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JESI CON GLI ONOREVOLI LODOLINI E GRASSI RIVIVE LA GRANDE E TRAGICA STAGIONE DI ALDO MORO

lodo1JESI, 14 giugno 2016 –  La storia ci avvolge. E’ dentro di noi anche se non ce ne rendiamo, spesso, conto. Ed è stato molto molto interessante, ieri, 13 giugno, assistere  all’intervento dell’on, Gero Grassi, promotore della legge istitutiva della Commissione d’inchiesta parlamentare sulla strage di via Fani e sull’omicidio di Aldo Moro.

L’appuntamento, “Chi e perché ha ucciso Aldo Moro”, organizzato dall’on. Emanuele Lodolini, che in un primo momento doveva tenersi a palazzo Pianetti, si è declinato negli spazi del Consiglio comunale jesino, in una sala piena e attenta all’intervento di circa due ore affidato  all’on. Grassi.

Molte le personalità presenti, tra  le quali la presidente del Consiglio provinciale, Liana Serrani, il questore di Ancona Oreste Capocasa con il vice questore dirigente del commissariato di Jesi, Antonio Massara, il generale di brigata Salvatore Favarolo, comandante della Legione Marche dei carabinieri con il Comandante della Compagnia di Jesi, magg. Benedetto Iurlaro, il consigliere regionale Enzo Giancarli, il sindaco di Jesi, Massimo Bacci, che ha portato il saluto iniziale.

lodo5Aldo Moro «ben comprese l’importanza del dialogo oltre gli steccati ideologici e di partito, pagando con il sacrificio della vita il suo impegno e il sogno spezzato di un dialogo possibile e necessario con Enrico Berlinguer, e forte – afferma l’on. Lodolini – è il legame di Moro con il nostro territorio. In occasione dell’anno in cui ricorre il centenario della sua nascita vogliamo ripercorrere il racconto della vicenda del presidente della Dc, rapito ed ucciso dalle Brigate Rosse, attraverso la lettura dei documenti di Stato».

L’on. Grassi ama definirsi l’ultimo moroteo in servizio ed è «fermamente convinto che la verità sul caso Moro non è ancora emersa, ritenendo sempre valida l’espressione di Carlo Bo, rettore dell’Università dí  Urbino, che parlava, nel 1979, di delitto di abbandono».

Gira l’Italia per parlare di Aldo Moro e ha già tenuto dal 2014 ad oggi 300 manifestazioni sul tema.

«Quieta non movere – ha affermato l’on. Grassi – ma io non mi fermo perché ho l’ambizione e la speranza di potere dare, un giorno, giustizia ad Aldo Moro. Lo chiede questo nostro Paese, lo dobbiamo alle future generazioni che solo con la verità possono sentirsi completamente partecipi in una nazione più civile, più libera, più democratica».

Gli avvenimenti che investirono l’Italia in quegli anni di piombo trovarono il loro culmine nell’assassinio di Moro avvenuto il 9 maggio 1978 a seguito del tragico agguato di via Fani, a Roma, del 16 marzo, dove fu massacrata la scorta del presidente dc, due carabinieri e tre poliziotti.

Ma fu opera soltanto delle Br?lodo2

«Quattro milioni di pagine compongono il dossier su Moro, tra inchieste, commissioni d’indagine, testimonianze. Moro fu lasciato solo dallo Stato. Fu sacrificato. La sua morte era stata già decisa lo stesso giorno del suo rapimento». Lui che anche da professore, negli anni ’40 del Novecento,  insegnava come “ogni persona è un universo“.

Le Br c’entrano marginalmente. Si può dire che furono usate dai poteri forti, compresi i nostri servizi segreti deviati. Quel giorno in via Fani, emerge dalle parole di Grassi, c’era tanta gente, non solo i brigatisti. E tanta parte di quelle gente, a suo tempo, aveva giurato fedeltà allo stato democratico.

E’ l’Italia delle stragi, dei misteri mai risolti, del piano Solo, delle stragi sull’Italicus e di piazza Fontana, di Gladio, della P2, dello Ior di Marcinkus e del tentato colpo di stato. E’ l’Italia che ancora ha molto, troppo, da raccontarci e che ancora, a distanza di anni, non lo ha fatto.

(p.n.)

 

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