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JESI GERMAN LEON MENDEZ, IL POETA DELLA TAVOLOZZA CHE AMAVA JESI

La sua opera “Integrazione” ha precorso i tempi: dalla città gemellata di Waiblingen è venuto diverse volte, gli piaceva diventare come un clown in mezzo ai bambini in piazza della Repubblica o in piazza Federico II

JESI, 9 luglio 2019 – “Quando morì il poeta…”, cantava Gilbert Becaud. E German Leon Mendez era un poeta, solo che scriveva i suoi versi, la sua filosofia, i suoi timori e le sue gioie sulla tela.

Era profondamente intelligente e voleva sapere tutto su quello che lo circondava, ma soprattutto il tuo pensiero. Era colombiano, un funambolo coi suoi colori e la sua tavolozza, aveva un senso dell’amicizia e della stima al di là di ogni ragionevole dubbio.

È venuto a trovarci diverse volte a Jesi, amava la nostra città, amava i bambini, gli piaceva farli ridere, in piazza della Repubblica o in piazza Federico II, in un momento diventava come un clown, un Fregoli anche lungo le strade della nostra città, solo per farli sorridere. Pur parlando in tedesco e in spagnolo. Con gli Onafifetti non aveva segreti, ci volevamo bene da anni. L’ultima mostra che avevamo visitato insieme a Stoccarda, era imperniata su di una antologica dedicata a De Chirico. Una meraviglia. A Waiblingen – città con noi gemellata – , a casa di Doris Von Au, la sua compagna, abbiamo rivisto nei giorni scorsi un quadro che “ripresenta” la vera e originale avventura di German, che ha “rappresentato ” l’oggi come lui l’aveva dipinto, come vedete, nel 2015.

L’opera “Integrazione”

Doris Von Au

Doris Von Au e German Leon Mendez

Il titolo è “Integrazione”, chissà se quattro anni fa lo ha ideato immaginando il futuro, quello che viviamo, leggiamo e vediamo quotidianamente, paragonandolo col suo essere stato emigrante dalla sua Colombia in Germania, per studiare architettura e fare l’artista, cioè quello che voleva e sentiva di essere e che gli aveva fatto lasciare la sua terra.

Con mille problemi di sopravvivenza quotidiana, di lingua, di cultura. Allora, di ritorno da Waiblingen, dove siamo stati, alcuni giorni fa, dopo aver visto e rivisto questo lavoro di 55 x 58 centimetri, abbiamo pensato che German aveva anche precorso i tempi.

Colori arcobaleno della pace a fare da sfondo e una impronta digitale minacciosa. Peccato se ne sia andato, nella primavera del 2017, prematuramente e tragicamente. A noi rimane quel suo sorriso dolce come un abbraccio, impossibile dimenticare la sua fragorosa risata e le infinite chiacchierate, seduti con Doris al nostro fianco, sul concetto di dignità e libertà.

E lo abbiamo immaginato vicino al suo lavoro, ma non c’era bisogno di spiegazioni, fra noi.

gli Onafifetti
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