Cronaca
JESI Lamin: la storia di un sistema di accoglienza che ha fallito

22 Aprile 2021
Aveva aggredito una donna in Viale Papa Giovanni XXIII, il racconto dell’operatore della Caritas, Gabriele Galdelli: «Questo ragazzo è stato reso irregolare, ennesimo invisibile che chiedeva di essere ascoltato»
JESI, 22 aprile 2021 – L‘accoglienza fallisce quando un ragazzo di 24 anni diventa irregolare perché, per via delle sue condizioni psicologiche, non riesce a rinnovare in autonomia i documenti. La storia di Lamin, 24 anni, mette tante figure professionali con la faccia davanti allo specchio: se ognuno lavora per il suo orticello, la soluzione rischia di non arrivare. E’ solo collaborando, quando le istituzioni fanno rete, che gli ulltimi non saranno più invisibili.

Quella di Lamin è la storia di un giovane migrante che non è l’unica vittima di un sistema fallace. Lamin è arrivato dal Gambia circa 7 anni fa, all’epoca minorenne, affetto da disturbo
di personalità e ritardo mentale. E’ entrato in un progetto di accoglienza per richiedenti asilo a Jesi e così ha conosciuto Gabriele Galdelli: «Terminato il percorso d’accoglienza nei progetti per richiedenti asilo, a Lamin è rimasta solo la vita di strada, nessun lavoro possibile, nessun affitto di casa, nessuna prospettiva di crescita personale».
Lamin non ha saputo rinnovare autonomamente il suo documento diventando così uno straniero irregolare: trovato dalle forze dell’ordine a piedi in superstrada, era arrivato fino a Modena, si è visto consegnare un foglio di via dall’Italia, dall’Europa. La pandemia, le difficoltà oggettive di acquistare un biglietto aereo senza documenti e la fragilità psicologica di Lamin, che vive per strada, hanno complicato le cose finché a febbraio durante un colloquio in Caritas ha chiesto aiuto per tornare a casa e riabbracciare la madre.
«Lamin veniva tutti i giorni davanti alla Caritas con la speranza di avere buone notizie per il suo rientro in Gambia – spiega Galdelli -. Ci si è accorti di Lamin quando ha aggredito una signora lungo viale Papa Giovanni XXIII a fine marzo, lei è la seconda vittima di questa storia: solo così ci si è resi conto della situazione di questo ragazzo».
Insieme hanno preso l’aereo: Gabriele Galdelli lo ha accompagnato tappa dopo tappa senza perderlo di vista, accarezzandolo e rincuorandolo affinché Lamin facesse il lungo viaggio in serenità, l’unica cosa di cui ha avuto sempre bisogno.
La famiglia non lo vedeva da due anni, sono stati molto contenti di riabbracciarlo. Una storia di un’umanità profonda.

«Per giorni mi sono ripetuto che sarebbe andato tutto bene, non so ancora se lo dicessi a me stesso perché davvero ne ero convinto o perché avevo bisogno di un senso di tranquillità che mi facesse dormire la notte. La storia di Lamin è quella del fallimento del nostro sistema di accoglienza che di fatto lo ha reso irregolare: se ogni istituzione coltiva solo il suo orticello, senza fare rete, non avremo protocolli di sicurezza per situazioni di emergenza fondamentali per svolgere il nostro lavoro».
La determinazione della Caritas e quella di Gabriele hanno scritto il lieto fine.
Eleonora Dottori
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