Segui QdM Notizie

Cronaca

Jesi Gabriele Galdelli: «Stare sempre a fianco degli ultimi»

Tre settimane fa la sua foto con Marxford, il senzatetto che aveva accompagnato in Ghana, ha fatto il giro dei social, oggi racconta del suo lavoro di operatore della Caritas

di Tiziana Fenucci

Jesi, 3 febbraio 2023 – Era stato proprio Gabriele Galdelli, tre settimane fa, a riaccompagnare a casa Marxford, il senza tetto del Ghana che da 9 anni viveva a Jesi e da 4 girovagava senza fissa dimora tra la tenda in campo Boario e i centri di accoglienza della Caritas.

Un viaggio di tre giorni, in cui Gabriele e Marxford hanno concluso insieme un percorso di assistenza e amicizia iniziato tanti anni prima, già da quando l’operatore della Caritas lavorava al Gus, all’accoglienza dei migranti, e proprio lì lo aveva conosciuto.

Gabriele Galdelli

Gabriele raccontaci di Marxford e spiegaci, cosa significa per la Caritas gestire il rientro di un immigrato?

«Ci tengo a dire che anche se fisicamente sono stato ad accompagnare Marxford a casa, dietro c’è un lavoro di squadra enorme, sia tra noi operatori e volontari Caritas, che tra le figure istituzionali che hanno attivato la macchina burocratica necessaria a ottenere il tanto desiderato , Avevo conosciuto Marxford già nel precedente lavoro, in cui mi occupavo di accoglienza dei migranti. Il primo momento difficile, per loro, è proprio quando, dopo aver terminato il percorso di accoglienza, devono buttarsi nel mondo del lavoro e integrarsi nella città in cui si trovano».

«Marxford, come tanti altri immigrati, era venuto in Italia in cerca di lavoro, per mandare a casa i soldi necessari a mantenere la sua famiglia in Ghana. Nel suo Paese faceva l’insegnante e forse, proprio per questo, i familiari hanno visto in lui la persona che più di altre poteva farcela ad affrontare il viaggio, prima tappa la Libia poi l’Italia, trovare lavoro e diventare il ponte economico per tutta la famiglia. In realtà molti di loro non sanno che solo per affrontare il viaggio vengono prosciugati di tutti i risparmi che hanno con sé e, arrivati in Italia, la vita non è poi così rosea come l’avevano immaginata. Anche per Marxford è andata così».

In questi casi, quali sono i compiti di un operatore Caritas? E quali problematiche umane e burocratiche insorgono?

«Il compito di noi operatori è quello di mantenere la persona intercettabile, andarla a cercare nei posti che frequenta o alla tenda dove dorme, tenerlo sotto controllo, dargli appuntamenti per parlare del suo futuro, proponendogli corsi di formazione, soluzioni lavorative, convincendolo a venire alla mensa a mangiare un pasto caldo e quando le strade tentate sono finite, proporgli anche l’ipotesi di fare ritorno a casa sua. Ci sono varie motivazioni che spingono gli immigrati a partire dal loro Paese, spesso c’è il movente economico, oppure scappano in fuga dalla guerra dalla loro famiglia».

«Ma nella maggior parte dei casi il ritorno a mani vuote, senza soldi e senza valigie, come nel caso di Marxford, rappresenta una grande sconfitta da affrontare e noi operatori dobbiamo intervenire a sostenerli, soprattutto con l’ascolto. E’ un rapporto di fiducia che si costruisce lentamente, molti di loro hanno un grande bisogno di parlare e di raccontare la loro storia e le preoccupazioni per il futuro. Così con Marxford, una volta decisa la soluzione del rientro, si è attivata una macchina burocratica fatta di passaggi complessi».

Gabriele Galdelli e la sua collega Maria Laura Berti

«Tra i problemi più frequenti che riguardano gli immigrati c’è proprio quello di restare bloccati nel Paese in cui si è venuti, di solito per scadenza dei documenti, il che significa che la persona resta irregolarmente nel Paese, perché il permesso di soggiorno è scaduto e può essere rinnovato solo con la presenza di un contratto di lavoro, ma d’altra parte non può neanche tornare a casa, se non si ha un passaporto valido».

 «E’ difficile ritrovare dei documenti che attestino in modo inequivocabile la nazionalità dell’immigrato, come è stato nel caso di Marxford, in cui si sono attivati diversi soggetti istituzionali tra cui Asp, Comune di Jesi, le ambasciate italiana e ghanese ed è servita la collaborazione dei familiari che hanno dovuto fornire una serie di prove e vecchi documenti, che testimoniassero la sua provenienza. Fino all’emissione da parte dell’ambasciata ghanese in italia del lasciapassare».

«In altri casi si resta bloccati perché le forze dell’ordine accertano l’irregolarità della posizione dell’immigrato ed emettono un foglio di via per il rimpatrio forzato, documento a cui, nella maggior parte dei casi, non fa seguito un viaggio di rimpatrio. L’organizzazione di un volo per i rimpatri prevede un processo amministrativo e dei costi per cui non viene quasi mai organizzato, e il documento diventa solo un ostacolo per quelle associazioni private che organizzano periodicamente dei viaggi di rimpatrio, ma di fronte a un foglio di via non si prendono la responsabilità di trasportare l’immigrato».

Il gruppo di lavoro operatori Caritas: Deborah Pierangeli, Sofia Pellegrini, Letizia Taccaliti, Gabriele Galdelli, Maria Laura Berti e Margerita Mazzocchetti

Di cosa ti occupi in Caritas? Fai spesso viaggi di questo genere?

«Del viaggio di rientro mi sono occupato in questa occasione e mi è capitato un altro viaggio simile qualche anno fa, ma non è un servizio su cui è costruito un progetto. In realtà nell’ultimo anno il mio lavoro principale è stato gestire l’accoglienza delle famiglie ucraine, dopo lo scoppio della guerra. Una situazione di emergenza che ci ha richiesto di formare un gruppo di lavoro composto da operatori e volontari per la gestione di una serie di servizi dedicati a loro».

«Da marzo a dicembre 2022 abbiamo accolto 59 famiglie, per lo più donne o nonne con bambini, per un totale di 155 persone, a cui abbiamo offerto un alloggio, il servizio mensa, un supporto per l’acquisto di beni alimentari e la distribuzione degli indumenti, l’orientamento professionale e l’inserimento scolastico per i bambini».

«Nella nostra equipe di accoglienza io mi sono occupato di gestire gli alloggi e le situazioni d’emergenza, Maria Laura degli aspetti legali e amministrativi – e indica la collega di 26 anni, accanto a lui, che dopo il servizio civile, proprio in seguito all’emergenza ucraina, è stata inserita nell’organico di Caritas –, poi c’è Lorena che si occupa di gestire i rapporti con tutte le parrocchie che ci segnalano le famiglie, infine Debora che si occupa dei colloqui sociali con le famiglie. Ma la parte fondamentale e più operativa la fanno i volontari, ne abbiamo oltre 100, che si sono spesi profondamente nell’attivazione dei servizi e nell’accoglienza alle famiglie e seguono passo passo le esigenze di ognuna di loro».

Cosa ti ha lasciato l’esperienza con Marxford e quali sono i prossimi progetti sul fronte dell’accoglienza agli immigrati?

«Il viaggio di ritorno a casa è stato per Maxford un vero viaggio interiore in cui ha dovuto fare i conti con la consapevolezza di tornare al suo Paese a mani vuote. Abbiamo trascorso quelle ore in assoluto silenzio. Ad attenderlo all’aeroporto c’era un nipote per lui irriconoscibile, dopo 15 lunghi anni lontano da casa. Quando ci siamo salutati sono stati attimi molto toccanti, il legame che avevamo era ormai profondo, ho partecipato a tutte le sue fasi di trasformazione. Ora Marxford deve fare i conti, a sua volta, con una famiglia trasformata».

«Abbiamo continuato ad assisterlo anche nei giorni successivi al suo rientro con continue chiamate ai familiari per cercare di trasmettere loro le difficoltà e il percorso che Marxford ha dovuto affrontare in Italia, adesso sembra che la famiglia abbia capito e che anche lui si stia adattando ai cambiamenti trovati».

«Il nostro gruppo di lavoro sta pensando di organizzare viaggi in quei Paesi dell’Africa che scelgono l’Italia per emigrare, per raccontare alla gente la vita reale che si prospetta dopo aver lasciato la propria terra. Tra loro circolano falsi miti di ricchezza e denaro facile che li spinge a una scelta non consapevole. Ecco, vorremmo informarli di ciò che realmente si troveranno di fronte. Per il resto continuerò ad alimentare il mio impegno nel sociale, la mia vocazione di stare sempre a fianco degli ultimi».

©riproduzione riservata

News