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JESI Discoteche chiuse, Marco Cerioni: «Bene la sicurezza ma servono aiuti»

«La salute prima di tutto però occorre anche il sostegno a chi gestisce i locali, altrimenti è la fine»

JESI, 18 agosto 2020Discoteche sbarrate e attività sospese, sia al chiuso che all’aperto, almeno sino al 7 settembre.

L’ordinanza firmata dal Ministro della Salute volta a dare «un segnale al Paese che bisogna tenere alta l’attenzione» preoccupa e non poco i gestori dei locali.

Marco Cerioni

Marco Cerioni, da anni responsabile e gestore di locali notturni nonché grande nome del calcio, commenta: «Ubi maior minor cessat. Per carità ci hanno obbligato a chiudere per motivi di ordine e sicurezza e siamo d’accordo ma devono essere previsti  ammortizzatori, degli indennizzi per chi opera nel settore. Non possono lasciarci soli, i ragazzi che seguo hanno costi di gestione, del personale, affitti, mutui e serate a cui devono fare fede. Noi operatori della notte per la sicurezza nazionale siamo disposti a chiudere per non mettere in pericolo vite umane ma non possiamo fallire per una decisione (senza aiuti) del Governo».

Organizzatore di serate rivolte al popolo della notte, Cerioni ricorda l’ordinanza del Presidente della Regione Marche, Luca Ceriscioli, che confermava la riapertura: «Ho apprezzato molto l’operato del governatore che ha tentato invano di tenere aperte le discoteche ancora prima del decreto di Conte. Ceriscioli dimostra di aver capito i nostri sforzi. Personalmente, lo confesso, ho consigliato ai miei assistiti di portare i libri contabili in Tribunale e dichiarare fallimento per colpa dello Stato. Una situazione così è insostenibile».

La salute resta ovviamente la priorità: «Non deve esserci uno scontro aperto con lo Stato ma un venirsi incontro reciproco. Così si rischia di mettere in strada migliaia di dipendenti dei locali. Non si pensa alle conseguenze? Ripeto, la salute prima di tutto ma anche un aiuto economico a chi gestisce locali perchè i costi sono enormi e già tutto era chiuso dal marzo scorso. Va da sè che in questo caso 600 euro sono una goccia nel mare. Ci deve essere una valida alternativa altrimenti così ci rimettono tutti. E questo sarebbe ingiusto per un’intera categoria, più in generale per tutte le attività produttive».

Cristina Amici degli Elci

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