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Jesi Piera Aiello, una vita “a muso duro” contro la mafia

Incontro promosso da Fidapa con la testimone di giustizia e parlamentare: «Dobbiamo tenere gli occhi aperti, capire dove è il male. Hanno imparato che non si può rimanere o ritornare ai tempi di Riina ma essere e sembrare, addirittura, una persona di tutto rispetto, insospettabile»

Jesi, 19 giugno 2022 – La vita di Piera Aiello, testimone di giustizia e parlamentare, è un long seller, se oggi leggi uno dei suoi libri, ti accorgi che manca una grande parte della sua vita, quella della rinascita, della politica, del suo girare “a muso duro”, con lo sguardo aperto e senza paura, come diceva e voleva che facesse suo zio”, Paolo Borsellino.  

Così Piera Aiello si è raccontata di fronte a un platea attentissima, tanto che qualche volta si è dubitato – causa il silenzio avvolgente, assoluto, che abbracciava la sala del Palazzo della Signoria – che qualcuno trattenesse addirittura il respiro, in un azzeccatissimo incontro promosso dal past president della Fidapa, Gianfranca Schiavoni e condotto in porto da un gruppo di professioniste, in occasione della Giornata Mondiale della Legalità.

Nessuno degli intervenuti, prima che la Aiello parlasse, ha superato i limiti del tempo a propria disposizione anzi, hanno colmato alcuni vuoti che, come accaduto al sottoscritto, viaggiavano per la mia mente.

L’ottima introduzione di Catiuscia Ceccarelli, presidente Fidapa di Jesi, a seguire le socie, avvocate Antonella Ricci, Francesca Pentericci, il presidente dell’ Associazione “Legalità organizzata” avvocato Roberto Catani, hanno creato l’aspettativa, concretizzatasi nella lunga “chiacchierata” di Gianfranca Schiavoni, anche presidente della Consulta per le Donne e la Pari Opportunità del Comune di Jesi. 

Piera ha la sua biografia stampata nella testa e nel cuore. Nel 1985, diciottenne, fu costretta a sposare Nicola Atria, figlio del mafioso partannese Vito Atria, che fu ucciso nove giorni dopo. Nicola Atria, in seguito, fu ucciso il 24 giugno 1991, in presenza di Piera che decide di denunciare i due assassini del marito e inizia a collaborare con la polizia e la magistratura, unitamente alla cognata Rita Atria, con il giudice Paolo Borsellino, che per loro diventerà “Lo zio Paolo”Ha vissuto con altre identità, fino alle elezioni del 2018.

«Vedete, se si vuole si può scegliere, vivere anche dalla parte opposta della mafia. La mia testimonianza non deve necessariamente concludersi in un’aula di tribunale, non mi interessano condanne o sentenze. Oggi vado “attraverso” le menti dei giovani, promuovo o frequento convegni come questo. Le persone debbono conoscere la mia storia e quella di Rita Atria, che non c’è più, che si è suicidata dopo la morte di Palo Borsellino».

 
«Per lei il magistrato era come un padre e, essendo nata in una famiglia mafiosa, ha avuto la forza di dire no a un sistema e fare un percorso diverso anche se poi, purtroppo, è finito male. Dopo la morte di Borsellino non è riuscita ad andare avanti, a superare la pressione e si è suicidata. Da più di trent’anni porto avanti la sua testimonianza, lei cammina ancora con le mie gambe, così come Borsellino, Falcone, quanti hanno dato la vita per amore di verità e giustizia».

Come vede, dopo gli incontri che costantemente affronta con i giovani di oggi, la coscienza dei ragazzi del secondo decennio degli anni 2000?

«I giovani oggi sono molto più in gamba. Hanno altri modi, per esempio, di formarsi. Una volta a scuola si parlava di tutto, magari si parlava anche tantissimo, ma non di mafia. Oggi sì, oggi i ragazzi si chiedono cosa sia questa criminalità organizzata, comunque tu la chiami. Oggi sono informati, aperti e, soprattutto, liberi di scegliere, affrontando in modo diverso, non succube, questa criminalità, chiamala col nome che vuoi».

E la politica? Mi sembra di aver capito che da lì derivano molte delusioni subite nella sua vita…

«Negli ultimi tre Governi non ho trovato nulla, dico nulla, che mi facesse capire “questi qui stanno dichiarando guerra alla mafia”. Alcune leggi che ho depositato sono state fino a oggi ignorate, emendamenti bocciati, come se volessero affermare tenacemente che la mafia non esiste. Sappiamo, in realtà, che esiste, e che addirittura sono note alcune connivenze con la politica. Diciamolo, abbiamo avuto i risultati elettorali a Palermo, addirittura in una lista hanno visto l’arresto di due persone per scambio di voto…».

Ma come, dottoressa Aiello, dicono tutti che oggi la mafia è diversa, che lavora in modo differente, uccide forse meno, ma…

«Oggi non è più coppola e lupara, adesso la mafia cammina in giacca, pantaloni di vigogna e un pc sotto le ascelle. Molti figli di mafiosi sono professionisti, notai, avvocati, magistrati, la mafia è ovunque. Ecco perché dobbiamo tenere gli occhi aperti, capire dove è il male. Hanno imparato che non si può rimanere o ritornare ai tempi di Riina ma essere e sembrare, addirittura, una persona di tutto rispetto, insospettabile».

Lo sa che assomiglia a un grande personaggio della storia e della politica italiana, Nilde Iotti, e neanche poco?

«(Sorride forte). Me lo dicono in tanti, ha ragione. E se debbo essere sincera, è una donna che ho sempre stimato e amato, un personaggio straordinario che, secondo me, avrebbe potuto benissimo diventare la prima donna Presidente della Repubblica».

Piera Aiello con Giovanni Filosa

Essere inserita dalla rivista Forbes fra le cento donne più influenti al mondo, lei che vive sotto scorta e protezione da almeno tre decenni, cosa sta a significarle?

«Essere l’unica donna italiana a entrare in una classifica così selettiva certo inorgoglisce, accanto a donne di grande levatura morale e sociale. Non me lo sarei mai sognato. All’inizio mi chiedevo “ma io che c’entro in mezzo a tante personalità?”, non me ne facevo una ragione. La Bbc mi ha notata, credo, e si è resa conto che non sono il solito politico che sta zitta e, addirittura, certe cose le dice anche se sarebbe meglio non farlo. Non mando a dire, senza mordermi la lingua. Mi interessa essere onesta con me stessa e poi con gli altri a seguire. In politica non sono mai scesa a compromessi, non lo farò mai. Se questo dovesse significare ritornare a casa, lo farò tranquillamente. Tanto io vado in giro da trent’anni su e giù per l’Italia, ho cambiato identità, codici fiscali, chi mi può impedire, oggi come oggi, anche se non stessi in Parlamento, di girare le scuole come facevo prima?».

 «A me non interessa cambiare i dinosauri che stanno all’interno del Parlamento, mi interessa far pensare i giovani e fargli capire che debbono studiare la politica, non i partiti, ripeto, la politica, perché molti giovani sono disinteressati, qualcuno, se glielo chiedi, non sa neppure cosa rappresenti la figura del Presidente del Consiglio. Io, noi, dobbiamo far innamorare i giovani della politica, e poi saranno loro a scegliere se stare a destra, sinistra, al centro. Il mio obiettivo è far capire loro che la politica si può fare anche con Verità, Giustizia, Legalità». 

Mi scusi, qui accanto a noi c’è la sua scorta. Non è ingombrante?

«Macché, ci sono abituata, ormai, sono come un’altra parte della mia famiglia. C’è pure chi cucina meravigliosamente».

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