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Cronaca

JESI A 85 anni per 14 ore al pronto soccorso

Più di mezza giornata per un’anziana chiaravallese caduta in casa, tra una lunga attesa, la visita, la radiografia e il ritorno di notte: l’indignazione della figlia

JESI, 16 giugno 2021 – Un’odissea durata 14 ore. La storia coinvolge la signora R.L., chiaravallese di 85 anni che ha trascorso oltre mezza giornata al pronto soccorso dell’ospedale “Carlo Urbani” .

La figlia Debora non nasconde rabbia e amarezza.

«Una storia assurda, direi vergognosa per un paese civile. Mia madre, che è affetta da osteoporosi, tremore essenziale e da un inizio di demenza senile, è caduta in casa e lamentava dolori al coccige, al tratto sacrale della colonna e al sedere. Il medico di famiglia ci ha consigliato di farla trasportare con il 118 al pronto soccorso per effettuare radiografie ed alle 10.30 di mattina è giunta al “Carlo Urbani” . Prima di partire con l’ambulanza e visto che mi hanno detto che non era necessario accompagnarla perché non mi avrebbero fatta entrare per le norme anti Covid, ho lasciato a mia madre un astuccio con tutte le medicine che doveva prendere e il mio numero telefonico».

Alle 17 la figlia non aveva ancora ricevuto notizie dell’anziana madre, che tra l’altro non aveva acquacibo con lei e si è allarmata.

L’anziana in attesa al pronto soccorso

«Ho telefonato e mi hanno detto che era ancora in attesa di visita e allora mi sono precipitata al Triage. So bene che prima vengono curati i casi più urgenti ma alle 18 ho chiesto spiegazioni e un operatore mi ha detto che c’erano altri 4 pazienti davanti a lei. Sono passate altre 2 ore e mi sono davvero indignata: mia madre non era certo in condizione di restare così anche perché nel frattempo un’infermiera mi ha detto che c’erano altre 6 persone prima di lei ed allora ho minacciato di chiamare i Carabinieri. Nessuno si è preoccupato di lei, in tutto quel tempo nessuno l’ha accompagnata in bagno, ho dovuto chiedere aiuto al personale. Un’altra cosa che mi ha dato molto fastidio è il fatto che alcuni operatori del pronto soccorso abbiano dato responsabilità al medico di famiglia».

Alle 23, dopo la visita e i raggi, l’odissea sembrava finita ma non era così.

«Per rientrare c’era bisogno di un’ambulanza perché mia mamma deve essere trasportata per alcune rampe di scale ma la Croce Gialla, non certo per sua responsabilità, è arrivata solo all’una di notte e finalmente dopo 14 ore mia madre è rientrata a casa».

«Mi hanno fatto ritornare il giorno dopo perché non mi avevano consegnato il referto, visto che all’una di notte non c’era un medico per firmarlo e, la ciliegina sulla torta, è stata la richiesta assurda di un’infermiera, che tra l’altro era presente la sera precedente. Candidamente mi ha chiesto se era possibile riportare mia madre al pronto soccorso perché evidentemente non avevano finito esami e analisi. Mi sono veramente arrabbiata: come ci si può comportare così?».

Gianluca Fenucci

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