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JESI Pandemia e cultura, Lucia Chiatti: «Creatività la nostra guida»

La direttrice generale della Fondazione Pergolesi Spontini racconta l’impegno e la tenacia di un settore profondamente colpito dall’emergenza sanitaria

JESI, 25 gennaio 2021 – Il mondo della cultura è uno dei più colpiti dall’emergenza sanitaria: tante le difficoltà per un indotto enorme che, nonostante tutto, sta giocandosi la sua carta più importante, la creatività.

lavoratori spettacolo teatro tecnici

Lucia Chiatti, direttrice generale della Fondazione Pergolesi Spontini racconta il recente passato, il presente e il futuro di questa realtà. Quali sono le attività che sta svolgendo la Fondazione in questo momento?

Nel periodo di lockdown i teatri sono stati i primi a chiudere, alla fine di febbraio 2020, e gli ultimi a riaprire, a metà giugno. Pochi mesi di riapertura al pubblico, il tempo di realizzare un Festival Pergolesi Spontini che ha avuto grande successo di pubblico, e inaugurare la Stagione Lirica autunnale, e abbiamo dovuto chiudere ancora una volta le porte agli spettatori. Non siamo mai stati fermi, abbiamo adattato la nostra attività al particolare momento che stiamo vivendo e non abbiamo mai smesso di progettare e produrre. Progettare, pianificare, lavorare dietro le quinte sono attività fondamentali di un teatro, anche se poco note al grande pubblico. Fare spettacolo dal vivo e gestire un teatro non è solo aprire e chiudere il sipario a uso e consumo degli spettatori ma è, soprattutto, un lavoro complesso che richiede professionalità e competenze tecniche e artistiche molto articolate, e di cui il pubblico beneficia nel momento in cui quel sipario sarà aperto. Il Teatro Pergolesi è la casa dei cittadini, ma anche la casa degli artisti e delle tante maestranze che lo rendono vivo e possibile. Parlo delle attività di formazione da noi promosse e organizzate, come nel caso del progetto Banco di Scena per i ragazzi del Liceo Artistico Mannucci a Jesi e Ancona, dei laboratori teatrali “Opera H” con gli utenti dei servizi socio sanitari della città, dei seminari con le Accademie di Belle arti di Macerata e di Bologna su “Serva Padrona” di Pergolesi”.

Abbiamo approfittato di questo tempo anche per svolgere  internamente attività di formazione in materia di archiviazione, sicurezza, privacy e management culturale. Ci sono state e ci saranno collaborazioni importanti, come nel caso del nostro contributo al Festival Scenaria. Non dimentichiamo, inoltre, che i laboratori del nostro teatro – quello scenografico e quello della sartoria teatrale – sono sempre stati aperti e attivi, e hanno lavorato non solo a supporto delle nostre attività di produzione, ma anche per terzi. Per mantenere un rapporto con il pubblico nei periodi di chiusura abbiamo messo in streaming le opere di Pergolesi e di Spontini, e recentemente abbiamo trasmesso, tramite il sito, alcuni spettacoli del Festival Pergolesi Spontini 2020. Abbiamo anche elaborato un nuovo progetto, al quale stiamo ancora lavorando, quello di un prodotto nuovo tra lirica e cinema: un progetto ideato dal nostro direttore artistico Cristian Carrara. A breve sveleremo i dettagli…

Cristian Carrara e Lucia Chiatti
Cristian Carrara e Lucia Chiatti

Sicuramente un momento difficile, questo, per il settore che però ha messo a frutto tutta la sua creatività. Quali sono, se ci sono, i “lati positivi” di questa situazione? Cosa cioè ha insegnato la pandemia al settore della cultura?

La creatività è il faro che ci guida da sempre, ma che è indispensabile soprattutto in questo momento di difficoltà. Senza di essa non avremmo potuto mettere in scena spettacoli e concerti nel Festival e nella Stagione Lirica in linea con le rigide normative anti-covid in vigore: per questi eventi la scelta che abbiamo fatto è stata quella di mettere in scena non opere in formato ridotto o sacrificato, ma vere opere della nostra tradizione musicale concepite fin dall’inizio per pochi interpreti, o progetti del tutto innovativi con prime esecuzioni assolute. L’innovazione è molto forte anche nel progetto tra lirica e cinema che stiamo realizzando insieme a Subwaylab e di cui ho accennato prima. Abbiamo vissuto un rovesciamento della teoria del Marketing Strategico, che dalla individuazione del prodotto e del target da raggiungere, crea il messaggio e quindi lo strumento per veicolarlo: abbiamo dovuto costruire il contenuto culturale e il marketing a partire dallo strumento media (quasi unico) attualmente a disposizione per veicolarlo: lo streaming.

Abbiamo scoperto, e questo direi che è un primo lato positivo, che passare per lo streaming ci dava l’opportunità da un lato di poter raggiungere un pubblico giovane e quindi ampliare il nostro raggio di azione, dall’altro, e conseguentemente, che era opportuno modificare il prodotto, alleggerire la proposta artistica senza sminuirla, ma adottando codici differenti dai tradizionali e propri dello streaming. Fra gli altri elementi se vogliamo positivi, in un momento così critico, la pandemia ci sta insegnando a usare meglio, anche se, ahimè, di più, i mezzi digitali, anche con lo smart working, le conferenze on line, con le piattaforme per trasmettere contenuti teatrali a pubblici che altrimenti non saremmo riusciti a raggiungere. Certo, internet non potrà mai sostituire la magia dell’evento teatrale vissuto dal vivo, fatto di fisicità, di emozioni a pelle, di empatia e dialogo tra palcoscenico e spettatori, ma può aiutarci a far conoscere meglio il nostro settore. Abbiamo riscoperto il valore della cultura e, in questo contesto in cui possiamo soddisfare quasi esclusivamente i bisogni definiti essenziali, stiamo prendendo consapevolezza sempre di più che la cultura è necessaria, perché eleva e connota l’uomo. Abbiamo anche riscoperto il valore della persona, come del resto accade in genere in contesti di criticità.

In particolare si è riflettuto su chi lavora nel mondo dello spettacolo: personale spesso ingaggiato a termine o con contratto di lavoro autonomo o intermittente. Quali sono i diritti che a tale categoria spettano? Quali tutele vanno inserite? Il lavoro dello spettacolo è un lavoro intermittente per natura ed è proprio la natura stessa del lavoro a intermittenza da proteggere, perché altrimenti diventa precariato. Un lavoratore a intermittenza, un compositore, un musicista, non sta senza far nulla tra due concerti, ma si prepara, studia, scrive, compone, si esercita. Da qui nascono alcune misure fra cui la maternità, quella che viene definita indennità da discontinuità nel disegno di legge per lo “Statuto sociale dei lavori nel settore creativo, dello spettacolo e delle arti performativein questi giorni depositato in Senato e Camera (dal senatore del Pd Francesco Verducci, vicepresidente della Commissione Cultura a Palazzo Madama, e il deputato dem Matteo Orfini), con l’obiettivo di rinnovare un quadro normativo ormai molto datato (risale al 1947, salvo qualche modifica, peggiorativa, del 1997).

Quali sono state le conseguenze per quelle professioni come attori, musicisti, tecnici?

Ci sono i ristori dello Stato ma la voglia, immagino, sia quella di ripartire. Le conseguenze sono state e sono molto pesanti, le maestranze tecniche, artistiche e anche il personale di sala sono lavoratori a chiamata e da molti mesi sono fermi. Non tutti sono riusciti ad avere accesso alle misure di sostegno al reddito come i ristori e la cassa integrazione. Questo perché il sistema tutela chi ha un contratto in essere e non può lavorare perché lo spettacolo è stato sospeso. Da parte nostra, cerchiamo di creare occasioni di lavoro anche senza andare in scena, ma non è la stessa cosa che realizzare una stagione lirica dal vivo con centinaia di lavoratori… E’ molto triste… La sofferenza più grande è però non avere un orizzonte certo, nessuno sa quando i teatri e i luoghi della cultura potranno riaprire, proprio per questo la Fondazione ha deciso di fare proprio l’appello del presidente Fontana dell’Agis che chiede al Governo una strategia per la ripartenza del nostro settore: che è sì creativo ma la nostra attività non si improvvisa, va programmata e costruita nel rispetto delle diverse fasi di realizzazione del prodotto finito.

L’attività teatrale è sì erogazione di un servizio, ma il settore teatrale appartiene all’industria creativa, è attività produttiva. Se è vero che lo Stato ed il Ministero ci hanno sostenuto in questo frangente, il senso di responsabilità legato al compito che ci è stato affidato ci spinge a non stare seduti, a rivendicare la legittimità della nostra anima produttiva e l’urgenza di ripartire. Ci vorrà tempo per tornare ai numeri del passato: il pubblico va riconquistato poiché l’abitudine a venire a teatro si è lentamente persa, gli spettatori vanno accompagnati per mano a tornare in teatro, va riconsolidato il legame/rapporto di fiducia con il consumatore finale del nostro prodotto. Va ricostruita l’intera filiera produttiva, da difendere nella sua autenticità e oggi in parte interrotta o comunque modificata. Vanno ripensati e ricostruiti progetti di coproduzione – che consentono di allestire importanti opere – oggi invece depauperati dallo streaming, così che ciascun teatro partner possa tornare a rappresentare in presenza e presso la propria piazza, il medesimo titolo, mettendo in scena, per ogni recita, uno spettacolo unico.

La speranza per il futuro è una: ripartire. 

Eleonora Dottori

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