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Jesi Il Federico II di Mimmo Paladino in mostra a Palazzo Santoni

L’esposizione sulla scia del “De arte venandi cum avibus” visitabile fino al 22 maggio prossimo

Jesi, 28 aprile 2022Federico II non finisce mai di “stupire. Il suo lascito di oltre 1000 anni fa ha ancora il potere di catalizzare l’attenzione di chi detiene la capacità di saper trasferire  i propri messaggi attraverso l’arte, sia essa quella della parola ed ecco i romanzi o quella della materia con scultura, pittura, incisione. Su questa scia ha preso il via la mostra dedicata a Mimmo Paladino a Palazzo Santoni (foto in primo piano), aperta fino al prossmo 22 maggio.

Quando la professoressa Anna Laura Trombetti Budriesi  – la team leader del comitato scientifico che insieme alla Fondazione Federico II Hohenstaufen ha realizzato il Museo multimediale, ma soprattutto la maggiore esperta italiana di falconeria, autrice nel 2000 della traduzione del De arte venandi cum avibus” federiciano, giunta per la  casa editrice Laterza alla nona edizione e per la quale ha vinto la quinta edizione del premio letterario internazionale  Federico II – ha segnalato che l’artista tra i più rappresentativi dell’espressione artistica del 900 e attuale, Mimmo Paladino aveva realizzato 11 incisioni su quello che viene considerato il capolavoro della sapienza del nostro imperatore, immediatamente ci si è resi conto di non poter farsi sfuggire l’opportunità di essere i primi a veicolare nella città di nascita il messaggio di un esponente così di spicco della cultura artistica contemporanea.

Ciò è stato possibile grazie alle Edizioni d’Arte Berardinelli che hanno messo a disposizione  l’opera, alla collaborazione della Amministrazione comunale per gli spazi, soprattutto quello espositivo di Palazzo Santoni, alla Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi che da tempo porta avanti un progetto di ampio respiro sull’arte contemporanea con un serie di iniziative di alto spessore tali da funzionare da effetto catalizzatore, come le recenti mostre realizzate, al Liceo artistico Edgardo Mannucci con la classe III A coordinata dal professor Massimo Ippoliti  – anch’egli un federiciano della prima ora, autore della fusione in bronzo del monumento a Federico II – che hanno allestito la mostra inaugurata sabato 23 aprile e potrà essere visitata fino a domenica 22 maggio nello spazio espositivo di Palazzo Santoni nella sua doppia valenza di edifico storico, la cui costruzione è fatta risalire al Duecento e nella sua posizione nella Piazza dove il nostro imperatore è nato, di fronte al Museo multimediale articolato in 16 sale a lui dedicate.

L’inaugurazione è avvenuta nella Sala Maggiore del Palazzo della Signoria dalle punte di diamante del versante storico con Anna Laura Trombetti Budriesi e del versante della critica d’arte con Flavio Aresi. In realtà è stato lo stesso Maestro Mimmo Paladino a suggerire il nome di Flavio Arensi che da tempo è il suo critico d’elezione sin dal 2011, quando a Milano tra  Palazzo Reale, Piazza Duomo  e l’Ottagono della Galleria Vittorio Emanuele, ne ha curato una famosa monografica prendendo in esame oltre trent’anni dell’attività dell’artista campano, attraverso un nucleo di oltre 50 opere, tra cui 30 dipinti di grandi dimensioni, sculture e installazioni.

Ecco come il critico ha inquadrato l’opera in mostra

La figura di Federico II all’interno del percorso artistico di Mimmo Paladino, per quanto ormai ampiamente testimoniata, è resa sotterranea più che manifesta. Sin da 11 anni fa  a partire dalla xilografia  “Stupor mundi” è abbastanza raro il richiamo esplicito nel titolo di un’opera, e su tutta la produzione incisoria – dove pure sono molti i simboli che ricordano l’Imperatore – restano esigui i rimandi diretti  fino alla recente suite “De Arte Venandi cum Avibus” (L’arte di cacciare con gli uccelli), a illustrazione dell’omonimo trattato federiciano. Eppure è noto che Paladino medita da lungo tempo su un film dedicato allo svevo, e molte sono le affinità che emergono nella gestione degli spazi, dove architettura e scultura divengono punto sincretico. Il rigore geometrico-alchemico dell’architettura e più in generale del sapere federiciano, sintetizzano l’incontro fra gli aspetti più nobili di tre civiltà, la cristiano-latina, la greca e l’araba, e non si dimentichi la cultura delle diverse popolazioni meridionali, che già di per sé avevano filtrato a proprio modo ognuno di questi animi. Tale affinità si ritrova nella sua capacità dell’artista di mettere insieme elementi semanticamente divergenti, eppure in armonia. È la libertà del pensiero che si può intrecciare con altri pensieri, forme con altre forme, in un nuovo linguaggio popolare, ma dai contenuti colti, o viceversa colto ma apertamente popolare. Senza dubbio il fascino di Federico (la testa, il guanto, la stella, il falco) appaiono spesso nell’iconografia che Paladino converte di senso in base all’esigenza, in maniera quasi alchemica, borgesiana. Si pensi solo alla scultura, all’armonia geometrica della disposizione, che non risulta mai artificiosa. Del 2018 è, per esempio, il “Muro longobardo” nel giardino di Palazzo Citterio – Brera a Milano. Lì il tessuto pietroso è disposto in una partitura ritmica organizzata (per quanto apparentemente casuale) dove si innestano alcune incursioni scultoree: molto evidente nel progetto iniziale, di cui resta un bozzetto in archivio, la regola deriva da uno stretto confronto con l’architettura federiciana e longobarda, che riprendevano frammenti romani di recupero per i propri nuovi edifici. Paladino, di fatto, spesso usa il ritrovamento come escamotage per spezzare un’abitudine di sguardo e creare qualcosa di nuovo, per costruire una inedita visionarietà linguistica: libera, ricettiva, però attenta a mantenere un legame vivo con la storia.

La mostra potrà essere visitata a Palazzo Santoni fino a domenica 22 maggio, esclusi i lunedì e domenica 1 maggio, dalle ore 10 alle ore 12,30 il mattino e dalle ore 16 alle ore 19 il pomeriggio. 

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