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JESI Spostamento fontana, può un privato cittadino imporre la propria volontà?

Proponiamo la lettera aperta di Filippo Romagnoli in merito alla traslazione della fontana con leoni e obelisco dall’attuale sede di Piazza Federico II a quella di Piazza della Repubblica da dove proviene e da dove era stata a sua volta spostata nel 1949.

Oggi il Consiglio comunale sarà chiamato a esprimersi sulla proposta di referendum volta a fare in modo che siano i cittadini a decidere.

 

Gentile redazione,

vivo da qualche anno in un’altra cittadina delle Marche ma seguo con attenzione le vicende politiche e sociali che attraversano la mia città natale, Jesi. 

La questione del lascito Morosetti e la ferma volontà dell’Amministrazione di perseguire le volontà post-mortem del fumettista non possono lasciarmi indifferente.

Quello che più mi colpisce di questa storia è la narrazione quasi a senso unico che c’è nei media locali e la celerità con la quale si sta cercando di inculcare nei cittadini la giustezza di un’operazione che – quantomeno – meriterebbe una discussione e un confronto a più voci.

Se la fretta è sempre cattiva consigliera, come recita il vecchio adagio, lo è ancora di più nel caso in questione: come si può pensare di andare a modificare completamente l’assetto che le due piazze principali della città hanno avuto negli ultimi settantuno anni, per assecondare le volontà nostalgiche di un privato cittadino (benemerito, per carità) che conservava il ricordo di una Jesi littoria e in orbace?

È davvero sorprendente, nel pieno di una crisi sanitaria dal pesantissimo impatto economico e sociale, la pervicace ostinazione con la quale il Primo Cittadino vuole portare a termine questa operazione entro i termini imposti dal lascito testamentario. Due milioni per completare la traslazione della fontana entro il 22 luglio del prossimo anno. È un tempo stretto, strettissimo.

Piazza Federico II

Il rischio di vedere un nuovo scempio per Piazza Federico II (oggi c’è chi propone già una scacchiera medievale interattiva) è molto alto come pure quello di ritrovare solo in vecchie foto la bellissima e scenografica prospettiva del Teatro Pergolesi.

Ma al di là di aspetti meramente estetici e architettonici, il nucleo centrale dell’intera vicenda muove attorno a una questione più stringente con cui forse dovremo fare i conti sempre di più in futuro: può un privato cittadino imporre a tutta la comunità il proprio ricordo, la propria memoria?

Le statue, i monumenti, le piazze, come sosterrebbe un qualunque urbanista (che infatti il Comune si è guardato bene dall’interpellare) non sono orpelli o semplici elementi di decoro ma spazi vissuti nel quotidiano, luoghi d’incontro, punti di orientamento che si sedimentano nell’immaginario collettivo.

Ed è proprio questo il punto: la vicenda Morosetti ci dovrebbe interrogare sulla necessità di ripensare a una città plurale, in cui valori e idee diverse possano convivere e coesistere, attraverso confronti e dibattiti pubblici.

La ferma volontà di utilizzare i soldi del testamento diktat per smembrare due piazze crea indubbiamente un precedente importante per la storia di Jesi (e non solo): con essa si afferma la possibilità del privato cittadino di imporre la propria idea di spazio urbano a tutta la comunità.

Piazza della Repubblica

Se ricollocare la fontana con i leoni e l’obelisco in Piazza della Repubblica significa recuperare un pezzo di memoria (e anche qui: la memoria di chi?) è altrettanto vero che se ne cancella una parte importante. 

La storia ci insegna che le operazioni di spostamento/rimozione di statue, monumenti ecc. hanno sempre avuto un valore fortemente simbolico e politico.

E allora, in questa vicenda il cui destino sembra già scritto, c’è da augurarsi che nei miei concittadini non scompaia il ricordo degli ultimi settant’anni di vita democratica e civile della città, e che la voce di quanti ancora credono in una memoria collettiva e plurale, torni a farsi sentire.

Filippo Romagnoli              

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