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GIOVANI E COVID Non abbiamo più i mattoni con cui stavamo costruendo la nostra vita

Un’esperienza emotivamente forte come il lockdown ci ha insegnato a riconoscere le emozioni e il giusto modo di reagire: le situazioni più complesse ci hanno messo alla prova e sono servite da allenamento

Emozioni, paure, desideri, scoperte, attese dei giovani… in questo lungo e faticoso periodo di pandemia. Le riflessioni di alcuni giovani e ragazze del Liceo delle Scienze Umane di Jesi, raccolte dall’insegnante di Religione, sono un contributo prezioso di luce nelle tenebre, di speranza nei sentimenti di angoscia, di nuovo futuro nello scoraggiamento di molti. Queste testimonianze fanno bene a tutti. Ne riporteremo alcune ogni settimana in questa rubrica.

La pandemia di Covid-19 ha cambiato la vita di tutti e ha profondamente segnato quella di noi giovani. Conosciamo le conseguenze che la diffusione di questa malattia ha provocato sugli affetti e sulle relazioni fra coetanei, sulla scuola, sulla nostra quotidianità. È difficile non pensare che siano ricaduti su di noi solo effetti negativi.

Eppure personalmente vedo la situazione in modo diverso. Uno degli insegnamenti che questa esperienza mi lascia è proprio quello di non arrenderci mai al primo sguardo. Quando la situazione appare nella pienezza della sua drammaticità e criticità è il momento di riguardare per una seconda volta come stanno veramente le cose e intravedere una soluzione. Ho capito che una delle parole chiave è limite: spesso ci blocchiamo per esserci imposti dei confini immaginari che ci siamo autoconvinti di non essere in grado di superare.

La pandemia ha stravolto le mie certezze, mi ha messo di fronte a problematiche mai affrontate e che non credevo di vivere e ha peggiorato quelle che già esistevano. In più occasioni mi ha fatto toccare il fondo. Negli abissi ci accorgiamo che forse un punto estremo non c’è, me che lo spazio si estende all’infinito. Siamo noi ad imporci quel freno ed è banale pensare che è sufficiente guardare oltre, più in alto e più avanti. A quel punto il limite diventa un obiettivo e una volta superato capiamo che in fondo siamo sempre stati capaci di superarlo. Sarebbe bello illudersi di aver trascorso gli ultimi dodici mesi affrontando ogni problema con questo ragionamento, ma non è esattamente così.

Negli anni della spensieratezza è piombato nelle nostre vite il dolore

Il rapporto con il dolore credo che venga vissuto da ognuno in maniera molto differente, ma quello che è sicuro è che nel corso della nostra vita tutti purtroppo ne facciamo esperienza. Dipende a volte dal limite di sopportazione che ci siamo fissati, uno dei tanti confini immaginari a cui prima accennavo, ma altre volte anche attraverso la visione più razionale possibile ci si abbandona alla sofferenza. Nella manifestazione di quest’ultima nasce l’umanità di ciascuno e mai come prima ho potuto capire l’importanza delle emozioni, per prima la tristezza. Il pianto come valvola di sfogo, come punto di arrivo per una ripartenza, come momento da dedicare a se stessi, ma anche di intima condivisione con qualcuno.

Con assoluta sincerità penso di aver rivalutato questo stato d’animo e di aver capito la sua importanza. Un’esperienza emotivamente forte come il lockdown ci ha insegnato a riconoscere le emozioni e il giusto modo di reagire. L’adolescenza è l’età in cui prevale l’impulsività e non è stato facile il percorso per arrivare d un maggiore autocontrollo. Sicuramente la diffusione del Covid-19 e le numerose restrizioni, uniti ad un senso di incertezza generale, hanno fornito molti stimoli per esercitarci. Le situazioni più complesse ci hanno messo alla prova e sono servite da allenamento.

Ora abbiamo guadagnato una certa familiarità con lo stress, l’ansia, i cambiamenti repentini che forse neanche ci stupiscono più. Temo che questa diventi la mia quotidianità e in parte lo sta già diventando. Lo esprimo come un timore perché ho nostalgia delle mie vecchie abitudini.

Siamo simili ai terremotati, ma anziché non avere più una casa, non abbiamo più i mattoni con cui stavamo costruendo la nostra vita: le esperienze significative, il contatto fisico, il confronto con la realtà del gruppo, l’apprendimento attraverso una didattica che includa la socializzazione e molto altro

In ogni caso devo riconoscere che la tecnologia è stata fondamentale per il mantenimento dei rapporti con gli altri: le videochiamate fino a tarda notte, la dad, i messaggi… Certe volte vorrei, tuttavia, di nuovo la vita di cui sento di essere stata privata. D’altra parte lo spirito di adattamento mi fa crescere e mi aiuta d individuare nuovi punti di vista. Così si impara ad accettare i cambiamenti e si scorgono gli aspetti positivi.

Primo fra tutti considero il tempo per se stessi una grande opportunità data dalla condizione di apparente solitudine. Nella vita frenetica di prima non avevamo tempo da dedicare agli hobby, alle attività che ci piacciono e che ci rilassano. Ad esempio suonare uno strumento e ascoltare molta musica, allenarsi in maniera metodica, guardare film e serie tv, cucinare e dipingere.

La lettura, però, è stata la mia àncora di salvezza. La letteratura permette alla mente di uscire senza che il corpo si sposti e l’uomo non può restare senza viaggiare. I libri hanno quindi assunto la proprietà di mezzo per una fuga dalla realtà che ci circonda. Per me è del tutto comprensibile perché noi giovani e non solo, non sentiamo come nostro il tempo presente e se è comunque possibile accettarlo, è faticoso da apprezzare. La soluzione è fuggire dai giorni che viviamo guardando al passato con nostalgia e al futuro con desiderio.

Quello che ho provato è un senso di attaccamento fortissimo ai ricordi, quelli appena vissuti e quelli lontani legati all’infanzia e alla mia famiglia. In più, con la consapevolezza di non poter organizzare i prossimi mesi perché ancora piuttosto incerti, ho iniziato a pensare e a progettare il mio futuro. Grazie a questi ragionamenti si cresce davvero e la mente si evolve, cambia, anche se intorno è tutto bloccato. Avevamo sedici anni prima che cominciasse la pandemia e ora ci ritroviamo a festeggiare (come possiamo) i diciottesimi. Quindi anche il tempo presente, per quanto vorremmo evitarlo, è un tempo vissuto, con le sue peculiarità e difficoltà, ma gli attimi passano comunque, indipendentemente da come li trascorriamo.

Non va dimenticato che ci è rimasta la libertà di scegliere di vivere il presente in un certo modo, rispetto a un altro. È molto sottile il confine fra resistere e crollare, avere fiducia e disperarci, combattere e arrendersi, e la motivazione per affrontare al meglio questo periodo a volte manca.

Penso, però, che la pandemia ci stia dando la possibilità di muoverci, esplorare gli anfratti dell’animo umano fino ai suoi antipodi. È come un vento che spinge a scoprire noi stessi… fino al prossimo dpcm.

Anna Fabian, Liceo delle Scienze Umane di Jesi

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