Segui QdM Notizie

Cronaca

JESI Massimo Clementi, lo scienziato jesino che studia il Coronavirus

La donazione di Dolce&Gabbana a Humanitas University sostiene un network di tre diverse strutture italiane a supporto della ricerca scientifica

JESI, 21 febbraio 2020 – È arrivata un paio di giorni fa la notizia che Domenico Dolce e Stefano Gabbana hanno deciso di fare un’importante donazione – a nome del loro marchio e della loro azienda, Dolce&Gabbana – a Humanitas University per sostenere uno studio coordinato dal professor Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’istituto milanese, mirato a chiarire le risposte del sistema immunitario al Coronavirus Sars-CoV-2.

 

Mantovani mette al servizio della salute di tutti le competenze, sul “sistema immunitario”, del team da lui guidato, unitamente alla professoressa Cecilia Garlanda, e quelle sui “virus” della professoressa Elisa Vicenzi e del professor Massimo Clementi (foto in primo piano) dell’Università Vita-Salute San Raffaele, i due scienziati che per primi in Italia hanno isolato – ricorderete tutti il dottor Carlo Urbani – il patogeno responsabile della Sars (cioè la sindrome respiratoria acuta e severa).

«Sentivamo di dover fare qualcosa – hanno dichiarato Dolce e Gabbana alla stampa – per combattere questo devastante virus che, a partire dalla Cina, sta colpendo l’umanità intera. In questi casi è importante fare la scelta giusta. È per questo motivo che abbiamo pensato che Humanitas University fosse l’interlocutore ideale. Supportare la ricerca scientifica è per noi un dovere morale, speriamo che il nostro contributo possa essere d’aiuto per risolvere questo drammatico problema».

Massimo clementi

Il professor Massimo Clementi

Il professor Massimo Clementi, ordinario di Microbiologia e Virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, prorettore alla Didattica dell’Università stessa e direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia, è un marchigiano, meglio uno jesino, da sempre impegnato nella ricerca.

«Stiamo parlando di D&G, una realtà imprenditoriale che è stata da sempre sensibile al mondo della scienza, della medicina e della ricerca scientifica – mi dice Clementi -. E lo hanno fatto per lo più in modo anonimo, un punto a loro onore, mostrando una sensibilità particolare. Un dovere morale che parte da chi sa di essere stato fortunato nella vita e vuole ricambiare quello che ha ricevuto, impegnandosi in prima persona per gli altri. La sostanza è che Dolce e Gabbana hanno finanziato un network di tre diverse strutture italiane: il laboratorio del professor Mantovani dell’Humanitas, il nostro laboratorio di virologia al San Raffaele, che studia i virus, soprattutto dopo l’esperienza che ci siamo fatti anni fa con la Sars, e il laboratorio dello Spallanzani, che è in prima linea nella diagnostica e nell’assistenza, creando una rete che vuol dire che tutti i ricercatori presenti nelle varie strutture collaboreranno, metteranno insieme le proprie forze, per debellare questo virus. Il problema più impellente per la ricerca, in Italia, non solo in medicina, è non perdere le persone intelligenti e brave che abbiamo. Tutte le volte che un mio allievo, capace e competente, se ne va all’estero, perché magari gli viene offerto anche un lavoro remunerato quattro o cinque volte quello che percepisce in Italia, vivendo fra l’altro lunghi periodi di precariato nelle situazioni più fortunate, come il nostro laboratorio, è come se mi privassero di una parte del mio lavoro. Questo impoverisce il nostro Paese».

Come è la situazione oggi circa lo sviluppo del cosiddetto Coronavirus?

Massimo Clementi«Io tengo il mio corso di lezioni di microbiologia all’Università da settembre a dicembre. Tutti gli anni, quando.capita di discutere i Coronavirus, alla fine delle lezioni, la domanda ricorrente è: professore, ma dove è finita la Sars? Tornerà? Io rispondo: Ragazzi, tornerà, perché questi sono virus che si rinnovano, sono ubiquitari, per cui vedrete altre epidemie, che non saranno quelle di Sars ma di virus della stessa specie. A gennaio, quando tutto ha avuto origine, i miei studenti hanno capito cosa intendevo. Sono convinto che finirà, al di là della preoccupazione che sta generando perché è un virus molto, molto contagioso rispetto a quello della Sars. C’è l’ipotesi che possa svilupparsi in Africa, dove non possono permettersi di isolare, come in Cina, una città di 11 milioni di abitanti. Speriamo solo che il clima africano non gli piaccia. Per questo ritengo che il vaccino, per la realizzazione del quale ci vorrà almeno un anno, arriverà quando questa epidemia probabilmente non ci sarà più, ma bisognerà subito porre le basi per mettere a punto interventi diagnostici e terapeutici che risolvano il problema. Perché si presenterà, fra due o tre anni, un altro virus. Potrebbe essere un Coronavirus diverso, pensa che tanto tempo fa alcuni Coronavirus dall’uomo sono stati trasmessi ai vitelli. La caratteristica di questi virus è quella di saltare da una specie all’altra e diventare patogeni. L’uomo deve stare attento adottando stili di vita che permettano a ognuno di essere quasi immune, è un modo per eliminare e difenderci dal nemico. Bisogna tener sempre viva, vivissima l’attenzione. Ci sono zone come l’Africa in cui, per esempio, si mangia carne di animali che potrebbero essere il bersaglio di quei micro organismi che ricevono e trasmettono così l’infezione».

Giovanni Filosa

©RIPRODUZIONE RISERVATA

News