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Cingoli Ospedale “Foltrani”, lettera di una Oss a Babbo Natale

«Vorrei tanto trovare un bel regalo sotto l’albero: la chance di un lavoro»

Caro Babbo Natale, quest’anno vorrei tanto trovare un bel regalo sotto l’albero. Da bambina mi dicevano che se fossi stata brava arei avuto ciò che tanto desideravo ed io mi impegnavo ad esserlo per veder realizzato il mio desiderio.

Così penso di potermi permettere di esprimere il mio desiderio, quello di avere la chance di un lavoro. In questi tempi difficili per tutti potrei così guardare serenamente e concretamente la futuro.

Prima di scriverti ho guardato indietro, facendo un bilancio dell’intero anno. Quando firmai il primo contratto di lavoro come Oss per l’Azienda il gentilissimo impiegato mi disse di non preoccuparmi perché «si comincia così, con un contratto a scadenza, ma il personale serve sempre». Con ottimismo mi buttai in questa nuova avventura.

Oggi, a distanza di più di due anni sono solo un numero con scadenza il 31 dicembre. Non riesco a capire la politica di gestione del personale dell’Azienda.

Dal primo gennaio sarò rimpiazzata da un’altra Oss, che come me avrà firmato un contratto a scadenza con la speranza di arrivare ad essere di ruolo, un giorno.

Mi rivolgo a chi mi sostituirà, non la vorrei scoraggiare, ma solo metterla in guardia. L’Azienda ti userà finché sarà possibile poi, al momento giusto per lei, ti darà il benservito.

In momenti critici ti chiederà di collaborare per garantire la continuità assistenziale, di saltare qualche riposo o di rientrare al volo alle 6 del mattino. Lo farai perché la squadra con cui lavori ti piace, è diventata un po’ la tua seconda famiglia ed in famiglia ci si aiuta, ci si supporta.

Fa del bene e scordatene, dice la saggezza popolare.

Di quanto sei stata brava all’Azienda non importa nulla. L’azienda guarda al tetto di spesa. Ogni Azienda ha il suo bilancio, giusto. Mi chiedo che peso hanno in questo le persone, lavoratori ed assistiti.

Qualche giorno fa raccontavo ad una mia amica infermiera la situazione che stiamo vivendo e lei di tutta risposta mi ha detto: “Non l’hai capito? Siamo carne da macello!”.

In un lavoro come il nostro dove ci insegnano non a curare, ma a prenderci cura della Persona, essere trattati come quarti di bue mi rende molto triste, oltre che molto arrabbiata.

Caro Babbo confido in te, pensaci tu,
Oss dell’ospedale di Cingoli.

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