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JESI GRANDE SUCCESSO PER MARINO CAROTTI E IL SUO “NÈ ACQUA, NÈ LUCE, NÈ STRADA”

Tutto esaurito per i due recital di presentazione del libro, a Palazzo della Signoria, per la “Notte dei Musei”

JESI, 22 maggio 2019 – La sera della cosiddetta “Notte dei Musei” pochi avrebbero pensato che quell’insensato di Marino Carotti, cantastorie, scrittore, storico del folclore che scava nelle nostre radici, avrebbe vinto la sua battaglia. Ben due presentazioni, una alle 22 alle 23 e, di seguito, sino alle 24, senza sosta, del suo libro “Né acqua, né luce, né strada” – Le Mezzelane Casa editrice – che hanno riscosso un così grande successo. Due recital (perché di questo si è trattato), con il tutto esaurito nella splendida cornice del Palazzo della Signoria.

Quando esce in libreria un volume scritto da un musicista, di solito si pensa a una autobiografia destinata ai fan che vogliono sapere di più, magari, su vizi privati e pubbliche virtù del loro idolo, del  loro mito. Bene, questo volume non è l’erudito trattato su come eravamo e come la cultura  e la spinta sociale abbiano cambiato usi e costumi. Sbagliato. Introdotto da una prefazione illuminante del professor Franco Musarra, che ricorda il Leopardi dello Zibaldone quando afferma: «Senza memoria l’uomo non saprebbe nulla, non saprebbe far nulla», Carotti e la sua compagnia di giro hanno impiantato un vero e proprio spettacolo.

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Marino Carotti

Complici il giovane violinista Mattia Console, il grande Francesco Sardella ai trucchi sonori, ai filmati, ai fuoco e fiamme a volontà, Cristiana Carotti alle letture della narrazioni contenute nel libro, Marino ha smanettato con la sua chitarra, ha cantato canzoni e ha  esibito la sua nuova ultima creatura, ancora inedita,Jesi la mia città”, che ha fatto sdilinquire la marea presente, e ha portato a casa un successo meritato ma impensabile di queste proporzioni. Evidentemente gli argomenti trattati, dal duro lavoro nelle filande, le attività stagionali, l’allevamento del baco da seta, i cordai, i carrettieri, i cantastorie, i suonatori di organetto e le questue, i girovaghi e i mendicanti, i sacrestani, la religione e le processioni, gli aspetti magici e superstiziosi del sapere contadino, le strutture e le gerarchie familiari, le scampanate notturne di protesta e le serenate, le sfide tra paesi confinanti, le fiere del bestiame, hanno colpito e affondato i cuori e le menti dei tantissimi giovani che ascoltavano, applaudivano e accompagnavano il musicista. Una serata da non dimenticare, una faticaccia, e ve l’assicuro io, che c’ero per due volte di fila, seduto a quel tavolo. Ma con gli occhi sbarrati dalla soddisfazione. Ovviamente per Marino, dovete conoscerlo meglio, con lui non vale, almeno non del tutto, il motto se lo conosci, lo eviti.

No, lui ti prende la chitarra e ti porta in mondi in cui anche il “cantastorie” Guccini si era immerso, quando in un’immagine di eccezionale poesia, fa sedere un nonno col nipote su di una collina, guardano quella che una volta era la campagna sotto di loro e fa dire al vecchio: «E il vecchio diceva, guardando lontano, immagina questo coperto di grano, immagina i frutti e immagina i fiori, e pensa alle voci e pensa ai colori, e in questa pianura, fin dove si perde, crescevano gli alberi e tutto era verde, cadeva la pioggia, segnavano i soli, il ritmo dell’ uomo e delle stagioni…».

Poesia pura, come quella che pervade le pagine del libro di Marino Carotti. Perché non contaminata e senza olio di palma, ve l’assicuro.

Giovanni Filosa

©RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

 

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