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Cronaca

JESI ALCOL, FENOMENOLOGIA DI UNA DIPENDENZA: LA PAROLA ALLA DOTTORESSA ITALIANO

JESI, 19 marzo 2018 – Per il Focus sull’abuso di alcool tra i giovani sentiamo il parere della dott.ssa Rossella Italiano,  Dirigente Responsabile del Dipartimento Dipendenze Patologiche. Il Dipartimento dell’Area Vasta 2 comprende i Servizi

dott.ssa Rossella Italiano

Territoriali Dipendenze Patologiche di Ancona, Fabriano, Jesi, Senigallia e le Comunità Terapeutiche: “Exodus”, “Oikos” e “I.R.S. l’Aurora” presenti nel territorio dell’Area Vasta 2 nonché le Associazioni di cooperazione e promozione sociale.

Il Servizio si occupa di prevenzione, trattamento e riabilitazione delle dipendenze da sostanze stupefacenti, alcol, fumo, psicofarmaci e dei comportamenti compulsivi che si realizzano anche in assenza di sostanze (gioco d’azzardo, internet).

Da qualche anno l’alcol si è diffuso non più solo tra i giovani ma tra i giovanissimi, under 15. Lei ha dati o impressioni a riguardo?
“Quello che emerge è solo la punta dell’iceberg, i minorenni che arrivano da noi al servizio sono pochi rispetto a quelli che fanno un uso talvolta abuso di alcool e spesso ci sono inviati dalla prefettura per aver commesso piccoli reati o perchè sono stati soccorsi e portati al pronto soccorso in coma etilico. Però da un pò di tempo, voglio sottolineare che sono sempre più i genitori che si rivolgono al servizio perchè preoccupati per il proprio figlio e una volta appurato che il problema sussiste, attiviamo una rete che aiuti il giovane ad uscire dal problema, nei casi più gravi con l’aiuto di farmaci o proponendo un percorso comunitario”.

Un fenomeno in crescita , allarmante e preoccupante. Quali sono le motivazioni che portano i ragazzi, sin  giovanissimi ad avvicinarsi all’alcool?
“Secondo la mia esperienza si tratta più di uno stile di vita che porta i giovani a fare abuso di alcol in grandi quantità e in breve  lasso di tempo. È una modalità per stare insieme, tentare di divertirsi, sballarsi, innescare sfide tra loro per poi talvolta finire sui social network, come in una sorta di mondo onirico. Sicuramente chi beve molto ha delle problematiche “interne”‘, insicurezza, senso di disagio, inadeguatezza ma,  ripeto che, stando a contatto con i giovani mi rendo sempre più conto che a volte si inizia a bere propositatamente solo per essere al pari degli altri, per non essere esclusi o derisi, per trovare un punto di incontro con gli altri , è un trend, una modalità che per fortuna non porta tutti a diventare degli alcolisti ma porta tanti ad avvicinarsi all’alcool e a entrare in un modus vivendi che non è sano e che miete vittime soprattutto su chi mostra predisposizione”.

Lei che lavora nell’ambito del recupero degli alcolisti ci può dire se c’e un percorso comune che porta il giovane a diventare alcolista per definizione…a che età?
“Sicuramente l’alcolista trentenne o quarantenne di oggi ha iniziato a bere da adolescente, sono rari quelli che iniziano a bere a 30 anni all’improvviso. Spesso c’è concomitanza tra più fattori  Precocità, Contesto familiare e cultura dell’alcool. Tutti ricordiamo di aver bagnato le labbra di vino sin da ragazzi soprattutto nelle realtà dove un bicchiere di buon vino non si nega neanche ai più piccoli, 15 anni. Se la persona passa poi da un uso ad un abuso ed è “predisposta” a non frenare questo impulso smodato , il passo è breve. Per “predisposizione” intendo una bassa autostima, genitori o parenti alcolisti”.

Quando una persona si può definire Alcolista? È una malattia? 
“Si,  fa parte delle dipendenze patologiche quindi è da considerarsi una malattia a tutti gli effetti e non un “vizio”. Noi consideriamo alcolista una persona che ha chiari sintomi di astinenza se non fa uso di alcool, tremolio degli arti superiori, allucinazioni, se non può far a meno di assumere quantità considerevoli di alcool e se passa le proprie giornate a bere, soprattutto di nascosto e solitariamente. Per ciò che riguarda i giovanissimi,  è rarissimo vederli bere in solitaria ma è frequente vederli assumere alcool in compagnia. Per qualcuno di loro è comunque solo l’inizio”.

Ci sono segnali da non sottovalutare? I sintomi?
“I segnali, soprattutto per i giovani sono evidentissimi. A volte basterebbe solo osservare i propri figli al ritorno da una serata. Occhi rossi, alito alcolico e nei casi più gravi  sbalzi d’umore, minimo o basso rendimento scolastico, irrascibilità. Per gli adulti invece, isolamento, trascuratezza, repentini sbalzi di umore e perdita del controllo, sono frequenti aggressività e spesso si arriva a gravi problemi in famiglia, separazioni, maltrattamenti e perdita del lavoro e delle amicizie”.

I danni? 
Chi da anni fa abuso di alcool può avere seri problemi fisici e neurologici. Per problemi fisici intendo patologie del fegato, epatiti,  cirrosi, tumori  al pancreas, esofago , all’intestino e al tubo digerente. Per danni neurologici intendo problemi al sistema nervoso centrale e periferico , amnesie, malattie degenerative”.

La cura. Come si esce, secondo la sua esperienza di   psicoterapeuta  dall’alcolismo?
“Noi al Sert proponiamo un percorso medico e un sostegno psicologico, talvolta psichiatrico. Nei casi più gravi offriamo un percorso comunitario. Se il paziente è in difficoltà per crisi astinenziale lo aiutiamo con  farmaci come il Campral che diminuisce l’impulso a bere o l’Alcover che mese per mese viene scalato per non creare esso stesso dipendenza. È un percorso lungo e le ricadute sono frequenti ma molti ne escono. Bisogna per prima cosa riconoscere realmente  di avere un Problema e se questo avviene in tempi “brevi” il percorso è meno difficoltoso”.

c.ade.

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