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Jesi “Il turco in Italia”, l’opera rossiniana torna al Pergolesi dopo 205 anni – Video

Il dramma buffo in tre atti su libretto di Felice Romani, composto nel 1814 per il Teatro alla Scala di Milano, andrà in scena venerdì 8 novembre e domenica 10, anteprima per le scuole il 7

Jesi – Un grande ritorno al Teatro Pergolesi per la 57ma Stagione Lirica di Tradizione curata dalla Fondazione Pergolesi Spontini. Torna, dopo 205 anni di assenza dal palcoscenico jesino, Il turco in Italia” di Gioachino Rossini, dramma buffo in tre atti su libretto di Felice Romani, composto nel 1814 per il Teatro alla Scala di Milano.

L’opera va in scena venerdì 8 novembre ore 20.30 e domenica 10 novembre ore 16, con anteprima giovani giovedì 7 novembre ore 16, quale secondo titolo di un cartellone inaugurato con successo dalla “Vestale” di Spontini, e che proseguirà, dopo il titolo rossiniano, con la prima esecuzione in epoca moderna dell’opera “I Quadri Parlanti” di Gaspare Spontini, e “La Traviata” di Giuseppe Verdi.




Al Pergolesi, l’opera “Il turco in Italia” fu rappresentata solo una volta, nel 1819, cinque anni dopo il debutto scaligero e nell’ambito di un cartellone tutto rossiniano, con “L’inganno felice” quale secondo titolo della tradizionale stagione di Carnevale. Ora torna in una nuova produzione coprodotta da una cordata di teatri nazionali, con il Teatro Sociale di Rovigo capofila, e con Fondazione Ravenna Manifestazioni, Fondazione Pergolesi Spontini, Teatro Amintore Galli di Rimini, Fondazione Teatro Coccia di Novara, Fondazione Teatro Verdi di Pisa. L’edizione critica è a cura di Margaret Bent per Edizioni Ricordi.

Al centro dell’interpretazione del regista Roberto Catalano c’è un vero e proprio consumismo amoroso: con la sua collezione d’amanti, Donna Fiorilla, interpretata da Elena Galitskaia, incarna pienamente la frenesia dell’accumulo e il poeta Prosdocimo, ovvero Bruno Taddia (08/11) e Daniele Terenzi (10/11), è a caccia di una storia da raccontare e promuove, vendendo i sentimenti come merci.

Nahuel Di Pierro è il principe Selim, il turco del titolo che sbarca a Napoli e si invaghisce di Fiorilla al punto tale da proporne l’acquisto al marito Don Geronio (Fabio Capitanucci), mentre Francisco Brito è Don Narciso, gelosissimo amante di Fiorilla, e Francesca Cucuzza è Zaida, un tempo favorita del principe e salvata dalla rovina per intervento dell’amico Albazar, interpretato da Antonio Garés.

L’intervista

Sul podio dell’Orchestra Giovanile “Luigi Cherubini” c’è Hossein Pishkar, già allievo di Riccardo Muti nella sua Accademia dell’opera italiana. Il Coro Lirico Veneto è preparato da Giuliano Fracasso. Guido Buganza firma le scene, Ilaria Ariemme cura i costumi e Oscar Frosio le luci, la coreografia è di Marco Caudera. Maestro al fortepiano è Gerardo Felisatti.

«Attraversando il libretto di Felice Romani, ci si imbatte di continuo in situazioni che sono espressione di un desiderio spinto ai limiti della necessità di acquistare qualcosa che ancora non si possiede – spiega il regista Roberto Catalano –. Proprio Fiorilla, il personaggio che sembra non accontentarsi di ciò che ha, è colei che desidera tutto ciò che sa essere desiderabile per gli altri».

«In questa storia l’amore si vende e si compra esattamente come il vino e il caffè e gli esseri umani, proprio come accade alle cose, si vendono e si comprano a vicenda. Una serie di umani-prodotti che vivono in un mondo dove la pubblicità è talmente diffusa e infiltrata nel quotidiano da rendere equivoca la distinzione tra realtà e sogno, con la mente costantemente offuscata dalla potente e rassicurante luce di spot confezionati come promesse di futuro e felicità».

L’opera è affiancata dalla performance teatrale “Operadinner”, un insolito invito a cena per scoprire trama e personaggi, le guide all’opera in streaming e in presenza con il direttore artistico Cristian Carrara, ouverture open air, percorsi didattici e di ascolto dedicati agli studenti con il progetto Musicadentro che, dopo gli incontri nelle scuole, porta a teatro i ragazzi in occasione dell’anteprima giovani.

La Stagione Lirica del Teatro Pergolesi prosegue poi venerdì 29 novembre ore 20.30 e domenica 1 dicembre ore 16 (anteprima giovani mercoledì 27 novembre ore 16), con la prima esecuzione assoluta in tempi moderni de “I Quadri Parlanti” di Gaspare Spontini.

Chiude la stagione “La Traviata” di Giuseppe Verdi, nello storico allestimento degli specchi, frutto del genio inventivo dello scenografo Josef Svoboda, realizzato dall’Associazione Arena Sferisterio Macerata e dalla Fondazione Pergolesi Spontini, con riproduzione delle scene in scala ridotta a cura della Fondazione Pergolesi Spontini. Coproduzione con Fondazione Teatro Verdi di Pisa.

Note di regia

Attraversando il libretto di Felice Romani, ci si imbatte di continuo in situazioni
espressione di un desiderio spinto ai limiti della necessità di acquistare qualcosa che ancora non si possiede.

Infatti, constatazioni quali “non si dà follia maggiore dell’amare un solo oggetto” o frasi come “se Fiorilla di vender bramate io la compro” e ancora “cento donne intorno avete; le comprate e le vendete” o “io non vendo mia moglie a persona […], io mia moglie l’ho presa per me”, ricorrono sparse lungo tutta la narrazione.


Proprio Fiorilla, il personaggio che nell’opera sembra non accontentarsi di ciò che ha, è colei che desidera tutto ciò che sa essere desiderabile per gli altri. Ciò che la orienta verso l’oggetto desiderato non è scaturito da una volontà autentica, da un movimento interiore, tanto che lei stessa a un certo punto ammette di non essere davvero interessata al turco e, facendo riferimento ai sentimenti di Zaida per Selim, ci dice “abbia il suo turco, poiché io non lo voglio”.

Se la domanda di un certo bene cresce e quel bene diventa raro, Fiorilla lo rincorre. Perché lei, che non sa cosa vuole, certamente sa di volere ciò che gli altri non hanno. Vittima di un processo di accumulo che la fa muovere curiosa e vorace, Fiorilla non compie mai adulterio ma ci si dirige contro, per necessità di libertà, per divertimento, per slancio vitale verso una vita che lei desidera stimolante e sempre nuova.

In lei risiede la morale dell’opera che, coerentemente con lo spirito del tempo, prevede che gli uomini la aggiustino correggendone la traiettoria e riportandola al ruolo di moglie fedele.

La necessità, per chi scrive, è stata quella di intercettare nel suo ruolo il tratto universale di
un’umanità vittima di stimoli costanti, per cercare di dare al suo personaggio non l’accezione dell’essere umano guasto che va aggiustato, ma quella di una vittima perfetta, sulla cui fragilità è possibile lucrare.


Fiorilla, per i tratti delineati, è dunque la vittima perfetta di questo sistema.
Colei su cui la macchina della creazione del desiderio è sempre efficace e la induce a comprare tutto quello che le si vende, in questo mercato di sentimenti dove non ci sono più linee di confine fra oggetti e persone. Lo sono anche Geronio e Narciso, dipendenti anche loro dall’impossibilità di rinunciare a tutto quello che a loro si offre.


Ciò che in questo mondo i personaggi provano, è un abito indossato, un prodotto da consumare; nessuno, a parte Zaida e il suo sincero amore per Selim, prova autenticamente qualcosa. Lei che, insieme ad Albazar, si è infiltrata nell’ingranaggio deputato alla promozione e vendita di tutto ciò che in questa storia viene desiderato, usato e in fretta dimenticato.

Ma Fiorilla è anche colei che in prossimità della fine dell’opera, rifiutata per gioco dal marito, vivrà una rivelazione, un risveglio che la indurrà di colpo a rinunciare e a disfarsi di tutto ciò che per una vita intera ha accumulato: “vani ornamenti, che fate meco omai! Itene tutti, itene sparsi a terra; io vi calpesto, cagioni de miei falli, e vi detesto”.

È di fatto una liberazione, pagata al prezzo della rivelazione del vuoto che porta dentro.
Un autentico ritorno a se stessa, a quello che forse è davvero: nello spazio che trabocca di oggetti desiderati ormai morenti, c’è una scintilla di vita.

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