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JESI AGNUS DEI, L’ULTIMA PROVOCAZIONE DI OFFICINE UGARAGE

Mirko Stortoni

JESI, 3 febbraio 2017 – Si è conclusa il 22 gennaio scorso l’ultima installazione alle Officine Ugarage.

L’opera firmata dal duo Papini-Stortoni ha avuto un punto di osservazione privilegiato in via Pergolesi nel periodo natalizio sollevando non poche polemiche e diverse proteste sfociate in momenti di tensione.

Questa rappresentazione segna la conclusione di un viaggio che da gennaio 2015 ha accompagnato via Pergolesi in un processo di scoperta e rappresentazione del contemporaneo,  dalle mostre fotografiche di Franco Cecchini e Mirko Stortoni ha attraversato lo spazio con Papini fino all’ultima conclusiva Agnus Dei, un’opera “in vetrina” che dall’interno dello spazio scrutava e si faceva osservare per 4 ore al giorno in una sorta di rituale giornaliero a cui, volente o nolente, nessuno si è potuto sottrarre.

Andrea Papini

Stortoni afferma che “l’opera è un atto di riflessione sulla messa in scena della vita”.

Un meccanismo di disvelamento dell’elemento personale che nell’isolamento creato attraverso l’ascolto delle cuffie – vero elemento straniante l’ascolto della traccia audio – passa attraverso “una continua contrapposizione tra logos e pathos.

Passare ed osservare l’opera è relativamente facile, fermarsi mettere le cuffie ed ascoltare è il vero atto di fede su cui si basa la scommessa di quest’opera. E’ un’azione completamente personale.

“Agnus Dei è stata lasciata da sola, di sera, in mano ad ognuno di voiavete il coraggio di abusarne?” Questo sembrava suggerire Stortoni mentre accompagnava davanti all’oblò e silenziosamente toglieva un velo di raso nero dall’opera.

Ma cosa è realmente Agnus Dei? Una statua, un’esperienza o magari una provocazione?

Per Andrea Papini “l’opera è molto semplicemente una figura che emerge dal buio, si incontra con l’uomo su un unico piano, in uno spazio completamente personale”.

“Raramente si sta con un’immagine da soli – afferma – questa scena appena di 1 mq lo permette rimanendo esposti all’esterno. Non si entra in uno spazio architettonico ma in un luogo della mente. La scena la costruiamo ovviamente noi, pezzo dopo pezzo. Gli elementi, il corpo, la luce elettrica e lo specchio formano la struttura drammatica in cui far convergere l’occhio. Immagine e suono formano un ossimoro, un pugno che frantuma lo specchio”.

L’opera è stata anche definita “di cattivo gusto” da qualcuno e indubbiamente pone alcune riflessioni sulle modalità di connubio tra attività tradizionali e necessità artistica. Indubbio è il risultato, un pugno allo stomaco – rubando un termine usato da Papini -, che alcuni hanno schivato ed altri hanno preso in pieno.

Un’annotazione va fatta in merito all’accoglienza dell’opera tra i più giovani, quelli che molti di noi chiamano i millenials. Spesso si riunivano in gruppetti facendosi a turno immortalare con l’opera. In questo si può affermare che Agnus Dei abbia avuto, in questa cittadina, la stessa forza “social” del Caravaggio che è stato in mostra alla pinacoteca di Ancona.

Il tutto dall’ oblò di una semplice vetrina in piazza Colocci 1, a Jesi.

 

 

 

 

 

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