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Cronaca

JESI Hajar Drissi, cittadina italiana: «Mi sento privilegiata»

La 23enne: «Dopo più di 15 anni ce l’abbiamo fatta, ce l’abbiamo fatta io e la mia famiglia, perché non è solo una mia battaglia, ma è la nostra»

JESI, 27 luglio 2021 – «Dopo più di 15 anni ce l’abbiamo fatta. Ce l’abbiamo fatta io e la mia famiglia, perché non è solo una mia battaglia, ma è la nostra battaglia, e continua ad essere la battaglia di più di un milione di persone là fuori».

Hajar Drissi ha 23 anni ed è cittadina italiana: nata in Marocco, vive nel nostro Paese da 15 anni.

Hajar Drissi

Diplomata alle Scienze Umane del Liceo Vittorio Emanuele II di Jesi, ora sta frequentando la Magistrale in Relazioni internazionali all’Università di Bologna. Quando frequentava la triennale ha vinto una borsa di studio per il Belgio, era la prima in graduatoria per soli due posti.

«Sebbene si trattasse di un progetto europeo ho dovuto fare avanti e indietro all’ambasciata belga di Roma svariate volte: una pratica infinita per trascorrere sei mesi a Bruxelles».

Ora andrà a Parigi per un’altra borsa di studio e quella trafila burocratica sarà solo un lontano ricordo perché adesso Hajar è cittadina italiana.

«Il mio permesso di soggiorno in Italia all’inizio era di breve durata, poi dopo cinque anni qui lo rinnovavo ogni due anni: questo almeno nel mio caso. La cittadinanza arriva dopo dieci anni di residenza continuativa ma l’attesa costa altri 4 anni con i decreti Salvini, tre invece quelli attuali. Tra i requisiti più discriminanti, secondo me, c’è quello economico: occorre avere un reddito continuativo di almeno tre anni che io, essendo studentessa, non ho come non lo hanno i lavoratori a chiamata o gli stagisti, ad esempio».

La famiglia di Hajar ha potuto aiutarla in questo senso.

«Devo ringraziare gli sforzi dei miei genitori, per questo mi sento privilegiata: altri non hanno la mia fortuna nonostante vivano in Italia da tanti anni».

«Sono felice? Sì, sono felice perché posso andare a Parigi senza dovermi fare mesi di file e ansie interminabili per ottenere un visto, perché non andrò mai più a fare le impronte in questura, perché alle prossime elezioni potrò votare, perché posso considerare l’idea di fare concorsi pubblici, perché non potrò più essere minacciata di essere “rimandata a casa miase mai non dovessero rinnovarmi il permesso di soggiorno».

«Ma allo stesso tempo sono tanto amareggiata dal fatto che ci sia voluto così tanto e del fatto che altre persone ci mettono il doppio del mio tempo. Amareggiata dalle tante sofferenze che abbiamo subito prima di arrivare fin qui, da tutte le volte che ci siamo sentiti impotenti di fronte ad una legge che ci ha discriminato in mille modi. Amareggiata dal fatto che da oggi la situazione è cambiata per me, ma non per quel più di un milione di persone italiane ma non riconosciute tali: loro, le discriminazioni da parte dello Stato, le subiranno ancora a lungo. Ed è per questo che non smetterò mai di lottare per loro e per chi arriverà dopo di me». 

Dopo l’esperienza a Parigi, Hajar continuerà a impegnarsi per una riforma della legge sulla cittadinanza.

«Una legge che definisce chi è cittadino e chi no, cioè la pietra miliare della democrazia. Una legge di trent’anni fa che non rispecchia più l’Italia di oggi: quanto tempo dobbiamo aspettare ancora prima che cambi qualcosa? Ne vale la qualità della democrazia del mio (ora posso dirlo) Paese.  E’ un problema di tutti noi, mio, tuo, e di tutti».

Eleonora Dottori

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