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Cronaca

LA CITTÀ Lavori in corso, c’era una volta Jesi…

Un nuovo lifting, dopo una settantina d’anni: ha cominciato Federico II a venir via da dietro il Montirozzo e da lì a cascata

JESI, 18 aprile 2021 – Mollo la macchina al parcheggio Mercantini, salgo a piedi, poi scala mobile e mi affaccio in piazza del Duomo.

Un angolo di Jesi che ho frequentato sin da bambino, uno dei più belli delle Marche. C’era anche la mia scuola elementare. Mi muovo fra le transenne, la visuale della mia piazza dell’infanzia, quella che mi era restata dentro, è “turbata”.

jesi lavori in piazzale Duomo
Piazza del Duomo o Federico II

Che cosa stanno facendo al “piro”, alla fontana? I leoni dove finiranno, al circo Togni? Ma poi penso al trasloco in atto e bla bla bla, per cui saluto alcuni anziani (più di me, altri meno), che con la borsa della spesa e un cagnolino che piscia dovunque, controllano a modo loro che i lavori rispettino i vari capitolati e i progetti.

Fate bene ad uscire, ragazzi, attenti che non vi facciano pagare la tassa di soggiorno. In via Pergolesi mi volto indietro e la prospettiva verso la Cattedrale non è più la stessa.

Tabula rasa. Passo per piazza della Signoria e per piazza Spontini attraversando il budello del Chiostro Sant’Agostino, dove sono nato io, da sempre bisognoso di un paio di mani di bianco ma lì non c’è nessun cantiere, mai fregato a nessun governo cittadino, e mi affaccio in piazza della Repubblica. O piazza del teatro, insomma dov’è il Pergolesi.

La vista mi fornisce, indovina?, un altro cantiere, si lavora in mezzo alla piazza, manca qualcosa al centro, già, il leone rampante sul quale abbiamo corso e che ci dava un senso di appartenenza, ma non mancano i soliti pensionati, borsa della spesa e accessori vari.

Piazza della Repubblica

Cani inclusi. Fra pochi giorni, quando riapriranno tutti gli esercizi, immagino turisti con macchina fotografica che cliccheranno sulla Jesi del futuro. Una volta, mi hanno detto, lì c’erano addirittura le corriere (per i giovanissimi: i bus). Mi immetto lungo Corso Matteotti, l’aria è limpida ma non riesco a vedere bene fino all’ex bar di Ciro: perché?

jesi lavori in corso
Corso Matteotti

Anche qui transenne, lavori in… Corso, non ci si saluta più da un marciapiede all’altro, e proseguo fino alle Grazie, sorrido al buon Pergolesi e la piazza, bellissima, su cui incombe un palazzo che c’azzecca come una peperonata col sushi, e vado di buona lena verso il Liceo Classico, dopo aver salutato i pensionati, coi cagnoli che hanno marcato il territorio e accessori vari. 

Piazza Pergolesi

Che bei “giovanotti”, mi dico, tutti fuori, per fortuna mascherati. Arrivo all’Arco Clementino, investo a piedi la stupenda pista ciclabile che pare sia stata disegnata da un genio che seguiva il programma “Il pericolo è il mio mestiere”, ascolto i discorsi di qualche ben informato: “Quest’Arco lo sposteranno l’anno prossimo, dicono.

Lo porteranno in fondo a via Roma, no, dice un altro, lo mettono di fronte al bar di Ciro (io lo chiamo sempre così), per delimitare il vero centro storico. E via dicendo, sognando cantieri nuovi. Giro in via Vittorio Veneto, e mi dirigo – cercando un altro Egitto (cit.) – verso viale Cavallotti, giro a destra e, toh, un altro cantiere.

Ma come, ancora un cantiere?! Ma si, non leggi il giornale? Buttano giù l’ospedale vecchio, ma non quello per il Corso, davanti a Martellini, che è storico, questo invece era… isterico del suo già quando è nato, fatto a tocchi e spicchi che combaciavano come con un Lego.

ospedale vecchio jesi lavori
Demolizione vecchio ospedale di Viale della Vittoria

Ritorno con la mente agli anni Sessanta, alla vegetazione che lussureggiava dietro quelle transenne alte e incombenti di oggi, stile muro alla Trump, dove si andava, fra le fresche frasche, a coricarsi con le prime ragazze per un romantico pomicio, così non ci allontanavamo manco molto dal centro ed eravamo lontani da occhi indiscreti.

Anche lì trovo i soliti anziani (dappertutto, ma quanti siete?), medesima attrezzatura, cani leggermente più tristi. “Sembra Sarajevo”, con questo pensiero ha postato una foto il mio caro amico Franco Duranti, scattata di fronte al corpo centrale sbudellato, che sembra crivellato dai colpi di mitragliatrice.

Allora mi viene in mente che noi, Onafifetti, scrivemmo sull’ospedale un bel pezzo (nostro modesto punto di vista…) nel 2002, intitolato “Primavera a Sarajesi”, come ha ricordato anche il buon Piergiorgio Memè, proprio perché era, come adesso, primavera (ma non di bellezza) e poi nel 2006 Primavera al nosocomio”, sulla stessa musica di Enrico Ruggeri, “La balalaika”.

La Sarajevo di allora ci spediva le stesse foto che, senza guerra, ci mostra l’ospedale che se ne sta andando. Jesi è cambiata, in tre anni ci saranno traslochi, abbattimenti, se porti un turista è meglio che non faccia foto, i tabaccai hanno già in dotazione cartoline che essi possono acquistare, con su scritto “Jesi, lavori in corso Matteotti, oppure in piazza della Repubblica” e via dicendo. A imperitura memoria.

Il Museo Federico II Stupor Mundi con la statua dell’imperatore

È vero, ha cominciato Federico II a venir via da dietro il Montirozzo e da lì a cascata. Jesi sta facendosi un nuovo lifting, dopo una settantina d’anni. E capirai, io pensavo che stessero preparando le stazioni per la nuova metropolitana! Aspettiamo l’abbattimento della pista ciclabile, un orrore per gli occhi e per la viabilità. Chissà se ci saranno, per quella volta, gli stessi anziani con busta di plastica e cane d’ordinanza. Li ringrazio, per aver fatto da comparse in questa carrellata a piedi per la mia città. C’era una volta Jesi…

Giovanni Filosa

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