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Cronaca

COTTO E MANGIATO LA RUBRICA DI GIOIA MORICI

“L’aspetto della campagna in primavera” – Componimento di Pacenti Giovanni, III B.

 

gioia1L’aspetto de la campagna ntel mese de maggio è diverso da prima, perché prima ce stacea l’inverno e adè è rivada la primavera e il solleò è più scottente e la tera è cascera e le cerque e i bedolli arisplendono. Io la conosco bene la campagna, in quanto mio nonno Pacino faceva el contadì e stera sempre giuppel greppo insieme a mia nonna che lo aiudava a vangare le zolle e quindi anche essa era una bella contadina.

Essa, la vergara, possedeva anche un orticello diedro casa dove gera a piantare verdure de ogni tipo come: beselli, foje, maragnani, melangole, erbette, roscheni, facioletti, pummidori, rugola, selleri, scarciofeni, obbiede, e altre piedanze che rendevano mio nonno sadollo quanno ne mandugava na gran sbalza.

Per ottenere queste buone cose da la natura, compresi pregiutti, podacchio e allesso, i miei nonni dovevano tribbolare molto nelle campagne, ingollare molti magù e farsi pijare molte madosche: tra le pescòle quando nengueva, stanno rampinadi ore e ore sull’alberi, sgrullanno i frutti ‘mbolzacchidi, giranno col pertigaro, asbrigandose con prescia, scariolanno el cariolo tutto el santo giorno senza avere il tempo de sciorasse un boccò e rischianno de scudularsi giuppe i campi.

Eh sì, in campagna non si ascherza, anzi, si fadiga molto e non si pole fare i paccatroni o badurlarsi, scindogna la grascia te sommerge e questo non è il causo.

Le svojature non esistono mango pè le sventarole: se va in giro sciamannadi, non si pole spentericciarsi, non si fanno spregherie, si smorcia la luce che non va consumada, non si fa i schifignosi e non si sprega niente, mango i coderizzi de pà, che, si sono proprio duri come el fero, si danno alle galline o al porco, che tanto lù magna nigosa.

Un giorno, mentre si rimirava le pellancighe, mio nonno me disse: “Gioà, nte sta vida non se sciale ‘nvelle” e bastignò. Per questo io digo che la campagna a primavera è molto bella col solustro che ci sguercia, ma bisogna aricordasse che el mèrido è anche de chi ha passado l’anni a tenella ordinàda, rinunciando a sdurzare e curandola profondamente.

Per dirla curta: amandola come l’acqua de la cannella ama lo sciacquarolo.

 

E vi saluta così, Pacenti Giovanni.

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