Cronaca
JESI Emergenza, Federica la volontaria: «Una giornata indimenticabile»
17 Marzo 2020
Con la Protezione Civile a montare i due ospedali da campo a Torrette e a Jesi
JESI, 17 marzo 2020 – Federica Mosca, 33 anni, è una volontaria della Protezione Civile e fa parte delle Unità Cinofile da Soccorso Jesi, impegno e passione che condivide con il consorte, Lorenzo.
E ieri anche per loro è stata una giornata diversa con le ore scandite dal metter su due ospedali da campo prima a Torrette poi a Jesi in questi giorni sotto il segno del Covid-19.
Federica ha voluto raccontare questa esperienza che «non dimenticherò mai», fermando in poche parole, in fondo, tutti quei valori profondi che abitano la sua vita e quella di chi, in prima linea, combatte contro questo terribile nemico che abbiamo imparato ormai a conoscere: il coronavirus.
Il racconto di Federica, una giornata da volontaria
«Mi sento di scriverla, così che fb il prossimo anno mi ricordi di questa giornata (anche se non la dimenticherò mai).
Arriviamo a Torrette io Lori e Fausto, in tre nel furgone, ma ognuno seduto a debita distanza e già lì mi fa talmente strano che d’istinto dico, perché non ti siedi avanti? Ah, vero: dobbiamo rispettare le regole!
Ma… la cosa che più mi ha spiazzato era indossare quella mascherina, quella sensazione claustrofobica, poi “umida”, il sudore che non ti puoi asciugare e quella voglia di aria fresca che passa in secondo piano perché “col cavolo che me la tolgo!“.
Montiamo la prima, la seconda, la terza e la quarta tenda, inseriamo i letti e lì mi prende il magone, il pensiero più grande, però, non va ai futuri pazienti ma a quei dottori e infermieri che ogni tanto ci vengono a far visita per vedere se tutto va bene.
E loro? Loro sono lì sempre ed io sto soffrendo per 4 ore di mascherina? Ma quanto posso esser stupida…
Ci spostiamo a Jesi, altre due tende, e lì mi trovo medici e infermieri avvolti da una tuta, i loro volti coperti lasciano intravedere uno sguardo attento.
Poi torno a casa, butto tutto ciò che avevo a terra per poi buttarmi a mia volta sotto una doccia bollente, la paura ha preso anche me! Che dire, grazie di cuore a tutti coloro che operano negli ospedali per questa battaglia che state affrontando in solitaria, perché c’è troppa superficialità ed io sono la prima a chiedervi scusa.
E grazie alla grande famiglia della Protezione Civile. L’ho fatta lunga lo so.
Statevene a casa, aiutiamoli e aiutiamoci».
Pino Nardella
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