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JESI LA CITTÀ SI RACCONTA: QUANDO DALLE FILANDE S’ALZAVA IL CANTO DELLE “SEDAROLE”

Video "Le Sedarole"

JESI, 4 luglio 2018 – Una serata che si è dispiegata, ieri sera, attraverso quel mezzo secolo – dagli albori del ‘900 alla metà degli anni ’60 – che ha contraddistinto la storia della nostra città, l’epoca delle “sedarole“, di quelle filandaie che con il loro duro lavoro hanno lasciato un’impronta indelebile nell’economia di Jesi.

via San Giuseppe

A San Giuseppe partecipazione di un pubblico molto interessato

Con il  progetto della sezione cittadina di Italia Nostra, “La città si racconta“, il tempo delle filande è ritornato in primo piano grazie alla ricerca, anche sul campo, svolta da docenti e alunni delle prime classi dell’istituto comprensivo Federico II che hanno rivisitato le vie di Jesi recuperandone radici e senso storico: nella circostanza, appunto, via Setificio, via del Cascamificio e via della Filatura.

E sulla filanda si sono accese le luci, in via San Giuseppe, proprio sotto il terzo nuovo murale, realizzato da Alleg, inaugurato il 24 aprile scorso sulla palazzina del civico 21. Un murale che rende omaggio alla laboriosità degli jesini.

Franca Tacconi

Franca Tacconi ha condotto la serata

Un lavoro interdisciplinare quello degli alunni, che hanno ascoltato testimonianze, poesie, storie popolari, conosciuto il gelso e il baco da seta, vissuto il laboratorio sensoriale con le varie tipologie di tessuti, si sono avvicinati al lessico degli antichi mestieri. Visitato le vie prese in considerazione e visto da vicino gli edifici che un tempo erano sede delle filande, attualmente ristrutturati e resi residenziali. C’è stata anche una parte dedicata alla musica, con l’interpretazione della canzone “È ffinidi i bozzi boni” e un’altra più teatrale, con un dialogo in dialetto affidato a due attori che interpretavano una filandaia e il suo spasimante. E tutte queste esperienze le hanno raccontate e proiettate.

Gastone Pietrucci e Marco Gigli

Gastone Pietrucci e Marco Gigli, La Macina

I protagonisti dell’evento, che ha avuto come scenario il cuore del quartiere, c’erano tutti, presentati via via da Franca Tacconi, vice presidente della Fondazione Federico II Hohenstaufen: una stretta collaborazione che ha visto gli interventi del Gruppo di ricerca e canto popolare La Macina, con Gastone Pietrucci e Marco Gigli che hanno riproposto alcune canzoni delle “filandare”. Della Fidapa – Federazione italiana donne arte professioni affari – con  la past president Antonella Ricci e la socia Letizia Saturni, per la collaborazione al volume (2012) di Catia Scisciani “Trame di seta dalla filanda… la voce delle donne“. Di Sergio Olivieri, figlio dello scomparso Geniale – agosto 2016 – , cantore per immagini di Jesi, del quale è stato proiettato un bellissimo video documentario (1977), “Le sedarole“, accompagnato dalla voce di quello che fu un altro grande narratore di “cose” jesine, Giuseppe Luconi.

Luca Butini, Costantina Marchegiani, Simona Cardinali

Luca Butini, Costantina Marchegiani, Simona Cardinali

Dell’assessore alla cultura, Luca Butini, e di Simona Cardinali dei musei civici, la quale ha riproposto il video “Soviet Peppe“, di Alessandro Tesei, sulla realizzazione del murale. Della presidente di Italia Nostra, Costantina Marchegiani, di Massimo Fabrizi, dirigente dell’istituto comprensivo Federico II, accompagnato da una rappresentanza degli alunni e dai docenti che hanno dato vita al progetto: Greta Scorcelletti, Ilenia Giulietti, Edmonda Pigliapochi, Maria Cristina Brutti, insegnanti di lettere; Maria Alessandra Bini, Claudia Cantamessa, Elena Rondina per le lingue; Paola Filipponi, Mara Tirotta, Maria Giovanna Bacci, per matematica e scienze; Catia Serini, tecnologia; Roberto Sbarbati e Mauro Fabbri, musica. E non poteva mancare, Enrico “Righetto” Bernardi, in rappresentanza dei residenti della palazzina che si fregia del murale “Jesi Laboriosa“.

Antonella Ricci e Letizia Saturni

Antonella Ricci e Letizia Saturni

L’ultima filanda ad arrendersi ai tempi che cambiavano, nel 1966, fu lo stabilimento Carotti e con quella chiusura ci si lasciò alle spalle tutto un mondo composto da donne che avevano conosciuto in lunghe ore di lavoro – anche  12 di fila –  fatica, privazioni e sacrifici. Una storia che merita di essere raccontata e riproposta.

Ed è stato interessante ascoltarla su una strada, in mezzo alla gente, in un quartiere speciale, ricco di tanta umanità. Che vuole essere parte viva e attiva di questa città.

pino nardella

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