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il parere dell’esperto

GIURISPRUDENZA LA RESPONSABILITÀ MEDICA DOPO LA RIFORMA GELLI

Un nostro spazio quotidiano affidato ad esperti di settore. La rubrica “Il parere dell’esperto” si interesserà di Fiscalità, Medicina, Psicologia, Giurisprudenza, Osteopatia e Nutrizione.

L’avvocato Nicoletta Cardinali tratta in ambito penale e civile. Custode Giudiziario nelle esecuzioni immobiliari presso il Tribunale di Ancona

 

LA RESPONSABILITÀ MEDICA DOPO LA RIFORMA GELLI

 

Accade, sempre più frequentemente, di imbattersi in casi di cronaca che riportano episodi di presunta malasanità ove il malato e/o i suoi familiari accusano i medici di negligenza e imperizia nello svolgimento della loro professione.

Cerchiamo di comprendere in che modo la legge ha inteso regolamentare la responsabilità medica e tutelare i pazienti e/o i loro familiari dai danni cagionati da errori o omissioni del personale sanitario.

La normativa di riferimento è la Legge n. 24 dell’8 marzo 2017 entrata in vigore il 1 aprile del 2017, cd Riforma Gelli.

In primis occorre distinguere la responsabilità medica in ambito civile da quella in ambito penale.

I danni risarcibili possono essere molteplici e di diversa natura (errore diagnostico, errore terapeutico, omessa vigilanza ecc) ma riguardano essenzialmente un’eventuale lesione fisica o psichica arrecata al malato e causata da una condotta negligente dei sanitari o da carenze strumentali della struttura sanitaria.

Per ciò che attiene la responsabilità civile, la normativa ha diversificato la tipologia di responsabilità ovvero i medici risponderanno a titolo di responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c. mentre la struttura sanitaria a titolo di responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c.

Distinzione alquanto significativa, viste le differenze sia in termini di onere probatorio che di prescrizione.

Nella responsabilità extracontrattuale o aquilana, il soggetto danneggiato ha l’onere di dover provare tutti gli elementi costitutivi dell’illecito, compreso dolo o colpa, e il termine di prescrizione è di 5 anni.

Nella responsabilità contrattuale vi è un’inversione dell’onere della prova: l’attore dovrà dimostrare solo l’inadempimento mentre al convenuto spetterà, per sottrarsi all’obbligo risarcitorio, di provare l’impossibilita sopravvenuta ad adempiere, per cause a lui non imputabili, e il termine di prescrizione è di 10 anni.

I pazienti o i familiari, che sostengono di aver subito un danno a causa di una condotta negligente del personale medico, hanno diritto di intraprendere un giudizio civile ma solo dopo aver espletato una delle due condizioni di procedibilità introdotte dalla riforma:

– una consulenza tecnica preventiva ovvero la proposizione di un ricorso nel quale viene nominato un C.T.U. dal Tribunale affinché accerti, in via preliminare, la sussistenza e il quantum della responsabilità medica ed elabori una perizia le cui risultanze avranno, successivamente, un ruolo fondamentale in un accordo transattivo o nel giudizio vero e proprio, se intrapreso.

Nella consulenza tecnica preventiva è obbligatoria la chiamata in causa anche delle imprese assicurative con cui i medici o la struttura sanitaria hanno stipulato la loro polizza professionale.

– in alternativa il procedimento di mediazione con l’assistenza obbligatoria di un avvocato e con il quale si tenta di raggiungere un accordo stragiudiziale per evitare la controversia giudiziale.

Quanto al giudizio, dopo aver esperito una delle procedure sopra descritte, va proposto con ricorso sommario ex art. 702 bis e ss cpc.

Il paziente può esperire l’azione direttamente nei confronti dell’impresa assicuratrice  della struttura o del sanitario, posta l’obbligatorietà degli stessi di dotarsi di una polizza assicurativa che copra i rischi derivanti dalla responsabilità medica.

Per ciò che attiene la responsabilità medica in ambito penale, la Legge Gelli ha riformato l’art. 590 sexies c.p. prevedendo  che “Se i fatti di cui agli artt. 589 (omicidio colposo) e 590 (lesioni colpose) sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste, salvo quanto disposto dal secondo comma.

Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto

L’articolo ha suscitato numerose critiche in quanto sembrerebbe escludere la responsabilità dei sanitari ogni qualvolta si attengano alle linee guida, fornite dalla legge, o in assenza alle buone pratiche clinico assistenziali suscitando, pertanto, il dubbio che le linee guida e le buone pratiche siano una sorta di scudo protettivo.

Sul punto si è espressa, con diverse pronunce anche contrasti tra loro, la Corte di Cassazione che ha tentato di definire e specificare il contenuto dell’art. 590 sexies c.p..

La questione, tuttavia, è stata definitivamente risolta dalle Sezioni Unite della Suprema Corte con la sentenza 8770/2018 la quale, ponendo fine alla controversa interpretazione della norma in questione, ha sancito i seguenti principi di diritto:

“l’esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte e/o lesioni derivanti dall’esercizio dell’attività medica chirurgica:

  1. a) se l’evento si è verificato per colpa anche lieve da negligenza o imprudenza;
  2. b) se l’evento si è verificato per colpa, anche lieve, da imperizia quando il caso concreto non è regolato dalle raccomandazioni delle linee guida o dalle buone pratiche clinico assistenziali;
  3. c) se l’evento si è verificato per colpa, anche lieve, da imperizia dovuta nell’individuazione e nelle scelte guida o di buona pratiche clinico assistenziali non adeguate alla specificità del caso concreto;
  4. d) se l’evento si è verificato per colpa grave da imperizia nell’esecuzione di raccomandazioni di linee guida o di buone pratiche clinico assistenziali adeguate, tenendo conto del grado di rischio da gestire e delle speciali difficoltà atto medico” (Cass. Pen. Sez. Un. Sent. n. 8770/2018).

Avvocato Nicoletta Cardinalistudio legale

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