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D-DAY Il volto di Dante, quel che credi e quel ch’è vero

La percezione che abbiamo delle fattezze del Sommo Poeta è quella data dalla maggioranza anche se lui non era come lo “conosciamo”

Ogni italiano, al sentir pronunciare il nome del Sommo Poeta, ha subito l’associazione al naso importante e spigoloso, il mento sporgente e volitivo, il piglio fosco e pensoso (praticamente Beethoven!).

Io stesso, nel vedere alcune pubblicazioni, straniere e non, sono rimasto stupito al vedere un profilo che nun je somija pe’ niente!

Ma roba è questo in copertina?”, ho pensato di fronte a una sontuosa copertina in pelle di un’edizione inglese della Vita Nuova (tradotta dal devoto Dante Gabriel Rossetti per i tipi della Harrap) con impresso a rilievo un profilo che non mi diceva niente.

E ho storto la bocca per il Dante dai lineamenti meno arcigni di quelli che stavano sulle 1.000 lire d’argento, di un’altra Vita Nuova, miniata da Vittorio Grassi, in quello che è l’ultimo vero codice e, a detta di alcuni, il più bel libro mai pubblicato” (complice anche l’avvento della quadricromia): l’edizione del 1921, per il VI centenario della morte, in 1321 copie, con copertina in seta ricamata in oro 24k, edita dall’Istituto Arti Grafiche di Bergamo.

Il Dantedì  di oggi che s’approssimava, la ricerca dantesca che sto conducendo negli ultimi mesi per tutt’altra storia, hanno fatto sì che andassi a cercarmi che faccia avesse davvero il nostro guelfo bianco: se quella dell’affresco giottesco al Bargello (uno dei due fatti da gente che Dante lo ha frequentato), o quello delle punta secca di Gustave Dorè e di tutti quelli che si sono basati sulla descrizione data da Boccaccio (e in buona sostanza, lo stesso che scarabocchio sui notes quando mi punge vaghezza).

Beh, spunta fuori che nel 2006 fu fatta una ricostruzione, partendo dal cranio del Divino Poeta: tecnica rodata, ad uso di Csi e antropologi, che restituisce le reali fattezze di molti personaggi storici vissuti in era pre-fotografica.

Non era come me l’aspettavo! Non è il Dante che tutti “conosciamo”: è ovviamente il volto di un uomo anziano (non più col naso aquilino dei ritratti giovanili, ma dopo almeno un bel cazzotto in faccia che gli ha deviato il setto in due punti, dandogli il naso che tutti ricordiamo…), ma che chiaramente è lo stesso ritratto da Giotto (quello ripreso per la copertina della Harrap, quello che “ma che roba è?I soliti inglesi approssimativi in tutto ciò che non è inglese…”. E invece no: aveva ragione Giotto (che aveva una certa mano, disegnava abbastanza benino…), avevano ragione Grassi e la Harrap e avevamo torto tutti noi dal ‘500 in poi, compresi Dorè e le 1.000 lire!

Se ne genera una riflessione: la percezione, quel che si crede, senza prove certe sono fallaci, addirittura nulle.

E qui entra la vexata quaestio delle verifiche delle informazioni. 

Hai dubbi? Cerca, verifica. Quel Dante scientificamente accurato non ti pare lui? Vedi i riscontri, le misurazioni antropometriche, gli studi relativi pubblicati, per pochi che possano essere, ma che siano scientificamente coerenti.

La percezione del viso di Dante che abbiamo è quella data dalla “maggioranza, dalla massiccia produzione ritrattistica fatta da gente nata secoli dopo la sua morte (per inciso, pare abbia avuto una bella barba per un certo periodo, come per contro pare che Gesù non l’avesse… ma qui è un po’ più difficile). 

Su quello che oggi chiameremmo bias, abbiamo formato la nostra successiva immagine del volto del padre della lingua italiana; il ritratto più del suo carattere e della sua tormentata poesia, che dell’uomo.

Uomo, che a ben guardarlo, non sembra poi così terribile come quando ti guarda dall’alto di imperiosi monumenti. Sembra più un uomo intristito, sofferente (certamente lo era negli ultimi anni, lo testimoniano anche i suoi scritti).

Che poi in anni precedenti fosse anche un caratteraccio e una linguaccia è certo: dopotutto, era pur sempre un “maledetto toscano” e se qualcuno gli ha rifatto il profilo a cazzotti...avrà avuto i suoi buoni motivi!

(m.m.m.)

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