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JESI ALL’ATELIER DI CARLO CECCHI CON L’AMBASCIATORE (foto)

«L’arte non è abbellimento, ma bellezza»

JESI, 16 settembre 2019 – Ieri mattina l’artista jesino Carlo Cecchi ha ricevuto presso il suo atelier in Piazza Federico II l’ambasciatore d’Italia presso la Confederazione Elvetica, Cosimo Risi.

Con lui, un gruppo di persone che hanno avuto la possibilità di visitare il suo grande studio e di ascoltare la sua storia.

Cecchi ora vive a Roma, ma fa la spola fra la capitale e Jesi: «Non si può lavorare stando fermi qui, io ho sempre viaggiato molto, andando soprattutto a Milano dove ho conosciuto artisti, storici dell’arte, galleristi. Jesi resta comunque la mia base, uno studio come questo non lo trovi altrove.

Carlo cecchi interviene nel Consiglio comunale di Jesi per parlare dell sua arte

L’intervento in Consiglio comunale

«Roma è densissima di arte, ma sono legato alle nostre storie di provincia».

Giovedì scorso, 12 settembre, è stato inoltre ospite al Consiglio comunale, dove ha parlato della sua arte, accogliendo l’invito che il presidente dell’assise civica rivolge ad associazioni o cittadini che si siano distinti con le loro opere o il loro lavoro.

Ma com’è iniziato il percorso artistico di Carlo Cecchi?

«È nato per caso, non avevo alcun interesse per l’arte e ho iniziato l’Artistico per disperazione perché nessun’altra scuola faceva per me. All’Accademia di Belle Arti (prima Roma, poi Urbino) ho conosciuto grandi docenti, grandi artisti e critici (Vittorio Rubiu, Burri, Guttuso, Pascali). La mia prima mostra è stata a Bologna nel 1973 quando ero ancora studente. Ho poi esposto anche alla Biennale di Venezia, massima aspirazione per l’artista contemporaneo, sono stato docente di pittura all’Istituto d’arte e ho vinto la cattedra anche all’Accademia di Belle Arti».

Sul suo rapporto con la terra d’origine aggiunge: «Quello marchigiano è un territorio che mi stimola molto perché misterioso. L’aspetto curvilineo delle colline è organico, rimanda al mondo del sesso, della nascita e della morte. Inoltre c’è una vista meravigliosa che porta a guardare oltre, e al contempo sono un luogo di incontro con la fauna, soggetto prediletto delle mie creazioni».

Le opere che si trovano nell’atelier sono varie, ma prevalenti sono i dipinti che raffigurano animali: «Mi interessano dal punto di vista estetico – spiega – e come esseri metaforici. Inoltre c’è una buona componente di ricordo: la nonna mi portava in giro per la campagna fermana dove venivo in contatto con tanti animali».

Cos’è l’arte e qual è la sua funzione? Non è una domanda di facile risposta, ma Cecchi ha comunque provato a riassumere brevemente il suo lavoro: «Uno dei miei dipinti raffigura quattro pinguini che camminano, senza che a noi sia dato sapere da e verso dove. Rappresentano ciò che penso dell’arte perché sono ambigui (nella loro natura c’è qualcosa sia del mondo degli uccelli che di quello dei pesci, sono eleganti ma goffi quando camminano). L’arte non racconta, non è didascalica. L’immagine va sempre oltre rispetto alla realtà.

«Arte è paradosso, espressione di un’anima che entra in relazione con l’esterno con cui ingaggia una battaglia».

Vi è indubbiamente anche una funzione sociale: «Sto lavorando a un dipinto che raffigura una nave da guerra: il Mediterraneo è diventato un cimitero di profughi. L’arte è sociale innanzitutto perché l’artista vive nel mondo ed è inevitabile essere preoccupati di alcune sue dinamiche. Sono preoccupato per la paura e la rabbia delle persone, progettate a tavolino e sfruttate.

«Secondo Argan [Giulio Carlo, docente e storico dell’arte], l’arte è un fenomeno che prende forma».

«L’arte non è abbellimento, ma bellezza. Serve per pensare e per creare turbamento. L’arte non deve essere facile e neppure necessariamente piacevole».

Ma è vero che con la cultura non si mangia? La società odierna sembra sempre più pragmatica, impostata sul “fare”, sull’utile: «Per me tutto ciò che è inutile è necessario – risponde –. È importante non accontentarsi, non smettere di sognare. È un messaggio politico: vogliono creare paura, inibizione e rassegnazione. Oggi tutto sembra impossibile o inutile, e questa mentalità taglia le ali ai giovani, che invece hanno bisogno di passione e coraggio.

«L’arte, in questo senso, è resistenza».

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Work in progress: la nave da guerra, metafora della situazione attuale che affligge il Mediterraneo, è ancora da finire

Elisa Ortolani

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