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Cronaca

JESI Questa nostra vita nuova una fila dopo l’altra

L’emergenza virus ci costringe all’attesa del nostro turno ovunque si vada, una condizione con la quale facciamo i conti tutti i giorni

JESI, 14 maggio 2020 – È vero quello che dice qualcuno che la vita è breve. Ma probabilmente costui non ha mai fatto una fila.

In questo periodo di Covid-19, seconda fase a destra, quello è il cammino, qualunque cosa tu debba fare ti trovi di fronte gente sconosciuta a prima vista ma conosciuta quando accenna a salutarti cercando di farsi riconoscere abbassando sotto al naso la striscia (ho scritto abbassando la striscia, non sniffando…), e facendo incazzare la vicina di fila che ti guarda con occhio riprovevole come se le avessi trasferito il virus.

Ho girato un po’ per la città, in incognito, avevo la mascherina, realizzata, disegnata per me e firmata da una cara amica. Ad un supermercato c’era la fila tanto lunga che molti si univano e fraternizzavano (a distanza regolamentare) con i clienti in attesa di entrare nel supermercato vicino.

Una striscia a forma di esse, però lunga. Alla Fornace e al Centro Arcobaleno, c’è già chi prenota il posto per non fare la fila ed entrare non appena riapriranno gli esercizi che prevedono nuovi sconti che sembrano regali.

Dal verduraio, in via Mercantini, una fila era talmente calda e ansiosa di entrare e acquistare la frutta che in un batter d’occhio sono maturate albicocche, susine, nespole, pesche, ciliegie che al mercato mio padre comprò.

Ma dove sono gli inglesi, qui da noi, dove? Loro sì che sono grandi in queste cose, sembra siano campioni del mondo delle file da soli. E da noi, causa Covid-19, alle poste centrali vedi un insieme di persone (tutte in verità a debita distanza) formare un formicaio che incomincia, qualche volta, di fronte alla chiesa delle Grazie. Quando ricominceranno le funzioni religiose, per andare alla posta bisognerà prendere prima la santa Messa.

Anche di fronte alle farmacie non si scherza: ovviamente sempre ordinati, si entra e ci si dirige verso il/la farmacista che sembra meno ingrugnito/a del solito. Tanto li conosciamo bene, oggi si va in farmacia più che dal panettiere e sembra che le supposte di nitroglicerina siano un toccasana per quelli che hanno stitichezza cronica.

«Mi dia tre etti di Xanax per l’ansia che non mi fa dormire».
«Guardi, me ne sono venuti tre etti e mezzo, lascio?».
«Quando distribuivano l’ansia, io ero già in fila dalla sera prima per paura di arrivare in ritardo!».
Sembra Ionesco, col suo assurdo, eppure ci siamo abituati a tutto. Anche a essere gentili e carini con chi ti precede o segue nel serpentone.

Una volta sentivi insulti, tipo: «Ma che dobbiamo morire qui? Che fa quel deficiente lì davanti?». «Non si muove niente, altro che un’ora qui, se sapevo avrei preso le ferie!».
O di fronte alla banca, senti dire: «La mia banca apre due sportelli. Ma quando c’è la fila ne apre uno solo».

Oggi, sul serio, stiamo molto più tranquilli, la quarantena ci ha fatto bene, pare, o è soltanto un’impressione. Si ritornerà alla normalità, lentamente, le file saranno più “veraci”, torneremo a invidiare la resistenza del sistema nervoso della gente capace di fare ore di coda per andare al mare, quando sarà l’ora. L’unico bene di consumo che ha purtroppo ricevuto una mazza…ta, è stato il preservativo.

Ma che ci voleva a disegnarli con la mascherina, dico io???

Giovanni Filosa

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