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JESI “Live – Non è la Quaglieri”: l’ironia dell’attrice per stemperare l’emergenza

Spopolano su Facebook le quotidiane “pillole di leggerezza” di Federica

JESI, 3 aprile 2020 – “Live – Non è la Quaglieri”, la trasmissione ai tempi del coronavirus, la trovate su Facebook, basta cliccare e avrete sullo schermo quel meraviglioso volto di Federica Quaglieri, un’attrice jesina che nelle sue corde non ha soltanto il teatro, dove riesce ad essere nello stesso tempo un personaggio di sottile ironia o di raffinata satira ma anche con energiche corde drammatiche, soprattutto quando affronta la tematica della violenza, a partire da quella subìta dalle donne, o anche nelle parti cinematografiche che affronta sapendo che il Teatro le ha già insegnato tanto.

Ha sempre creduto nel “recitare è vita”, osservando con un occhio, comunque fuori dal coro, quanto ci sta succedendo intorno. È intelligente, Federica, il suo rapporto con il pubblico, metti in teatro, è diretto, empatico come la sua personalità.

Era in giro per l’Italia, teatro dopo teatro, da nord a sud, quando a un certo punto la macchina del destino ha cominciato a dare segni strani.

Non solo per lei, ovviamente, ma per tutto il mondo dell’arte e della cultura. Si è chiusa in casa, a Roma, ha buttato fuori dalla finestra i problemi di un futuro non incerto, ma per un bel pezzo insicuro, ha riflettuto e ha deciso. Vero, lei oggi legge, medita, scrive, studia, è in collegamento sui social. E scoppia la scintilla: creare un format che nasce allo scoccare della quarantena ai tempi del coronavirus.

«Ho fatto dal 25 febbraio al 1° marzo in lacrime – mi dice Federica -. Non era ancora emersa la drammaticità di questa cosa, ma ho capito da subito che non ritorneremo, almeno non presto, alla dimensione in cui noi, attori, vivevamo prima del contagio. Questo dramma lascerà degli strascichi enormi dal punto di vista psicologico, le persone avranno paura per tanto tempo. Io ho visto saltare come birilli le serate di “Tu di che karma sei?” e altri lavori che avrei dovuto fare sino a giugno. All’inizio non si comprendeva, non c’era ancora la percezione di cosa stesse succedendo. L’ultima serata l’ho fatta il 25 febbraio, ci sono state defezioni in teatro, ancora non se ne comprendeva però appieno il perché. Si parlava di un’influenza leggera ma mi sembrava strano che intanto venissero cancellate date di recite, una ad una».

«Poi l’onda delle informazioni, nel giro di un attimo. A un certo punto son cadute tutte le date, da nord a sud, e ho capito che stava andando all’aria tutto quello che avevo costruito. Prima che uscissero i decreti che limitavano movimenti, spettacoli, assembramenti pubblici, avevo degli amici di Milano e di Torino che mi dicevano: “Qui la gente muore”. Allora ho avuto subito paura, e dal 6 marzo mi sono chiusa in casa, a Roma, tanto ormai ero disoccupata. Ricordati che senza cultura (teatro, cinema, danza, lirica o quel che vuoi) nessuno può andare avanti. Anche dal punto di vista psicologico, non solo culturale. In casa, senza più teatro, continuo a fare dei corsi di formazione, fortunatamente via Skype, ma per il resto tutto è silenzio».

Come è nato il tuo format quotidiano che sta ottenendo consensi su Facebook per la sua originalità e intelligenza?

«Ho letto che tra i cambiamenti subiti dal Paese ci sarebbe stata anche la sospensione quotidiana del programma di Barbara D’Urso in tv. Mi son detta “Questa è un’idea su cui lavorare”, e ho pensato di creare uno spazio sui social, perché con tutto quello che stanno affrontando gli italiani, rinunciare anche alla D’Urso quotidiana è davvero troppo!!! Sarò io a fare, direttamente da casa, il programma, ovviamente dal titolo “Live – Non è la Quaglieri”».

Che, visto quotidianamente, si presenta come una rubrica di pillole di … saggezza, si può dire così?

«Sono pillole quotidiane di ironia che creo di giorno in giorno con i potenti mezzi a disposizione: creatività e telefono. L’intento è quello di portare una risata alle persone che in questo momento più che mai hanno bisogno di squarci di leggerezza. Perché leggerezza non è superficialità, ma saper affrontare le cose senza affondare».

Come nascono?

«Sinceramente, mi creo una traccia e ci lavoro. Non avevo mai fatto montaggio video, lavorato coi filtri, ho soltanto un baule di ricordi della mia attività teatrale, dal cabaret in poi. I personaggi che creo nascono sull’onda del coronavirus, ma poi, dopo la prima volta, devi dargli una vita, portarli avanti, visto che sono subito piaciuti. In sostanza, me li registro, li monto e ci ho aggiunto delle simpaticissime pubblicità asiatiche. Ti dico che in quei cinque minuti di video, in un momento in cui non c’è niente da ridere, noi ridiamo. Se faccio fatica a “rifare” la D’Urso? Assolutamente no, è semplice, è già comica di suo come si porge, come affronta gli argomenti col cuore in mano».

Hai qualche altro personaggio in preparazione, oltre a quelli che metti quotidianamente in video?

«Sto pensando alla “Rubrica della cultura”, in cui il mio personaggio leggerà poesie, poi il personaggio della dottoressa mi serve e lei rimarrà, poi la ragazzina Lidia, che rappresenta il niente come personaggio, considerati i tempi. Questo è un gioco mio, non ho direttive da parte di nessuno e neppure di una produzione. Non mi paga nessuno, faccio come mi pare e recito ma sono me stessa, tu lo sai».

Giovanni Filosa

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