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JESI “Miracle in the field”, il nuovo adrenalitico disco dei The Catfishers

Giovanni Filosa e Leonardo Bolognini

Brani squillanti, ricchi, pieni di vitalità e allo stesso tempo tristi o sincopati, una musica stupenda e vera: intervista al leader Leonardo Bolognini

JESI, 26 luglio 2021 – Se vuoi sentire il bluegrass marchigiano, vieni in campagna con me.

Mi inerpico su per via Montegranale, mi fanno le feste due deliziosi cagnolini (Era e Sam i loro nomi, per fortuna che mi conoscono) e, sotto un bersò dal quale si vede il San Vicino che ti pare di toccarlo, cominciamo a chiacchierare, io e Leonardo Bolognini, leader dei “The Catfishers”, dell’ultima fatica discografica sua e del suo gruppo.

L’atmosfera è bucolica, per quel che significa, certo non puoi pensare di vedere le distese di cotone e gli “schiavi” che lo colgono a ritmo cadenzato, in fondo a destra c’è il fiume Esino e rivedo le immagini del promo in b/n che mostrano un’evasione che poi…diventa un disco.

Una primizia musicale, una quindicina di canzoni alcune delle quali che farebbero ballare, sul loro ritmo, tanto sono coinvolgenti, anche il nostro Capo dello Stato.

Maestro Bolognini, non il regista, chiariamoci, come nascono certe perle musicali oggi che più fuggiamo dalla realtà che ci circonda più ci ricade addosso?   

Te lo spiego. Il titolo del disco è “Miracle in the field” e racconta un po’ la nostra storia, quella di fuggiaschi (evidente metafora, il gruppo rappresenta degli evasi che se non fuggissero e non trovassero degli strumenti, non potrebbero mai suonare e raccontare le proprie storie, ndr) ispirati direttamente dai fratelli Cohen, con un filo conduttore tra il serio e l’ironico. Perchè questo nuovo lavoro? Non me lo chiedi?

Certo: perché questo nuovo lavoro?

Come tutti, siamo purtroppo passati dal tanto al niente, ma ci hanno fatto riflettere e messo sul chi va là le richieste dei nostri follower, ne abbiamo tanti anche all’estero. Ci siamo dati da fare, per creare un bagaglio nuovo e non ripetere, per quanto possano piacere, vecchi brani. La band è cambiata, c’è il cantante Federico Fabbretti, ci sono io, Lorenzo Santinelli al basso, Francesco Baioni alla chitarra e Carlo Celsi al violino. Quando è nata la band, la sintonia fra di noi era perfetta, anche a livello di amicizia, se vuoi. Bene. Qui è ancora più forte, una grande voglia di stare insieme, creare qualcosa di nuovo e ogni brano che eseguiamo è come, con il nuovo arrangiamento, fosse nato ieri.  

Avete già debuttato, comunque…

Sì e nonostante quasi due anni di fermo, la nostra pagina social è sempre viva, visitabile, pronta ad aver dialoghi coi nostri amici che ci seguono con grande affetto e complicità. La nostra musica è considerata di nicchia, volevi chiedermi questo, vero?

Mi rubi le parole di bocca…

Vero, e se mi chiedi se riusciremmo, noi italomarchigiani, a scrivere ex novo qualche pezzo country o bluegrass – un genere di musica tipicamente statunitense, in cui sono confluite tradizioni musicali irlandesi, scozzesi e inglesi, una rivoluzione rispetto alla old-time music, in cui tutti gli strumenti suonano insieme la melodia o è un solo strumento a farsi accompagnare –  ti dico che ci si potrebbe riuscire. Mi passi il termine? Se me lo passi, e non ridere, abbiamo cercato di creare una sorta di “country marchigiano”, reale, suonato a nostro gusto, sicuramente con qualcosa di nuovo. Con una nostra sonorità, che esula dai confronti con quelle di altri gruppi, anche quelli che utilizzano gli stessi strumenti. Sinceramente, e questo ce lo hanno detto quanti ci hanno ascoltato, ne siamo molto soddisfatti. Come sappiamo e prevediamo – e tu il disco lo hai ascoltato tutto – che avrà sicuramente un posto nel panorama musicale non solo marchigiano.

Siete pronti, quindi?

Sì, non vediamo l’ora di lavorare all’aperto, dal Summer Jamboree in poi, ci divertiamo molto anche a vedere la reazione della gente. Abbiamo creato col pubblico un feeling particolare, insieme ci mettiamo in gioco, diciamo così. E questo è il “Miracle” che si ripete, un miracolo che sta nascendo dal grano, che è la base della vita.

Come si conquista un posto nel cuore del pubblico, oggi che c’è un insieme di musica di cui una buona parte è inascoltabile e non definibile neppure musica?

Non mi piace criticare i gusti degli altri ma ti assicuro che oggi pochi trentenni sanno chi è stato e cosa ha rappresentato, per esempio, Elvis Presley. Andiamo male ragazzi, almeno date un’occhiata indietro. Mi pare che molti non lo fanno. E si sente.

Arrivano i cani e per me è la fine: mi tocca evadere da Montegranale. Ma ci lascio dei brani adrenalinici, squillanti, ricchi e pieni di vitalità e allo stesso tempo tristi o sincopati, una musica stupenda e vera, vivace e avvolgente come le canzoni che mi ronzano ancora nella testa.

Mentre scendo a valle, sul mio Appaloosa…

Giovanni Filosa

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