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Jesi Valentina Vezzali: «Sempre pronta a combattere»

La regina del fioretto si racconta: «Ho dedicato la mia vita alla scherma, dai sei anni fino all’ultimo giorno e non ho avuto un contatto vero e completo con la mia città: forse questo mi ha mostrata come non sono»

Jesi, 19 ottobre 2022C’è un libro, uscito un paio di mesi fa, che merita di essere presentato anche qui “da noi”, perché il personaggio intorno al quale gira la storia raccontata con meticolosità e frequentazione dell’argomento, è Valentina Vezzali, da alcuni definita “macchina da guerra”, da altri “cobra”, da altri ancora “mangusta”, un personaggio per molti versi leggendario, che detiene il record di atleta italiana che ha ottenuto, in assoluto, più medaglie internazionali nella stessa specialità.

Il libro “La regina del fioretto, vita, assalti e vittorie di Valentina Vezzali”, di Paolo Marabini, non è una biografia con freddi dati statistici, macché, l’autore non presenta al pubblico un insieme di numeri, pur se approfonditi dalla sua grande meticolosità e frequentazione. Gli propone un “romanzo” fatto per capitoli, finestre aperte sul mondo della Vezzali che percorre, con la profondità professionale e l’ironia dello scrittore e giornalista di razza, la vita della donna e atleta Valentina.

Paolo Marabini, bergamasco, lavora dal 1995 alla Gazzetta dello Sport. E’ il capo servizio della redazione sport olimpici. Quindi, un assiduo frequentatore del settore. Il libro è gradevolissimo e fornisce un ritratto completo, per alcuni talvolta poco conosciuto, di Valentina, della sua vita scandita da quei passi e affondi, all’insegna della sua passione, dello sport, che le ha permesso di diventare la donna di oggi e non solo in campo agonistico.

Per parlare insieme del libro e di altre cose, ci siamo visti, con Valentina, toccando alcuni argomenti che talvolta sono il sale di scambi di vedute spesso divergenti.

«Oltre agli appellativi che tu hai citato – dice Valentina Vezzali – Marabini ricorda pure quello che maggiormente amo, “Vale Oro”, e lo amo non solo perché è la mia abbreviazione ma anche perché significa che valgo. Dopo la conclusione della carriera nel 2016, ho avuto opportunità, come sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio nel Governo Draghi con delega allo sport, di poter incidere sul mio mondo, cercando di migliorarlo. Lo sport mi ha dato tanto e il mio impegno è stato provare a far uscire l’Italia dal pantano del quintultimo posto per numero di praticanti rispetto all’Europa».

L’autore ci presenta una Valentina minuta, circa sei anni, che un giorno accompagna sua sorella Nathalie, al palazzetto della scherma. Il maestro Ezio Triccoli che la prese per mano e disse alla madre Enrica e poi a papà Lauro: «Mi lascia questa bambina, per favore?».

Da lì la scherma fu la sua vita.

Valentina Vezzali, Giovanni Filosa

«Ho avuto la fortuna di aver incontrato il più grande maestro di tutti i tempi, Ezio Triccoli, dipende solo da lui se il Club scherma Jesi è diventato uno dei club più medagliati al mondo. Certe figure sono fondamentali nella storia dello sport. Ci sono alcuni punti fermi nel mio modo di vedere svolgersi e crescere l’educazione di base per la nostra quotidianità. La prima agenzia educativa è la famiglia, due genitori illuminati che mi hanno fatto frequentare uno sport in un ambiente sano, coi valori che mi hanno trasmesso. Poi c’è l’agenzia scuola, che deve far capire a fondo quanto sia importante il rapporto fra educazione scolastica e sportiva, per socializzare e imparare una disciplina sportiva. E infine lo Stato che deve promuovere lo sport di base». 

Un bellissimo capitolo è dedicato alle Olimpiadi di Londra, ci racconti qualcosa? 

«Già, Londra 2012, prima la sfilata come portabandiera, poi le gare e la mia rimonta cui non credeva nessuno, infine il bronzo. Triccoli diceva sempre che se ci fossimo trovati in una stanza chiusa con una finestrella, quella finestrella rappresentava la speranza, perché fino a quando non si piazza la stoccata finale non hai perso».

Il secondo è il primo degli sconfitti: questa sono io.

«Non ho mai nascosto che stavo male e piangevo a dirotto. Il maestro Giulio Tomassini mi disse che piangere è buttar fuori tutto quello che hai dentro, tutte le sensazioni negative, tanto da non vedere l’ora di incontrare di nuovo chi mi aveva battuto fino a sconfiggerlo! Le criticità vanno affrontate senza mezzi termini, anche oggi, lontana dalle pedane, sono una battagliera, essere stata sottosegretario allo sport è stato un compito molto difficile, con un Governo che finalmente si è interessato allo sport nella scuola, all’impiantistica sportiva. Ok, alle elezioni ho perso, ottenendo credo un buon risultato, non ho vinto ma si può sempre migliorare. Non è finita qui, c’è sempre una seconda opportunità, questo mi ha insegnato lo sport. Essere sempre in pedana».

Perché qualche volta parli di “diffidenza” nei tuoi confronti da parte dei tuoi concittadini…

«Ho dedicato la mia vita alla scherma, dai sei anni fino all’ultimo giorno. Ho vissuto dentro al palazzetto ad allenarmi, al campo di atletica o alla palestra pesi. Non ho frequentato mai bar con gli amici, mi sono sempre preparata con l’obiettivo di vincere. Forse non ho avuto un contatto vero e completo con la mia città, la gente forse mi ha visto come una ragazza che frequentava una realtà al di fuori di quella offerta dalla città stessa. Questa sorta di distacco forse mi ha mostrata non come sono. Per raggiungere i risultati che io volevo per me e per il mio club e per la nazionale ho vissuto pochissimo la socialità di Jesi, sempre in giro per il mondo, aeroporti e palazzetti, una vita con tanti sacrifici, fortunatamente con mia madre al mio fianco. Poi è nato Pietro, che sta studiando e che frequenta il mondo sportivo da sempre»

Qual è il tuo lato migliore, come ti definiresti?

«Credo nei valori che mi sono stati trasmessi, sono una donna che si impegna con dedizione, sacrificio e tutta la sua forza per arrivare agli obiettivi. Sono determinata, ecco, ma anche fragile e dalla fragilità viene fuori la mia forza. Non sottovaluto mai niente. Poi sono dolce e sensibile, una che si emoziona davanti a un tramonto o a un bel film».

Sei a casa, non c’è nessuno, all’improvviso vedi le fiamme: cosa salveresti per prima cosa?

«Se li avessi, ma ho messo tutti i miei fioretti all’asta per beneficienza, salverei un fioretto, che diventerebbe l’arma con la quale potrei rivalermi contro chi mi ha dato fuoco alla casa. Ecco, vedi, la fragilità anche qui è la mia forza. Non mi butto giù, sono di nuovo pronta a combattere!!»

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