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Jesi Nel libro di Laura Boldrini atto d’accusa sulla disuguaglianza di genere

“Questo non è normale”, presentato al Circolo Cittadino: «Tutto quello che concerne la donna è sempre un passo indietro con grandi e piccole disuguaglianze, sessismo, difficoltà»

di Giovanni Filosa

Jesi, 18 aprile 2022 – Insieme a Laura Boldrini, deputata, ex presidente della Camera e presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo, facciamo un salto indietro nel tempo, poco dopo la presentazione, al Circolo Cittadino di Jesi, dell’ultimo suo libro che «ha a cuore le donne in quanto donne, non solo come mogli, madri, angeli del focolare».

Ecco il salto temporale: siamo nella stagione teatrale 1972/1973. Giorgio Gaber scrive “Un’idea”, brano portante dello spettacolo “Dialogo fra un impegnato e un non so”, con testo modificato negli anni successivi, attualizzato al periodo storico. Ad un certo punto Gaber canta: “Ad una manifestazione di donne femministe, si parlava di prender coscienza e di liberazione, tutte cose giuste, per un’altra generazione”.

Laura Boldrini, il tuo libro presentato a Jesi, intitolato  “Questo non è normale – come porre fine al potere maschile sulle donne”, ci fa capire che anche dopo cinquant’anni dalla canzone di Gaber, nel rapporto uomo-donna, in ogni settore del vivere umano, non è cambiato nulla… 

«Hai ragione, l’Italia è rimasta molto indietro quando si parla di uguaglianza di genere. A un certo punto della nostra storia, senza sapere bene perché e come, si è verificato un allentamento di tensione sui temi dell’uguaglianza. Le conseguenze? Si è preso atto che i diritti non sono per sempre e che l’elemento culturale, per cambiare, deve avere un momento di rottura. In Italia questo momento non c’è stato. E di conseguenza stop assoluto. Oggi ci ritroviamo a vedere che in ogni momento nella vita delle donne ci sono grandi e piccole disuguaglianze, sessismo, difficoltà, e tutto questo va a svantaggio dello sviluppo del nostro Paese».

In molti Paesi d’Europa, e non solo, capi di Stato, primi Ministri, ai vertici di aziende e nel top management di numerosissime Holding internazionali, ci sono donne. Un mondo declinato al femminile. Perché?

«Perché da noi esiste la mentalità, sempre quella, cioè non dare fiducia alle donne, non offrire loro l’opportunità di mettere in atto le conoscenze acquisite, la loro esperienza. Vedi, di base c’è sempre il pregiudizio che risale alla conformazione della società Italiana, molto ma molto patriarcale. E’ come se tutto quello che concerne la donna, il mondo femminile, contasse di meno, fosse secondario, e allora la donna è sempre un passo indietro. Questa è la mentalità, purtroppo, e se in Italia gli uomini non fanno un salto di qualità e non si rendono conto che debbono fare la loro parte nella gestione della famiglia, dell’educazione dei figli, se non condividono i cosiddetti lavori di casa, capisci che è fondamentale un lavoro culturale molto profondo da affrontare. Ma diciamo anche che ci sono donne le quali, purtroppo, pensano che queste siano attività a loro riservate. Ed è stato sempre così, nel senso che normalizzano quello che non è normale».

Gli ostacoli, vergognosi e ignoranti, che hai incontrato in questi anni, quanto ti hanno fortificata nelle tue battaglie? 

«L’odio contro di me è stato costruito, a tavolino, e alimentato, attraverso campagne su campagne, create e mirate. Far west e far web, ho sempre sostenuto. Anni fa una parte della Lega, ti faccio un esempio, ha sollecitato una fetta dell’opinione pubblica – attraverso fake news ed alterazioni del mio pensiero – a scagliarsi contro di me. Come se io fossi la colpevole dei reati commessi da emigranti, o attribuendomi posizioni sull’immigrazione che non erano le mie. E’ un modo di fare politica molto vile, degradante che suscita commenti sessisti, violenza e le peggiori manifestazioni di odio. In Italia purtroppo ci si è arrivati nell’indifferenza generale. Allora ti rendi conto che la nostra democrazia non sta bene. Se noi ci abituiamo al peggio, alla fine diventiamo compartecipi di ciò che accade. Io non mi ci metto con chi si è abituato al peggio, faccio il mio lavoro a testa alta, porto avanti le mie idee, mi assumo le mie responsabilità, senza fare la vestale delle istituzioni. Mi interessano le battaglie che coinvolgono l’antifascismo, l’uguaglianza di genere, i diritti umani, l’odio in rete, realtà che a una parte del nostro Paese non piacciono. Sono una donna che riveste un ruolo di vertice, non mi nascondo anzi, porto avanti a testa alta queste lotte e se debbo essere messa alla gogna per quello che penso e faccio, mi interessa poco, l’idea di certi personaggi non mi condiziona minimamente. Ne ho sopportate troppe».

Femminicidio significa…

«Il femminicidio è l’uccisione di una donna proprio perché donna, e tu la elimini azionando la tua mentalità di oppressore, come se lei fosse cosa tua. E’ il disprezzo più totale verso la femmina, diventata, creduta, oggetto e soprattutto una tua proprietà». 

Un libro duro, scritto con l’obiettività di chi ha vissuto momenti di vita che appartengono alla versione non riveduta e scorretta di un medioevo che è ancora dietro l’angolo.

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