perché io sia infermiere, ma perché tutti dobbiamo mantenere tali distanze».

Federico è molto conosciuto tra i giovani cingolani. La sua testimonianza può aiutare tutta la popolazione di Cingoli ad una maggiore sensibilizzazione nell’evitare contagi da Covid-19.

Giacomo Grasselli

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