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Cronaca

COTTO E MANGIATO LA RUBRICA DI GIOIA MORICI

gioia1FORSE RITORNO AL FUTURO

 

Credo di essere l’unica creatura umana del mondo occidentale che non ha un cellulare di ultima generazione. Nel mio telefono, ricevuto anni fa in regalo coi punti vodafone (tanto per rendere l’idea di quanto sia “avanti” il mio apparecchio), internet “è morto” pochi mesi dopo l’accesso a facebook, skype e twitter. Credo sia stato un chiarissimo segno che l’universo mi vuole molto bene. Insomma, internet è defunto. Un giorno lontano nel tempo, così, di punto in bianco. E non c’è stato verso di ripristinarlo. Di lì a poco, molte altre funzioni del telefono hanno preso a funzionare a cazzo di cane: rubrica, musica, sveglia, suoneria, macchina fotografica. Ma senza arrivare mai al tracollo definitivo. Una specie di altalena umorale del momento, come se il telefono avesse una vita propria indipendente dai miei comandi. Oggi vuoi sentire la musica? No, oggi no. Vuoi sapere chi ti ha appena spedito il messaggio? Bambina curiosa…te lo dico tra un paio d’ore. Forse. Hai impostato “Purple rain” come suoneria? Bene, quando meno te lo aspetti te la cambio col pistolozzo Samsung del 2002. La batteria alle 11.15 segna il massimo? Ok, esattamente alle 11.35 è a zero. Me ne combina di tutti i colori il teppistello: vado a pescarlo nella borsa e lui è spento. Era acceso quando ce l’ho infilato. Giuro. Ma chissà quando, come e perché, lui si è spento. Voi direte: e che problema c’è? Accendilo. See, va be’…come fosse facile! Come se bastasse un click! Se non vuole, non vuole: non si accende. Ma neanche se lo smanopola Bill Gates in persona. Ci ho messo un po’ per trovare la tattica giusta, ma poi ci sono arrivata: tanta dolcezza. Perché vuole essere coccolato ogni tanto il mio cellulare. Si rompe i coglioni a stare chiuso in borsa, a restare buttato là sulla scrivania senza essere cagato, a fissare per ore il soffitto dal comodino del letto. Tutto solo. Senza mai un grazie. Come dargli torto? Ecco allora che gli stacco la batteria, lo pulisco pezzetto per pezzetto, gli canto una canzoncina d’amore, soffio con delicatezza sulla scheda sim, poi lentamente (ho detto len-ta-men-te) rimetto uno ad uno i vari pezzi insieme. E mentre lo faccio, gli parlo, gli chiedo, con molta deferenza, se ha voglia, se “può” “per cortesia” funzionare ancora un pochino per me, perché sono in giro ed è mattina presto e non saprei come fare fino a sera senza telefono, mi deve anche arrivare una chiamata galante e lui non deve fare il geloso…è solo una telefonata…e insomma, con tutta la grazia che ho, alla fine schiaccio il tasto di accensione e lui (con calma, perché me la fa sudare fino all’ultimo la sua presenza) dopo qualche istante di esitazione, mi strizza l’occhiolino e riparte. Zaaac. Una luce fiorisce dal nero dello schermo e lui mi fa la “grazia” (mai parola fu più azzeccata) di “ritornare”: eccolo di nuovo acceso. I numeri in rubrica ci sono. Non mi ha cancellato neanche un messaggio. Beh, devo rimettere l’orologio e la data, ma che cazzo voglio?? Già è tanto se mi ha concesso di fare ancora un pezzetto di strada con me. Perché fa così? Nessuno lo sa. Non ci hanno capito una mazza neanche le tipe della vodafone. Hanno detto che andava rimandato indietro e fatto resettare. E non era detto che avrebbe ripreso a funzionare. Ci ho pensato su. Naaa… io lo tengo così. Bastardo dentro. Quindi, dopo un primo periodo di stizza, lentamente ha iniziato a starmi molto simpatico il mio cellulare “a carbone”. Un ciaffetto nero lontano anni luce da un Iphone 6 che mi guarda la mattina coi suoi occhietti di sfida e mi dice: “Allora…che vogliamo fare??”…con l’aria di uno che sa perfettamente di avere il coltello dalla parte del manico. Mi tiene in pugno, lo stronzetto. E io ho accettato il fatto di non avere il controllo. E mi sono detta che finché non decide lui di abbandonarmi, io non lo mollo. E perché dovrei? Per avere a che fare tutto il giorno con le minchiate di facebook (a cui, per altro, do il mio sostanzioso contributo anche senza accesso dal cellulare)? Oppure per togliermi la curiosità, mentre sto chiacchierando con un amico, di sapere quanti anni ha Donatella Rettore o chi mi ha scritto una mail nelle ultime due ore? Mah. Io, sinceramente, sto benone così. Perché poi lo so, che se internet funzionasse nel mio cellulare medievale, farei la fine del 99% della fauna che mi circonda ovvero starei sempre a spippettare su e giù col ditino sullo schermo con gli occhi inchiodati al display. Che roba brutta. Certo, metteteci anche che sicuramente io sono una a cui la tecnologia digitale non fa né caldo né freddo…non dico che sia inutile o che non ne tragga beneficio quando mi serve, ma se non c’è non la cerco, se c’è o non c’è, insomma, per me è la stessa cosa. Ma vuoi mettere il divertimento di mandare un messaggio e perdere completamente la sequenza del discorso? Sì perché il mio cellulare è anche molto creativo e ha deciso che se scrivo io, il fuso orario è quello italiano, se invece mi risponde qualcun altro, il fuso orario, magari, è quello thailandese. Fantastico. Quindi se il giorno dopo voglio rileggere la conversazione, devo pure sforzarmi di ricordarmi chi ha mandato cosa e soprattutto quando perché il botta e risposta è completamente rimescolato. Una specie di settimana enigmistica. La suoneria, ovviamente, è andata. Con gli sms vado ancora abbastanza bene, ma con le chiamate esterne, un disastro: un filo di voce sbiadita sussurra flebili note dal retro del trasmettitore e se non ho il telefono a portata di mano non sento un cazzo. Potrebbe chiamarmi Bradley Cooper e perdere l’occasione della mia vita per colpa della mia ciofeca di  telefono. Però devo ammettere che la cosa ha anche il suo risvolto positivo: perdo le chiamate dei rompicoglioni.  E ho un’ottima scusa se mi rimproverano di non rispondere: “Guarda, mi spiace…ho il cellulare che non funziona bene…”. urloQuello che crea più disappunto in giro è il fatto che non sono su WhatsApp. Dovreste vedere la scena. “Ok, allora ti scrivo su WhatsApp”. “Non ce l’ho WhatsApp”. Silenzio. Mi guardano dritto negli occhi con la faccia a metà tra il disgusto e lo stupore cosmico. La smorfia con cui mi fissano è qualcosa di molto simile ad una versione schifata dell’Urlo di Munch. “Scherzi?”. Pausa. Ricambio lo sguardo con altrettanta tracotanza: sembro Gary Cooper in Mezzogiorno di fuoco. “No”. Silenzio. Silenzio ancora. Occhiataccia come se si rivolgessero all’ultima mentecatta della terra. Poi, rassegnati: “Eh vabè, allora ti manderò un messaggio…”. Pausa di rielaborazione in cui cercano di infilarmi a fatica nella casella mentale di “Quelli senza WhatsApp”. Anzi, la devono creare la casella, perché non ce l’hanno proprio. Quindi, dopo qualche secondo: “Sì, però compratelo un cellulare nuovo eeeh…”. “Sì. Sì. Adesso me lo compro”. Ma fatemi capire: se a me non me ne frega un cazzo di WhatsApp vuol dire che non sono normale? Sinceramente: devo ricoverarmi da qualche parte? Che succede se vivo senza WhatsApp? se non sono raggiungibile sempre e comunque? se non partecipo alle chat dove si organizzano le cene della palestra? se la gente non sa a che ora mi collego in rete? se non scambio le foto dell’aperitivo al tramonto? Mi aspetta Caronte, nell’aldilà, per traghettarmi nel regno delle anime perse? Traghettami, Caronte, traghettami, portami dove vuoi…basta che non mi telefoni, perché, tanto, non ti sento…

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