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JESI ALLE OFFICINE UGARAGE L’APPUNTAMENTO “CONSUMANO LA TERRA LE OMBRE”

Installazione

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JESI, 1 luglio 2016Mirko Stortoni è il fondatore delle Officine Ugarage e presenta l’ultimo lavoro di Andrea Papini, “Consumano la terra le ombre“, opera che sarà inaugurata domani, 2 luglio, alle 18.30 in piazza Colocci.

Papini è l’artista italiano conosciuto per la metodica costruzione scenica delle proprie installazioni e quello che vedremo a Jesi è un lavoro che ha richiesto alcuni mesi di preparazione e che modifica lo spazio sottolineando una drammaturgia che si rifà alla pittura e al teatro, per una figurazione che attinge, priva di mediazioni, direttamente ai segni del reale.

Per l’artista, 30enne di Ancona, questo è un ritorno nella nostra città dopo “Extasis” alla pinacoteca e “Officinacorpi” nel 2014.

Consumano la terra le ombre” è un viaggio alla ricerca di segni cicatriziali che testimonino la vita oltre il vissuto. Riprendere coscienza della propria indescrivibile e unica umana presenza è per Papini l’assioma dal quale partire alla scoperta di un percorso narrativo fatto di consapevolezza e straniamento, cinico e raffinato allo stesso tempo.

mostra4Nella sua drammaturgia – ricordiamo che l’artista ha recentemente dichiarato di fare attivamente ricorso al suo passato nell’opera teatrale – Papini risulta sempre lucido senza essere scontato. Le sue opere vivono in scena, si nutrono dei codici della drammaturgia per una realtà che, seppur nella propria autonomia, si confronta inevitabilmente con il filtro dell’occhio dello spettatore.

Cosa resta, dunque, “delle ombre di Papini“? Lo abbiamo chiesto, inevitabilmente, a Mirko Stortoni, co-curatore della mostra e artefice del ritorno a Jesi dell’artista, Stortoni che si è cimentato in queta impresa in un momento nel quale sono gli stessi artisti a inventarsi curatori di mostre e che ha passato a Milano parte della sua vita professionale a realizzare progetti per altri.

“Venendo a Jesi – dice – avevo un progetto ambizioso e strada facendo ho sviluppato la convinzione che ci sia la necessità di misurarsi anche con la parte della realtà che va oltre la propria conoscenza. In questo senso il curatore aiuta l’artista a realizzare un progetto ambizioso e questo indirettamente aiuta il curatore stesso a realizzare il suo”.

Ci vuole entusiasmo per sostenere l’impegno, dall’inizio alla fine anche se “è vero che questa non è la prima vera prova da curatore. Ma devo ammettere che non è semplice mettere insieme i pezzi con artisti di un certo tipo. Con Papini, ad esempio, ci siamo presi alcuni mesi per poter meglio comprendere e aiutarci. Solo successivamente abbiamo definito la vera e propria natura del progetto”.legno1

Il perché, poi, Papini lo abbia scelto insieme alle Officine Ugarage per realizzare queta mostra è presto detto: “Per avvicinarsi al suo lavoro sono necessari bulbi oculari allenati e un’incosciente necessità di osservazione senza protezioni, direi che lui ha visto in me un puro anche se è probabile che io sia più incosciente che altro…”.

mostra2Il suo spazio in centro storico, a due passi dal palazzo della Signoria, nella collaborazione con gli artisti, “lo potrei definire un cutting edge, in misura ovviamente reinventata e reinterpretata della Daniel Newbourg gallery a New York. Lo vedo come uno spunto per un futuro possibile. Sento che è la cosa giusta da fare, per questo lo faccio”.

Dalla sperimentazione sugli oggetti che ne caratterizzano la storia, Stortoni è passato all’arte e spiega che “Papini parla del tempo e parla dell’uomo, lo fa senza lasciare tracce, la sua materia ne trattiene i segni trasferendo all’occhio un significato senza finzione in un rapporto senza mediazione. E’ un provare a chiudere gli occhi e a riaprirli cercando di porsi tra ombra e materia. Scoprire della realtà quello che misurabile non è. Ecco cosa mi accomuna con lui”.

Ma delle ombre di Papini che cosa resta oggi? La natura, la storia, la verità… “Ovviamente l’unità di misura, l’unica possibile: l’uomo da solo, nudo di codici per un linguaggio nuovo, ancora tutto da scrivere. Per questo “Consumano la terra le ombre” è una mostra da vedere. Qui non si viene. Da qui si parte…”.

(p.n.)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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