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Cronaca

Jesi Reintegro sanitari no vax: «Ricostruiamo gli antichi equilibri»

Ospedale Carlo Urbani Jesi

Riammessi regolarmente a lavoro dal 1 novembre i sospesi durante la pandemia, al “Carlo Urbani” sarebbero tra i 10 e i 20 i dipendenti che hanno rifiutato l’obbligo ed erano in attesa di reintegro: l’intervista a una delle infermiere no vax

di Tiziana Fenucci

Jesi, 17 novembre 2022Chiedono di lasciarsi alle spalle le polemiche e tornare alla serenità, i sanitari che dal 1° novembre sono stati riammessi regolarmente a lavoro dopo il periodo di sospensione della pandemia, con l’approvazione del decreto legge n.162 del 31 ottobre 2022.

Sarebbero tra i 10 e i 20 dipendenti, gli operatori dell’ospedale “Carlo Urbani“, tra medici, infermieri e Oss, che hanno rifiutato l’obbligo vaccinale anti Covid, in base ai calcoli del gruppo di sanitari sospesi che si sono incontrati nel periodo della pandemia.

Alcuni sono stati reintegrati già da inizio anno, dopo la guarigione dal virus.

Una delle infermiere sospese parla in rappresentanza di tutti i colleghi che come lei hanno fatto la scelta di non vaccinarsi.

Dopo due settimane dal reintegro com’è la situazione a lavoro? E con i colleghi?

«Alcuni di noi sono rientrati già a inizio anno, dopo la guarigione da Covid, altri dopo. Con i colleghi abbiamo ristabilito la complicità di una volta e ci siamo chiariti con quelli che durante la pandemia ci avevano offeso, accusato, o non ci rivolgevano la parola. Molte di quelle polemiche sono state archiviate soprattutto grazie al dialogo, con cui ho cercato sempre di spiegare agli altri la mia posizione, i dubbi che avevo sull’efficacia del vaccino, i dati degli studi trovati in rete che avvaloravano la mia teoria, la volontà di difendere il mio diritto alla libertà di scelta alla somministrazione di un trattamento sanitario, tra l’altro imposto con il ricatto della perdita del lavoro. Molti mi hanno compresa con il confronto diretto, altri, che prima erano a sostegno della vaccinazione, si sono ricreduti sulla sua efficacia, avendo contratto il virus seppure vaccinati, e dovendo constatare sui pazienti l’insorgere di effetti collaterali. In generale in ospedale vedo che le polemiche vengono messe da parte a favore della collaborazione, per tornare a lavorare con serenità alla tutela dei pazienti».

«Purtroppo ci sono ancora figure che tentano di seminare odio e rancore, solo pochi giorni fa è uscita la dichiarazione di Laura Biagiotti, presidente dell’ordine degli infermieri di Pesaro, che al momento del ritiro dell’onorificenza a Cavaliere della repubblica ha dichiarato pubblicamente di dedicare il premio solo agli infermieri vaccinati, che si sono spesi durante la pandemia rispettando la legge».

Cosa vorrebbe dire alle persone che sono ancora pronte alla polemica ?

«Semplicemente che è ora di mettere da parte l’odio e il rancore, noi abbiamo pagato la nostra colpa, se così si può definire la difesa del diritto alla libertà di scelta, abbiamo pagato a livello emotivo, umano, medico ed economico. Adesso vogliamo soltanto tornare a lavorare con serenità. Prima della sospensione non ci siamo mai tirati indietro nell’affrontare l’emergenza. Nel mio caso, come per gli altri miei colleghi, alla prima ondata pandemica mi sono offerta come volontaria per lavorare nel reparto Covid. All’inizio abbiamo lavorato in emergenza e senza gli adeguati dispositivi di sicurezza, abbiamo rinunciato a ferie e congedi, saltato turni di riposo, per sopperire alla carenza di personale che già si lamentava prima della diffusione del Covid e che durante la pandemia ha mostrato tutta la sua criticità. Fino alla sospensione abbiamo lavorato tutti, senza distinzioni tra vaccinati e non».

Qual è stato l’iter della sospensione e come lo avete affrontato?

«Dal 1 aprile 2021 è entrata in vigore la legge che prevedeva l’obbligo di vaccinazione entro 60 giorni dalla ricezione dell’invito da parte dell’azienda sanitaria. Periodo oltre il quale il raffronto tra i dati del centro vaccinale e l’Asur avrebbero generato il semaforo rosso per il dipendente sanitario inadempiente, con il conseguente invio della comunicazione di sospensione. Dal 1 ottobre sono arrivate le prime comunicazioni di sospensione ai non vaccinati, la mia a fine ottobre. Nel frattempo ci siamo riuniti in un piccolo gruppo di  operatori che sostenevano la scelta di non vaccinarsi per capire insieme come tutelare il diritto alla libertà di scelta, abbiamo consultato avvocati, ci siamo scambiati opinioni su studi e dati scientifici che giravano in rete relativi all’inefficacia del vaccino e sugli eventuali effetti collaterali. All’inizio eravamo una decina, quindi il gruppo è aumentato. Poi di nuovo alcuni, che non reggevano la pressione psicologica delle accuse nell’ambiente di lavoro e non potevano permettersi di non percepire lo stipendio, si sono arresi alla somministrazione vaccinale, altri sono andati avanti affrontando la sospensione dello stipendio e del versamento dei contribuiti, oltre al blocco di tutti i benefit previsti dal contratto. Siamo stati una minoranza silenziosa a cui nei mesi si sono però aggiunti altri sanitari: quelli che dopo il vaccino ne avevano riscontrato l’inefficacia e quelli che, pur restando favorevoli alla vaccinazione, volevano sostenerci nella tutela del diritto alla libertà di scelta e opporsi al ricatto della perdita del lavoro. Abbiamo inviato richieste di chiarimento all’Asur, alla Regione Marche, al centro vaccinale per essere tranquillizzati in merito ai nostri dubbi sulla validità del vaccino e sugli effetti collaterali. Ma mai nessuno di questi soggetti ci ha dato risposta se non per comunicarci la sospensione».

Su che base parla di effetti collaterali da vaccino, ci sono studi approvati dai medici?

«Ad oggi esistono numerosi studi nazionali e internazionali che mettono in discussione la versione pandemica e la pratica vaccinale. Quanto agli effetti collaterali, ci sono testimonianze dei colleghi sanitari che lavorano nelle unità operative e hanno riscontrato l‘incremento di patologie dermatologiche, miocarditi, patologie neoplastiche, l’aumento di malattie tumorali e autoimmuni. Se ne parla, ma ad oggi non sembra ci sia l’intenzione di andare sino in fondo per capire se c’è correlazione con i vaccini. In ogni caso, tutto questo dovrebbe essere confermato o smentito producendo dati ufficiali. Se veramente tutto è partito con l’intento del bene comune è giusto che prosegua con il fine ultimo del bene dell’utenza. I dubbi che abbiamo posto andavano nella direzione della precauzione nella tutela dei pazienti».

E adesso che la tempesta sembra passata, cosa farete?

«Torniamo a esercitare con orgoglio la nostra professione. In reparto si stanno ristabilendo gli antichi e bellissimi equilibri. E’ il momento di togliere dagli zaini ciò che è scaduto e mettere ciò che c’è di nuovo, in termini di conoscenze, di esperienze e di crescita personale. Siamo in un costante e interminabile mutamento».

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