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JESI “CODEX AESINAS”, IL LIBRO MOLTO PERICOLOSO BRAMATO DAI NAZISTI E NASCOSTO A JESI

JESI, 11 febbraio 2017 – Ora a custodirlo è la Biblioteca Nazionale di Roma ma, se potesse parlare, il Codex Aesinas ne avrebbe da raccontare.

A iniziare dalla folle brama di impossessarsene della Germania nazista. E il compito fu affidato proprio al reichsführer delle Ss e della Gestapo, Heinrich Himmler, fondatore e ispiratore dell’Ahnenerbe Stiftung, un dipartimento speciale che si occupava della pura razza germanica. E lui sguinzagliò, nel 1943, i suoi cani da caccia nazisti proprio a Jesi.

Un libro molto pericoloso, di Christopher B. Krebs, pubblicato da Il Lavoro editoriale di Ancona, che narra tutte le vicende  che nei secoli videro protagonista proprio il Codex, è stato al centro dell’incontro mensile del Club Nova Aesis, ospiti l’editore, Giorgio Mangani, e il conte e la contessa Ubaldo e Francesca Baldeschi Balleani, figli di Aurelio, proprietario del Codex, Aurelio che, aiutato in modo determinante da autista e maggiordomo, Giuseppe Angeletti e Riccardo Cerioni, ebbe alla fine la soddisfazione di veder gabbati gli uomini delle Ss piombati a Jesi per impossessarsi  del codice.

Conte e contessa raggiunti e convinti a partecipare dal vice presidente del sodalizio, Giancarlo Catani.

La storia inizia con Cornelio Tacito che scrisse nel 98 d.C. De origine et situ Germanorum dove descrive, in antitesi ai decadenti costumi della caput mundi, quelli viceversa puri e incorrotti dei germani, casta di guerrieri che amano la propria terra e la difendono, come le tradizioni e la famiglia. Senza compromessi. Tanto che resistettero alla dominazione romana. E i nazi ci andarono a nozze.

Volevano a tutti i costi questa specie di summa che propugnava le loro teorie ariosofiche. Il Codex conteneva lo scritto etnografico – ma non solo – ritrovato nel  XV secolo da Enoch d’Ascoli in un monastero a Hersfeld. Nel corso dei secoli, dopo alterne vicissitudini, si ritrovò nel patrimonio della famiglia ma a scoprirne il valore fu don Cesare Annibaldi, di Cupra Montana, docente di latino e greco al liceo classico, che il conte Aurelio aveva incaricato, nel 1902, di esaminare.

“Una vicenda romanzesca – ha sottolineato il presidente di Nova Aesis, Fabio Bertarelli – che coinvolge una nobile famiglia cittadina e che ancora emoziona”.

E quando in Germania si capì il valore di tale scoperta – agli inizi del ‘900 assunse il nome di Codex Aesinas – iniziarono le manovre, rispedite al mittente, per entrarne in possesso in modo lecito. Si passò, quindi, all’uso della forza. Una spedizione che nel 1943 vide impegnati i tedeschi a rovistare da cima a fondo nelle dimore del conte  Aurelio Baldeschi Balleani: a Jesi, in piazza Federico II, a Fontedamo, a Osimo. Ma il manoscritto era stato nascosto là dove i nazisti non riuscirono a trovarlo: un ripostiglio vicino alle cucine del palazzo jesino.

“Eravamo piccoli all’epoca – ricorda la contessa – e solo dopo venni a sapere tutti i contorni della vicenda. Comunque, mio padre, da italiano, voleva che il manoscritto restasse in Italia. Lo stesso Mussolini avrebbe voluto venire in visita da noi, ma mio padre si oppose, in questo coadiuvato da mia madre”.

Aldivano Ferrucci, Bruno Barigelli, Simone Cola, Pierluigi Cesarini

“Va dato merito a Riccardo Cerioni e Giuseppe Angeletti – sottolinea il conte – perché furono essenzialmente loro a sviare i tedeschi, loro hanno salvato il libro“.

Ospiti della serata anche l’assessore alla cultura, Luca Butini, e il vice presidente della Fondazione Federico II Hohenstaufen, Franca Tacconi.

Nel corso dell’evento sono stati iscritti 4 nuovi soci al Club Nova Aesis: Aldivano Ferrucci, Bruno Barigelli, Simone Cola, Pierluigi Cesarini.

Menzione per la contessa Francesca, rimasta talmente soddisfatta che molto probabilmente aderirà al Club.

(p.n.)

 

 

 

 

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