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il parere dell’esperto

GIURISPRUDENZA PATENTE A PUNTI: CHI ERA ALLA GUIDA?

La rubrica “Il parere dell’esperto” è uno spazio affidato a persone specializzate su argomenti di comune interesse

 

 

 

Giampiero Colli, Avvocato

 

 

PATENTE A PUNTI: CHI ERA ALLA GUIDA?

Si vuole proporre all’attenzione dei lettori il caso della sanzione amministrativa per eccesso di velocità che viene notificata a casa del proprietario del veicolo (persona fisica od azienda), al quale viene richiesto di comunicare alla Polizia stradale l’identità del conducente al momento dell’infrazione, per la decurtazione dei punti della patente di guida, ai sensi dell’art. 126 bis C.d.S., comma 2.

Se non si comunica alcunché, la sanzione amministrativa massima può superare di poco i mille euro.

Può capitare però che la comunicazione venga fatta dal proprietario nei termini che seguono: “non ricordo chi fosse alla guida del veicolo, poiché non sono il solo ad utilizzarlo, ma è l’auto che usa anche mia moglie, mio figlio, eccetera”.

La domanda che ci si pone è: questa risposta può avere sempre efficacia liberatoria per il proprietario del veicolo, che quindi non paga alcuna sanzione?

La risposta a tale quesito non è semplicemente “si” o “no”.

Infatti, la Corte Suprema di Cassazione ha stabilito che il proprietario che non sia in grado di dire con precisione chi fosse alla guida del suo veicolo al momento dell’infrazione è comunque responsabile (cioè risponde come chi la comunicazione non la fa) tranne il caso in cui dimostri concretamente un “giustificato motivo” della mancata conoscenza dell’identità del conducente al momento della violazione di legge.

L’assunto generale da cui ha mosso la Corte Suprema è che il proprietario del veicolo, in quanto responsabile della circolazione dello stesso, è tenuto sempre a conoscere l’identità dei soggetti ai quali ne affida la conduzione, onde dell’eventuale incapacità d’identificare detti soggetti necessariamente risponde (nei confronti delle pubbliche amministrazioni per le sanzioni per quanto d’interesse in questa sede) a titolo di colpa per negligente osservanza del dovere di vigilare sull’affidamento, così da essere in grado di adempiere al dovere di comunicare l’identità del conducente.

Ad integrare tali considerazioni, i Supremi Giudice, anche alla luce della pronuncia della Corte Costituzionale n. 165 del 2008, hanno affermato anche di recente che “in tema di sanzione pecuniaria inflitta per l’illecito amministrativo previsto dall’art. 126 bis C.d.S., comma 2, occorre distinguere la condotta – di per sé meritevole di sanzione – del proprietario che semplicemente non ottemperi all’invito a comunicare i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione, da quella del proprietario che, invece, abbia fornito una dichiarazione di contenuto negativo adducendo giustificazioni, la cui idoneità ad escludere la presunzione di responsabilità a carico del dichiarante deve essere valutata dal giudice di merito “.

La citata sentenza della Corte costituzionale n. 165/2008, ripresa dalla Corte di Cassazione, impone di distinguere tra la condotta del proprietario del veicolo che non risponda alla richiesta di comunicazione dell’identità del conducente e la condotta del proprietario del veicolo che a tale richiesta risponda adducendo, e quindi provando, sia con prove documentali che con testimoni, una valida giustificazione della propria non conoscenza della identità del conducente.

Lo stabilire se il motivo addotto dal proprietario del veicolo per giustificare la propria non conoscenza dell’identità del conducente sia “debitamente provato” è valutato dal Giudice sulla base dei fatti del singolo caso concreto che ha portato all’invocata non conoscenza dell’identità del conducente.

La clausola generale del “giustificato motivo” va dunque riempita di concretezza, potendosi tradurre come inesigibilità, secondo gli standard esistenti nella realtà sociale, della condotta che, nella situazione data, avrebbe consentito al proprietario di conoscere l’identità del conducente del veicolo; non potendosi ritenere, per contro, giustificato il proprietario che dichiari di ignorare chi sia il conducente del veicolo senza aver dimostrato quali misure egli abbia adottato per conservare la memoria di chi abbia detenuto il veicolo. Si tratterà di misure non catalogabili in astratto, ma la cui ragionevole esigibilità nella vita quotidiana non può che variare in ragione della diversità delle situazioni concrete, evidente essendo che la gestione di un parco macchine aziendale è diversa dalla gestione del veicolo di un nucleo familiare; anche in quest’ultimo caso, tuttavia, chi sia intestatario del veicolo è gravato di un dovere di controllo e di memoria, nel cui adempimento potrà farsi aiutare dai componenti del nucleo e la cui inosservanza lo espone, qualora non dimostri di aver fatto quanto ragionevolmente necessario per osservarlo, alla responsabilità prevista dall’art. 126 bis C.d.S., comma 2.

In ragione dell’esistenza di tale dovere di controllo e di memoria, un giustificato motivo di mancata conoscenza, da parte del proprietario del veicolo, dell’identità di chi ne abbia avuto la guida è configurabile o nei casi di cessazione della detenzione del veicolo da parte del proprietario (si consideri, oltre alle ipotesi della sottrazione delittuosa del veicolo, l’ipotesi del proprietario che dimostri di avere ceduto in comodato l’autovettura a terzi, prima della commissione dell’infrazione, con contratto regolarmente registrato e con l’assunzione dell’obbligo da parte del comodatario di effettuate la comunicazione del nominativo dell’effettivo conducente in caso di contestazione di infrazione) o nella presenza di situazioni imprevedibili ed incoercibili che impediscano al proprietario di un veicolo di sapere chi lo abbia guidato in un determinato momento nonostante che egli abbia (e dimostri in giudizio di avere) adottato ogni misura idonea, ed esigibile secondo criteri di ordinaria diligenza, a garantire la concreta osservanza del dovere di conoscere e di ricordare nel tempo l’identità di chi si avvicendi alla guida del veicolo (ad esempio, redigendo e conservando elementari annotazioni scritte).

Pertanto, il principio di diritto che risponde alla domanda che ci eravamo posti all’inizio ed affermato dalla seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione con la sentenza n. 30939 del 28/11/2018 è il seguente: “ai fini dell’esonero del proprietario di un veicolo dalla responsabilità per la mancata comunicazione dei dati personali e della patente del soggetto che guidava il veicolo al momento del compimento di una infrazione, possono rientrare nella nozione normativa di “giustificato motivo” soltanto il caso di cessazione della detenzione del veicolo da parte del proprietario o la situazione imprevedibile ed incoercibile che impedisca al proprietario di un veicolo di sapere chi lo abbia guidato in un determinato momento, nonostante che egli abbia (e dimostrati in giudizio di avere) adottato misure idonee, esigibili secondo criteri di ordinaria diligenza, a garantire la concreta osservanza del dovere di conoscere e di ricordare nel tempo l’identità di chi si avvicendi alla guida del veicolo”.

Avv. Giampiero Colli

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