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Cronaca

JESI Don Federico Rango: «Giovani, andate al fondo delle cose»

Il neo responsabile della pastorale giovanile della diocesi si racconta e lancia un appello 

JESI, 12 giugno 2020 – Dopo la nomina a responsabile della pastorale giovanile da parte del vescovo Gerardo, abbiamo intervistato lo jesino don Federico Rango, 29 anni, che ha raccontato la sua storia, parlato dei suoi progetti e lanciato messaggi ai giovani soprattutto in tempo di Covid.

Quali sono le sue idee, i suoi programmi, dopo l’incarico assunto?

Ci stiamo già riunendo con le varie associazioni, vogliamo comprendere cosa sia avvenuto nelle vite dei giovani per avere uno sguardo unitario sulle loro situazioni. Il compito della pastorale giovanile non è tanto quello di sostituire le singole realtà, ma di offrire visioni comuni.

L’impegno che si assume la pastorale è quello di curare molto le relazioni e investire tanto nell’accompagnamento dei singoli cammini. Quello che vogliamo fare è una sorta di cammino integrale che non sia quindi solo spirituale né, tanto meno, solo psicologico, ma che comprenda tutte le realtà individuali.

Come ecclesiologo ho il dovere di battermi contro i due nemici moderni: lo sfrenato individualismo da un lato e la mancanza del sentirsi Chiesa, comunità, dall’altro. Questo è il compito che spetta alla pastorale.

Lei è molto giovane, come mai la scelta del sacerdozio?

La scelta è maturata innanzitutto perché sono cresciuto in ambito parrocchiale, ma allo stesso tempo ho vissuto le esperienze comuni a tutti giovani. Ho frequentato discoteche, ho lavorato come animatore nei camping e come tutti ho avuto una ragazza con la quale mi confrontavo e cercavo di capire quale fosse la risposta alla domanda: Cosa mi rende davvero felice?

Ovviamente ho cercato in altre situazioni questa risposta, ma ad un certo punto, durante una celebrazione dove ci veniva chiesto chi di noi volesse essere prete, mi è venuto naturale rispondere: «Io». Era in fondo la risposta alla domanda che mi ero fatto mesi prima, quando ancora ero in cerca di un senso da dare alla mia vita.

Considerando il fatto che già avevo iniziato a studiare Teologia all’università di Ancona, posso dire che il cammino verso la fede è stato facilitato. Anche se ammetto che inizialmente, quando mi scrissi alla facoltà, la mia ambizione era quella di diventare attore.

Avevo capito finalmente cosa fare della mia vita: dedicarla agli altri.

Crisi vocazionale: cosa dovrebbe fare la Chiesa per attirare i giovani? In quanto responsabile della pastorale giovanile, cosa pensa di fare a riguardo?

Oggi i giovani sono tartassati dalla pubblicità, vivono in un mondo virtuale che li allontana spesso dalla realtà genuina della vita. Come pastorale giovanile, cerchiamo di offrire pezzi di via autentica.

Proprio per questo la diocesi ha attivato una casa-progetto presso il vecchio seminario in via Lorenzo Lotto, dal nome “Casa Crossroads”. Lo scopo di questo progetto è di fare settimane di vita comunitaria con classi terze, quarte e quinte intere delle scuole superiori. Vengono proposte ai giovani domande su come vivano e vogliano vivere la propria vita. «Chi sei? Come vuoi spendere la tua vita?»

In una fase successiva a questa, normalmente l’anno dopo, per chi torna si entra un po’ più nello specifico: «Per chi e per che cosa vuoi spendere la tua vita? Chi vorresti essere? Quali sono i tuoi sogni?»

Domande concrete che tendono a sollecitare i giovani a porsi un obiettivo. Quindi possiamo definirlo un messaggio di fede indiretto, nel senso che pone tematiche ordinarie per cercare di dare uno scopo alla vita.

Si è tornato a celebrare messa dopo il lockdown, differenze tra il prima e il dopo? Quali domande, richieste, arrivano dai fedeli? La Chiesa come si è mossa in questo periodo di difficoltà?

Parto dall’ultima domanda.
La Chiesa, come lo Stato, come tutte le istituzioni nazionali e sovranazionali, si è trovata di fronte a qualcosa di inaspettato, nuovo, e in questi situazioni un iniziale momento di confusione è umano.

Ci sono stati vari atteggiamenti da parte degli esponenti della Chiesa: chi ha vissuto la situazione in ottica più integralista, chi l’ha vissuta in maniera più aperta al dialogo e al confronto, chi addirittura ha barattato un po’ la fede con il principio della salute quando in realtà – è una battuta che riporto spesso – se Gesù fosse venuto sulla terra per donare a tutti la salute probabilmente sarebbe morto a 90 anni in una classica Casa di riposo del tempo, e invece così non è stato, perché la fede è altro. Quindi la Chiesa, pur rimanendo in contatto con i fedeli, ha comunque vissuto con difficoltà questo periodo.

Per quanto riguarda la ripresa delle celebrazioni debbo dire che nella nostra diocesi i fedeli sono tornati.

Le domande che mi sono state rivolte sono principalmente due. Innanzitutto il perché di questa pandemia; e questo senza andare a tirar fuori castighi divini per punire la nostra società, era una domanda che andava proprio alla ricerca del senso. Ad esempio, in cosa ci siamo cambiati? Cosa ci insegna quanto accaduto? Queste le domande che mi sono state rivolte più di frequente. La seconda domanda a cui cercavo di dare risposta era proprio quella su come oggi sia possibile vivere la fede.

Un appello ai giovani della nostra città dopo il Covid-19?

Non fermatevi sulla soglia delle problematiche delle questioni emerse. Scendete sino in fondo, nel mistero della vostra umanità. Perché è li che potete trovare sia la risposta religiosa che laica al vostro esistere.

Don Federico Rango nasce a Jesi il 3 febbraio 1991. Frequenta il Liceo Classico Vittorio Emanuele II e si laurea all’istituto teologico marchigiano. Frequenta oggi la Pontificia Università Gregoriana.
Il 31 maggio 2020 il vescovo di Jesi don Gerardo Rocconi lo nomina responsabile del servizio diocesano della pastorale giovanile. Don Federico era già vice parroco nelle chiese di San Sebastiano e Santa Maria del Piano.

Bendetta Lucaboni

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