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FABRIANO GIUSEPPE BATTISTON: “IL PREMIO PRECICCHIE MI ONORA”

FABRIANO, 11 luglio 2018 – Si è conclusa domenica la ventiduesima edizione del Premio cinematografico e televisivo di Precicchie. Ultimo protagonista Giuseppe Battiston. L’attore friulano ha ricevuto per la seconda volta il premio (il primo nella categoria dedicata ai giovani attori diversi anni fa) organizzato dall’Associazione Castello di Precicchie.

Secondo premio a Precicchie, a qualche anno di distanza dal primo. Che effetto fa questa volta?

Sicuramente fa piacere, perché vuol dire che la kermesse non si è dimenticata di me. Questo mi onora. Secondariamente mi onora per il fatto che abbiano riconosciuto il percorso che ho scelto di fare professionalmente e che mi sono costruito scegliendo, sbagliando ed imparando. Questo però prendendo parte a progetti a cui credevo dal punto di vista artistico ed umano, perché intendo il mio lavoro come percorso di conoscenza.

L’ultimo film con lei tra gli attori è “Hotel Gagarin”, opera prima di Simone Spada girato in Armenia: un film per raccontare i sogni e l’umanità. Come è stato girare un film del genere in una epoca dove c’è l’ossessione del vero?

Il film vuole raccontare che non bisogna mai smettere di credere nella forza dei sogni. Una forza che diventa la forza della “visione”, e quindi la caratteristica principale di chi fa cinema e sa “andare oltre”. In questo film ho amato il messaggio di grande amore per i sogni e far vedere agli altri “cose che non ci sono”. Un messaggio “vero” legato al cinema nel senso stretto del termine, e per questo ho scelto di prendere parte a questa opera, di cui sono molto fiero e chi l’ha visto l’ha davvero apprezzato. Un film che riconcilia con la vita

Proprio sulla questione del “vero”, in “Perfetti Sconosciuti” si è toccato un tema incredibilmente  importante: quello della verità. Vi immaginavate di avere “tra le mani” un successo di quel tipo?

Onestamente non mi immaginavo lasciasse un segno così profondo. Ero convinto della bontà della pellicola, perché il copione era ottimo, ma personalmente non mi sarei immaginavo che riuscisse a prendere così tanto il pubblico. Il tema è certamente spinoso, perché parla della differenza tra privato ed intimo. Non far vedere il cellulare perché c’è qualcosa di intimo, che non vuoi condividere con tutti, è un segno di salute secondo me. Una volta avevamo il diario, ora abbiamo il telefono che è contenitore del nostro mondo pubblico, privato ed intimo. Viviamo in una società di pettegoli e pettegolezzi e capisco che un film del genere possa aver solleticato più di uno con l’ossessione dell’indiscreto. È una fotografia di quello che siamo diventati e che non ci fa onore.

(s.s.)

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