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il parere dell’esperto

GIURISPRUDENZA FACEBOOK E IL REATO DI DIFFAMAZIONE

Un nostro spazio quotidiano affidato ad esperti di settore. La rubrica “Il parere dell’esperto” si interesserà di Fiscalità, Medicina, Psicologia, Giurisprudenza, Osteopatia e Nutrizione.

 

 

 

L’avvocato Nicoletta Cardinali tratta in ambito penale e civile. Custode Giudiziario nelle esecuzioni immobiliari presso il Tribunale di Ancona

 

 

 

FACEBOOK E IL REATO DI DIFFAMAZIONE

È inutile negarlo: sempre più spesso, ormai, la nostra quotidianità, le nostre opinioni personali e/o politiche, le nostre amicizie, il nostro lavoro sono appannaggio dei social network.
Da facebook a twitter, da istagram a snapchat persone comuni, vip, politici, sportivi ne subiscono il fascino e non c’è giorno che non si dia una sbirciatina, non si posti o twitti qualcosa, non si carichino immagini o storie.
E la legge ha finito per doversi adeguare a questa nuova moda.
In particolare la giurisprudenza di merito e di legittimità ha ampliato, con pronunce che stanno diventando sempre più numerose, il concetto di diffamazione ex art. 595 c.p., equiparando la diffamazione commessa sui social a quella effettuata mezzo stampa.
La Corte di Cassazione ha sancito che l’utilizzo di Facebook, ma il concetto è facilmente applicabile anche agli altri social, per diffondere messaggi offensivi nei confronti di soggetti identificabili, siano essi privati o pubblici, rientra nell’ipotesi di cui all’art. 595 co. 3 c.p.
“il reato di diffamazione può essere commesso a mezzo di internet, sussistendo in tal caso, l’ipotesi aggravata di cui al terzo comma della norma incriminatrice, dovendosi presumere la ricorrenza del requisito della comunicazione con più persone, essendo per sua natura destinato ad essere normalmente visitato in tempi assai ravvicinati da un numero indeterminato di soggetti”(Cass. Pen. sentenza n. 8328/2016).
Un messaggio diffamatorio, postato nella propria bacheca di facebook e rivolto ad una persona che sia inequivocabilmente riconosciuta e identificabile come il destinatario, ha la possibilità di raggiungere un numero apprezzabile di persone e in tempi estremamente rapidi.
Esprimere, dunque, qualsivoglia commento denigratorio nei confronti di chiunque, equivale a commettere il reato di diffamazione a mezzo stampa: “Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della milta non inferire a 516 euro”
Ma vi è di più.
Suscettibile di rispondere del reato in questione è anche chi commenta il post diffamatario iniziale inserendo, a sua volta, nei commenti, frasi altrettanto denigratorie e offensive.
A dirlo, questa volta è il Tribunale di Campobasso con la sentenza n. 396/2017.
E a nulla vale invocare la libertà di pensiero poiché essa, secondo il Giudice Molisano, trova dei limiti nel rispetto altrui e nella tutela dell’ordine pubblico e del buon costume nonché del diritto di ogni cittadino all’integrità dell’onore, del decoro, della reputazione.
Ledere la reputazione altrui comunicando con più persone è reato e non una libera espressione di pensiero anche se effettuata tramite social network.
E l’autore del post denigratorio o chi commenta lo stesso utilizzando le medesime modalità offensive sono perseguibili penalmente anche se rimuovono ciò che hanno scritto poiché il reato di diffamazione è un reato di evento che si consuma nel momento in cui più persone percepiscono le frasi diffamatorie.
Attenzione, dunque, per tutti coloro che credono che i social network siano luoghi virtuali ove sfogare la propria frustrazione, rabbia o ira senza alcuna conseguenza: il rischio di avere spiacevoli conseguenze è dietro un click.

Avvocato Nicoletta Cardinalistudio legale

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